Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-11-2010) 27-01-2011, n. 2982

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Milano, giudicava:

S.C. imputato:

a) – del reato di cui all’art. 337 c.p., perchè, al fine di opporsi agli agenti di Polizia locale, mentre redigevano a suo carico un verbale relativo alla violazione delle norme sulla circolazione stradale, minacciava verbalmente di colpire l’agente M. con i pugni e con il casco ed alzava ripetutamente il pugno in direzione del viso del predetto; in (OMISSIS);

al termine del giudizio il medesimo veniva condannato alla pena indicata in sentenza;

Tale decisione veniva confermata dalla Corte di appello di Milano con sentenza del 02.05.06 che, però, veniva annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione per travisamento dei fatti;

La Corte di Appello di Milano, decideva nuovamente sull’appello in sede di rinvio e, con sentenza del 02.07.2009, confermava la decisione impugnata;

Ricorre nuovamente per Cassazione l’imputato a mezzo del Difensore, deducendo:

MOTIVI:

ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e).

1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge avendo ritenuto la sussistenza del reato ex art. 337 c.p. omettendo, però, di considerare che la condotta minacciosa dell’imputato era intervenuta dopo la redazione del verbale, sicchè il reato contestato non era sussistente;

2) – la sentenza era illogica anche per avere ricostruito i fatti solo sulla scorta delle dichiarazioni degli agenti verbalizzanti, ritenendo apodotticamente inattendibile il teste a discarico, C.C., sentita in dibattimento.
Motivi della decisione

I motivi proposti risultano totalmente infondati.

Invero il ricorrente propone interpretazioni alternative delle prove già analizzate in maniera conforme dai giudici di primo e di secondo grado, richiamando una diversa valutazione dei fatti e delle dichiarazioni dei testi, che risultano vagliate dalla Corte di appello, con una sequenza motivazionale ampia, analitica e coerente con i principi della logica, sicchè non risulta possibile in questa sede procedere ad una rivalutazione di tali elementi probatori senza scadere nel terzo grado di giudizio di merito.

In tema di sindacato del vizio della motivazione, il giudice di legittimità non è chiamato a sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, essendo piuttosto suo compito stabilire – nell’ambito di un controllo da condurre direttamente sul testo del provvedimento impugnato – se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.

Cassazione penale, sez. 4, 29 gennaio 2007, n. 12255.

La sentenza impugnata ha motivato adeguatamente sulle questioni dedotte dal ricorrente osservando che dalle dichiarazioni dei verbalizzanti era emerso in maniera chiara che, una volta che gli agenti avevano contestato all’imputato l’infrazione compiuta, il medesimo aveva "cominciato a dare in escandescenze, pronunciando frasi oltraggiose e tenendo i comportamenti di cui all’imputazione" (pag. 2 motivaz. app.).

La Corte territoriale descrive in tal modo l’elemento oggettivo del reato contestato e, quindi, analizza tale condotta anche sotto il profilo dell’elemento intenzionale osservando che la finalità dello S. era "diretta ad ottenere che gli agenti, spinti dalla paura e mossi dal desiderio di evitare danni, abbandonassero il proposito di prendere i provvedimenti relativi ai punti o al ritiro della patente" (pag.2).

La Corte territoriale ha indicato con precisione gli elementi oggettivi e soggettivi del reato contestato, evidenziando anche come la condotta minacciosa dell’imputato abbia avuto inizio immediatamente dopo la contestazione dell’infrazione da parte degli agenti ed abbia preceduto la redazione del verbale;

sul punto la sentenza impugnata osserva che per tali motivi, "non è rilevante accertare se il verbale è stato lacerato quando era stato compilato e consegnato" dal momento che la condotta contestata è stata posta in essere in un momento antecedente "proprio per impedire la compilazione del verbale".

Il ricorrente contesta tale ricostruzione dei fatti, proponendo una propria ricostruzione dei fatti che, però, non risulta ammissibile in questa sede, ove la Corte di Cassazione non può fornire una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione di merito, nè può stabilire se questa propone la migliore ricostruzione delle vicende che hanno originato il giudizio, ma deve limitarsi a verificare se la giustificazione della scelta adottata in dispositivo sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento. Cassazione penale, sez. 4, 16 gennaio 2006. n. 11395.

Parimenti infondato risulta il motivo con il quale si deduce il vizio di omessa motivazione sulle ragioni per le quali la Corte di appello non avrebbe dato credito alle dichiarazioni della teste a discarico Clementina Celio, atteso che al contrario, nella motivazione si enunciano le ragioni di inattendibilità della medesima osservandosi, per un verso, che le dichiarazioni rese dalla medesima risultano in contrasto con le dichiarazioni dei verbalizzanti e, per altro verso, che questi ultimi, oltre che privi di motivazioni per "accusare ingiustamente l’imputato", sono pienamente attendibili perchè riscontrati dal dato oggettivo che essi ebbero a chiedere rinforzi per far fronte all’aggressione minacciata dal Sa.;

al riguardo, la Corte di appello osserva, con un ragionamento motivazionale niente affatto illogico, che la richiesta di rinforzi non sarebbe stata formulata ove il comportamento dell’imputato non fosse stato connotato da forte aggressività.

Invero l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi" senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Mentre, con riferimento al sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito in ordine alla affidabilità delle fonti di prova, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione e se abbiano correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre. Cassazione penale, sez. 4, 12 giugno 2008, n. 35318.

I motivi di ricorso articolati collidono con il precetto dell’art. 606 c.p.p., lett. e) in quanto trascurano di prendere in considerazione aspetti sostanziali e decisivi della motivazione del provvedimento impugnato, proponendo soluzioni e valutazioni alternative, sicchè sono da ritenersi inammissibili.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità- al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1000,00, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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