T.A.R. Campania Napoli Sez. VI, Sent., 25-01-2011, n. 439 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso indicato in epigrafe il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale la Questura di Benevento ha respinto la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno.

Avverso il provvedimento gravato ha articolato diverse censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Le amministrazioni intimate costituite in giudizio hanno chiesto la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 15 settembre 2010 è stata concessa la sospensione cautelativa del provvedimento.

Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il provvedimento di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno risulta emesso in quanto l’istante è stato condannato, con sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. il 30 aprile 2003, per il reato di tentato furto, aggravato ai sensi dell’art. 625, commi 2 e 7 del codice penale.

Il ricorrente ha rappresentato come, al momento dell’emanazione del provvedimento gravato, fosse già decorso, dal passaggio in giudicato della pronuncia, il termine di cui all’art. 445 del c.p.p., così che il reato doveva considerarsi estinto, non avendo l’interessato commesso alcun nuovo reato.

In fase cautelare il collegio ha aderito all’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale ".. la pronuncia di estinzione del reato ha natura dichiarativa, con la conseguenza che è illegittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno motivato con riferimento alla commissione, da parte del richiedente, di un reato che risultava già estinto al momento in cui il provvedimento di diniego è stato emesso" (così T.A.R. Piemonte, sez. II, 04 novembre 2008, n. 2752, nello stesso senso, cfr. pure Consiglio Stato, sez. VI, 24 aprile 2009, n. 2543 e sez. VI, 08 agosto 2008, n. 3902, T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 06 maggio 2010, n. 4278).

Ad un più approfondito esame, proprio della presente fase di merito rileva il Collegio rileva, tuttavia, come tale indirizzo giurisprudenziale non meriti di essere condiviso.

Infatti, come ribadito anche di recente dalla Cassazione Penale, in caso di applicazione di pena patteggiata a seguito del decorso del termine di legge "pur producendosi l’effetto estintivo "ope legis", spetta a (l)… giudice (dell’esecuzione) accertare e dichiarare l’estinzione del reato qualora sussistano i presupposti di legge, attivando, a tal fine, tutti gli accertamenti necessari nell’ambito dei poteri previsti dall’art. 666, comma quinto, cod. proc. pen. (cfr. Cassazione penale, sez. I, 24 novembre 2009, n. 49987, nello stesso senso, Cassazione penale, sez. I, 09 dicembre 2010, n. 44567, Cassazione penale, sez. IV, 27 febbraio 2002, n. 11560).

La stessa giurisprudenza amministrativa maggioritaria ritiene infatti che "… l’estinzione del reato che ha costituito oggetto di sentenza di patteggiamento, in conseguenza del verificarsi delle condizioni previste dall’art. 445 comma 2 c.p.p. (cioè la mancata commissione nel termine previsto – cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione – di un delitto ovvero di una contravvenzione della stessa indole) non opera ipso jure ma richiede una formale pronuncia da parte del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 676 c.p.p." (così, Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2007, n. 1331, nello stesso senso T.A.R. Toscana Firenze, sez. II, 15 novembre 2010, n. 6585, T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 marzo 2007, n. 2340, T.A.R. Lombardia Brescia, 20 aprile 2006, n. 406, T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 18 febbraio 2009, n. 233, T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 15 settembre 2008, n. 4062).

Vanno pure respinte le ulteriori argomentazioni formulate dal ricorrente, che ha sostenuto la non utilizzabilità nel procedimento amministrativo della sentenza di patteggiamento in considerazione del fatto che la stessa, ai sensi del comma 1 dell’art. 445 c.p.p., non ha effetto nei giudici civili o amministrativi e che la pronuncia, ai sensi dell’art. 444, comma 2, c.p.p. non comporta l’applicazione di pena accessoria o di misura di sicurezza.

Deve, per contro, osservarsi che, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 286/98 "… non è ammesso in Italia lo straniero… che risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, per reati previsti dall’articolo 380, commi 1 e 2", tra i quali rientra senza ombra di dubbio quello per il quale il ricorrente è stato condannato.

Inoltre, il fatto che tale norma contenga una valutazione negativa in ordine al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno agli stranieri operata direttamente dal legislatore e tale da escludere una autonoma valutazione dell’amministrazione rende irrilevante la concessione di precedente permesso al medesimo ricorrente pur in presenza del titolo ostativo, a suo tempo non valutato (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 05 luglio 2010, n. 2705).

Del pari irrilevante è il fatto che la definizione del procedimento sia intervenuta a notevole distanza dalla presentazione dell’istanza, attesa la natura meramente sollecitatoria dei termini previsti dall’art. 5 comma 9, decreto legislativo n. 286 del 1998 "e, come tale, idoneo soltanto a legittimare l’interessato ad impugnare il relativo silenzio – rifiuto formatosi alla scadenza del predetto termine" (cfr., ex multis, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 08 luglio 2010, n. 23771).

Da ultimo, nessun rilievo può essere attribuito all’affermazione secondo cui il ricorrente sarebbe in possesso dei requisiti previsti dall’art. 9 del decreto legislativo n. 286 del 1998 per l’ottenimento del permesso per soggiornanti di lungo periodo, atteso che il provvedimento gravato si pronuncia in tema di rinnovo del permesso ordinario.

L’esistenza del citato contrasto giurisprudenziale giustifica la compensazione, tra le parti, delle spese di lite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *