Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 12-11-2010) 27-01-2011, n. 2975

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15.5.2009 la Corte di appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Lecce del 20.10.2005 con la quale il ricorrente era stato condannato alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 1.200,00 di multa per il reato di rapina.

Il ricorrente puntava contro la parte offesa una pistola e si appropriava di mille Euro e di un assegno in bianco.

La Corte territoriale riteneva la responsabilità del ricorrente alla luce delle dichiarazioni della parte offesa riscontrata dall’accertamento per cui la stessa aveva prelevato mille Euro in contanti tre gg. prima della rapina dalla sua banca.

La Corte riteneva pienamente attendibili le dichiarazioni della parte offesa.

Ricorre l’imputato che con il primo motivo allega la illogicità della motivazione; la Corte aveva ritenuto affidabili le dichiarazioni rese dalla parte offesa, che aveva riconosciuto dopo 10 gg. un soggetto che era travisato, che si era mosso al buio e che, pur essendo della sua stessa zona, non aveva indicato al momento del fatto.

Non c’era corrispondenza tra il soggetto descritto e la figura del ricorrente e doveva essere ascoltato il verbalizzante sulle modalità di indagine e raccolta delle dichiarazioni della detta p.o..

Analogo è il secondo motivo, l’autore della rapina aveva agito al buio ed era travisato, il GIP aveva rigettato la richiesta di emissione di misura cautelare, il riconoscimento fotografico era stato effettuato solo dopo 10 gg dal fatto e la descrizione dell’autore non corrispondeva in nulla alla fattezze del ricorrente.

Vi era un grande incertezza ed ampi margini di dubbio sulla ricostruzione del fatto.
Motivi della decisione

Il ricorso, stante la sua manifesta infondatezza, va dichiarato inammissibile.

Entrambi i motivi proposti, che pertanto vanno esaminati congiuntamente, allegano l’illogicità o comunque la carenza della motivazione della sentenza impugnata.

Si dubita dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, unica fonte probatoria a carico del ricorrente.

La Corte territoriale ha già ampiamente esaminato l’attendibilità della parte offesa riscontrando che lo stesso è incensurato, non è stato mosso da motivi di rancore e che quanto dichiarato dal D. L. è stato obiettivamente riscontrato dalla circostanza che effettivamente tre giorni prima aveva prelevato mille Euro dalla sua Banca, cifra corrispondente a quella sottratta dal rapinatore.

Il riconoscimento fotografico è rituale (tra 10 foto di pregiudicati aventi caratteristiche simili a quelle da lui riferite); il fatto che i sospetti dall’imputato siano stati comunicati all’A.G. 10 gg. dopo l’accaduto (comunque dopo un lasso di tempo molto breve) è stato razionalmente giustificato essendo tali sospetti nati in seguito ad un incontro tra l’imputato e la parte lesa alcuni giorni dopo l’accaduto.

Le dichiarazioni rese in istruttoria ed in dibattimento sono tra loro coerenti.

Pertanto la motivazione appare congrua e logicamente coerente, mentre in ricorso si muovono censure meramente di fatto inammissibili in questa sede e si ripropongono questioni puramente fattuali già esaminate dai giudici di merito.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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