Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-11-2010) 27-01-2011, n. 2978

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bolzano, giudicava:

A.G.:

unitamente a:

Ar.Ma.;

perchè imputati, entrambi:

a) del reato di furto aggravato di autovettura;

b) del reato di rapina aggravata – dal numero delle persone aventi il volto travisato e – dall’uso dell’arma, commessa in danno degli impiegati della filiale di (OMISSIS) della Cassa di Risparmio;

fatti del (OMISSIS);

il solo Ar., imputato anche di altro furto ed altra rapina;

con l’aggravante della recidiva reiterata specifica infraquinquennale per Ar. e con la recidiva reiterata specifica per A.;

– al termine del giudizio ritenuta la continuazione e l’aumento per recidiva, venivano condannati: l’ A., alla pena di a m. 6 mesi 4 di reclusione ed Euro 1.600 di multa e l’ Ar., alla pena di anni 7 mesi 4 di reclusione ed Euro 2.000 di multa;

Gli imputati proponevano gravame e la Corte di Appello di Trento, sez. distaccata di Bolzano, con sentenza del 08.10.2008, dichiarava l’inammissibilità dell’impugnazione proposta da Ar.Ma. ed, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, riduceva la pena inflitta ad A.G. in quella di anni 5 e mesi 4 di reclusione ed Euro 1.400 di multa, confermando nel resto;

Ricorre per Cassazione il solo imputato A.G., deducendo:

MOTIVI:

ex art. 606 c.p.p., comma 1. lett. b) ed e).

1)- Il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione di legge ed illogicità della motivazione per avere respinto l’istanza volta ad ottenere la continuazione tra il reato di rapina oggetto del presente giudizio ed altra rapina per la quale l’ A. era stato condannato dal Gup presso il Tribunale di Rieti, con sentenza del 18.10.07 n. 164/07;

– al riguardo, la decisione era illogica per avere omesso di considerare che il vincolo della continuazione tra i due reati era evidenziato dallo stato di tossicodipendenza dell’ A., risultante dalla certificazione allegata in atti;

inoltre i fatti erano avventi in arco di tempo prossimo tra loro e riguardavano lo stesso tipo di reato;

– inoltre, la Corte di appello aveva omesso di motivare riguardo allo stato di difficoltà economica in cui l’imputato versava e che era la causa unitaria dei reati commessi;

2)- la sentenza era illogica anche per avere negato le attenuanti generiche che, invece, andavano concesse in virtù della penosa condizione di tossicodipendente dell’imputato;

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

Il primo motivo è infondato in quanto sostiene una tesi non accolta dalla giurisprudenza.

Invero la Giurisprudenza di legittimità ha espresso il principio per il quale l’applicazione della continuazione, a norma dell’art. 671 c.p.p., comma 1, (nel testo modificato dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49) riguarda solo la motivazione del provvedimento adottato dal giudice;

mentre nulla è mutato quanto all’assetto dell’istituto.

Ne consegue che, per l’applicazione del reato continuato, non possono valere, da soli, lo stato di tossicodipendenza in cui versava l’imputato e la necessità per questi di procurarsi il denaro con attività illecita per procacciarsi la droga, trattandosi di elementi che, di per sè, sono indicativi del solo movente dei delitti commessi, ma non costituiscono prova dell’originaria ideazione e deliberazione di tutte le violazioni nei loro caratteri essenziali, sintomatiche dell’istituto della continuazione. (Cassazione penale, sez. 5, 07/11/2006, n. 40349 conforme: sez. 1, 28 marzo 2006, Marino).

La sentenza impugnata si è attenuta a tali principi, sicchè risulta del tutto incensurabile in questa sede;

invero la Corte territoriale, ha preso in adeguata considerazione l’istanza di applicazione della continuazione tra i reati sopra indicati e ha motivato il diniego sulla scorta della considerazione che:

– la contiguità tra i due fatti e – la parziale identità dei reati e del "modus operandi", non erano elementi sufficienti per fornire la prova dell’originaria ed unica programmazione dei due reati; il ricorrente lamenta la mancata considerazione della condizione di tossicodipendenza che, però, è oggetto di implicita motivazione, essendo nota la condizione di tossicodipendente dell’ A. per il quale, però, la Corte di appello ha valorizzato l’assoluta carenza di prova in ordine ad un unitario programma criminoso;

sì tratta di una motivazione aderente alla Giurisprudenza consolidata che ha sottolineato come la norma di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1 non prevede che lo stato di tossicodipendenza sia di per sè elemento decisivo ai fini della valutazione dell’unitarietà del disegno criminoso, bensì soltanto che tale stato deve essere valutato "fra gli elementi" che incidono sull’applicazione della suddetta disciplina unitamente a tutti gli altri elementi che la giurisprudenza ha individuato come sintomatici – della sussistenza della continuazione. Cassazione penale, sez. 1, 28/03/2006, n. 12638.

Parimenti infondati risultano i motivi relativi all’omesso riconoscimento delle attenuanti generiche, atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità, per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena e di concessione delle attenuanti generiche; atteso che riguardo alle attenuanti generiche si è fatto riferimento ai numerosi e reiterati precedenti penali dell’imputato.

Va ricordato che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, "a fortiori", anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione. (Cassazione penale, sez. 4, 04 luglio 2006, n. 32290).

Consegue il rigetto del ricorso.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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