T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 25-01-2011, n. 422 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Col ricorso in esame, la "H.E. S.n.c. di M. e A.M." (cui è succeduta la "H.E. S.n.c. di M.A.") nonché A. e M.M. in proprio, proprietari di un complesso edilizio adibito ad albergo nel Comune di Sorrento, hanno premesso:

– che per il completamento del primo piano di un corpo di fabbrica autonomo di mq. 47,93 e h. variabile da m. 2,55 a m. 2,65, realizzato abusivamente nel 1975, avevano inoltrato al comune, in data 18.12.1985, domanda di condono ex lege n. 47 del 1985, integrata successivamente con relazione, foto e grafici attestanti la riduzione della superficie e del volume esistente;

– che, nell’inerzia del Comune di Sorrento, avevano chiesto all’allora Ministero per i Beni Culturali e Ambientali di provvedere al rilascio del nullaosta ai sensi dell’art. 82, comma 9, del d.P.R. 24.7.1977, n. 616;

– che quest’ultimo, con provvedimento del 17.3.1995, richiamate la nota del 22.12.1994 con cui la Soprintendenza aveva espresso parere contrario e la conforme valutazione negativa espressa il 5.1.1995 dall’Ispettorato Tecnico Centrale, non aveva autorizzato l’intervento richiesto in quanto: a) il progetto ricade in zona territoriale 2 del P.U.T. dove non è consentita la realizzazione di nuovi volumi edilizi; b) il manufatto in sopraelevazione, ricadente nel parco di pertinenza, risulta visibile dalla pubblica strada, interrompendo così la libera visuale prospettica delle essenze pregiate presenti nel parco adiacente e delle coltivazioni tipiche del giardino sorrentino; c) la struttura ha una copertura precaria consistente in travetti in legno e materiale plastico tale da non costituire solaio di copertura, per cui non possiederebbe i requisiti per la condonabilità.

Tanto premesso, i ricorrenti hanno impugnato, in uno a quelli presupposti, l’atto negativo da ultimo intervenuto, per i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 82, comma 9, d.P.R. n. 616/1977 per tardività del decreto, in quanto questo sarebbe stato adottato ben oltre sessanta giorni dall’acquisizione della documentazione da parte del ministero competente;

2) illegittimo richiamo delle norme del P.U.T. approvato, con l.r. 27.6.1987, n. 35, in un tempo successivo sia al termine ultimo per realizzare le opere (1.10.1983) che all’entrata in vigore della norma che ne consente la condanbilità ( l. 28.2.1985, n. 47), la quale, all’art. 33, dispone che non sono suscettibili di sanatoria le opere realizzate in aree soggette a vincoli comportanti la inedificabilità solo se realizzate prima dell’imposizione del vincolo;

3) inidoneità della motivazione, posto che si risolverebbe in una mera affermazione quella per cui il fabbricato in sopraelevazione interrompe la libera visuale prospettica delle essenze pregiate e delle coltivazioni tipiche adiacenti;

4) incompetenza del ministero ad effettuare, con riguardo alla copertura dell’edificio, valutazioni squisitamente edilizie e di condonabilità delle opere e, comunque, violazione dell’art. 31, comma 2, della l. n. 47/85 che richiederebbe, con riguardo al caso di specie, il mero completamento della copertura del rustico;

5) mancata indicazione dei requisiti per un idoneo inserimento della costruzione nel contesto paesaggistico;

6) carenza di istruttoria, posto che gli atti gravati sono stati emanati in assenza di qualsivoglia sopralluogo e che, comunque, la sopraelevazione in esame non determina alcuna modifica ambientale.

Si è difesa l’amministrazione intimata chiedendo il rigetto del ricorso.

Nella camera di consiglio del 20.7.1995 il tribunale ha respinto la domanda cautelare di sospensione e, all’esito dell’odierna udienza, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

In primo luogo, non ha pregio la censura di tardività articolata dai ricorrenti.

E infatti, l’art. 82, comma 9, terzo periodo -ratione temporis applicabile al caso di specie – dispone che, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni entro il quale l’ente locale deve provvedere sulla domanda di autorizzazione ambientale, "gli interessati, entro trenta giorni, possono richiedere l’autorizzazione al Ministro per i beni culturali e ambientali, che si pronuncia entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta".

Com’è evidente, quest’ultimo termine non può essere considerato perentorio, riferendosi all’esercizio in via surrogatoria del potere di rilascio dell’autorizzazione ambientale che, per evidenti ragioni di sistema, non si consuma in conseguenza del mero trascorrere del tempo al quale, piuttosto, potrà porsi rimedio attraverso gli ordinari strumenti di reazione processuale avverso il silenzio dell’amministrazione.

Del pari infondato è il motivo che denuncia toutcourt l’inapplicabilità del vincolo di inedificabilità apposto dal P.U.T. dell’aera SorrentinoAmalfitana, approvato con legge regionale n. 35 del 1987, in quanto successivo sia alla realizzazione del manufatto de quo che alla presentazione della domanda di condono di cui alla legge n. 47 del 1985.

E infatti, più volte questa Sezione (cfr. ex multis, 14.6.2010, n. 14166) ha statuito nel senso che "in coerenza con i più recenti arresti giurisprudenziali, qualora, com’è nel caso di specie, si tratti di immobile edificato prima della imposizione del vincolo, la disciplina applicabile è sempre e, comunque, quella di cui all’art. 32 della legge 47/1985 e l’opera diventa sanabile ove intervenga il parere favorevole della autorità preposta alla gestione del vincolo.

A tal riguardo, il massimo consesso della giustizia amministrativa ha, invero, precisato che la disposizione di portata generale di cui all’articolo 32, comma 1, della legge n. 47 del 1985, nella parte in cui subordina al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo il rilascio della concessione in sanatoria, deve interpretarsi nel senso che l’obbligo di pronuncia da parte dell’organo tutorio si radica in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca dell’introduzione del vincolo.

Ha inoltre aggiunto, quanto all’articolo 33 della stessa legge (che prevede la non sanabilità degli abusi commessi in spregio di un vincolo di inedificabilità assoluta già vigente al momento dell’attività edificatoria), che la disposizione non può essere caricata di un significato che non ha: è difficile, infatti, considerare del tutto inesistente un vincolo di inedificabilità totale per il solo fatto che sia sopravvenuto all’edificazione e ritenere, pertanto, che l’abuso commesso sia senz’altro sanabile. Un giusto raccordo tra gli articoli in esame comporta che la fattispecie, siccome non specificamente disciplinata dall’art. 33, ricada nella previsione di carattere generale contenuta nel comma 1 dell’art. 32 (cfr. CdS Ad. Plen. 22 luglio 1999, n. 20; Sez. VI 22.1.2001 n°181; Consiglio Stato, sez. V, 27 marzo 2000, n. 1761)".

Tanto premesso, posto che il P.U.T. ed i vincoli da esso introdotti sono sorti sia dopo la realizzazione della costruzione, sia dopo la presentazione della domanda di condono, il loro contenuto precettivo non può essere ricondotto alla fattispecie di cui all’art. 33 legge 47/1985, e quindi considerato alla stregua di un vincolo assoluto, ma resta soggetto alla diversa disciplina dettata all’art. 32 del medesimo testo normativo, sicché il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria è subordinato al parere favorevole dell’autorità preposta alla gestione del vincolo medesimo.

Con riguardo a quest’ultimo profilo, ritiene il tribunale che le motivazioni articolate dal ministero sono idonee a sostenere il diniego di autorizzazione ambientale.

Ed infatti, per come emerge anche dal compendio fotografico versato in atti dai ricorrenti, non appare irragionevole, né erronea o carente, la valutazione ambientale – di per sé idonea a sostenere il rigetto – formulata dal ministero (e a suo tempo fondata sull’esame della documentazione grafica e fotografica allegata ad integrazione della domanda di condono e, dunque, senza che fosse necessario un apposito sopralluogo) in ordine alla circostanza che il manufatto risulta visibile dalla pubblica via, "interrompendo così la libera visuale prospettica delle essenze pregiate presenti nel parco adiacente e delle coltivazioni tipiche del giardino sorrentino".

In ogni caso, legittima appare anche la valutazione, comunque rilevante anche sotto il profilo ambientale, in ordine al mancato completamento della copertura che, ai sensi dell’art. 31, comma 2, della legge n. 47/1985 condiziona la condonabilità del manufatto realizzato ex novo, ben potendo tale requisito essere ritenuto carente nel caso di inidoneità della copertura a causa della evidente precarietà della stessa (nella specie: travetti di legno e materiale plastico).

E’ chiaro inoltre che l’indicazione dei requisiti di inserimento della costruzione nel contesto paesaggistico interessato – della cui omissione pure si dolgono i ricorrenti – si ricava a contrario proprio dagli specifici rilievi formulati dall’amministrazione.

Sono infine inammissibili gli ulteriori motivi di doglianza tardivamente formulati dalla difesa dei ricorrenti nella memoria di discussione depositata il 12.6.2010.

In considerazione della particolarità della vicenda esaminata, le spese di lite possono tuttavia essere compensate.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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