T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 25-01-2011, n. 729

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato in data 2 novembre 2010, e depositato in data 8 novembre 2010, l’odierno ricorrente deduce l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza presentata in data 28 maggio 2010, e volta ad ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, non avendo la Questura di Roma concluso il procedimento amministrativo.

La qualificazione legale tipica del comportamento omissivo della Questura costituisce il presupposto per l’immediata tutela avanti al giudice amministrativo, onde ottenere la declaratoria dell’obbligo di pronunciarsi espressamente in ordine alla predetta richiesta di permesso di soggiorno.

La posizione differenziata di interesse legittimo alla conclusione, con un’esplicita determinazione, del procedimento di rilascio del duplicato del permesso di soggiorno è avvalorata dalla disciplina dettata dall’art. 5, comma 9 D.Lgs. n. 286/1998 e dall’art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, di cui il ricorrente deduce, fondatamente, la violazione.

L’art. 5, comma 9 D.Lgs. n. 286/1998, in particolare, dispone che "Il permesso di soggiorno è rilasciato, rinnovato o convertito entro venti giorni dalla data in cui è stata presentata la domanda, se sussistono i requisiti e le condizioni previsti dal presente testo unico e dal regolamento di attuazione per il permesso di soggiorno richiesto ovvero, in mancanza di questo, per altro tipo di permesso da rilasciare in applicazione del presente testo unico" mentre l’art. 2 L. n. 241/1990 statuisce che sia nell’ipotesi di procedimento iniziato d’ufficio che in quello attivato su istanza di parte "la pubblica amministrazione ha il dovere di concluderlo con un provvedimento espresso".

Ciò comporta, sul piano processuale, la possibilità del privato di tutelare l’interesse all’adozione dell’atto conclusivo del procedimento, al fine di ottenere una pronuncia che accerti la violazione di tale dovere e che ponga a carico all’Amministrazione l’obbligo specifico di pronunciarsi.

Alla stregua delle considerazioni di cui sopra risulta, pertanto, fondata la dedotta censura di violazione dell’art. 5, comma 9, D.Lgs. n. 286/1998 e dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, essendo decorso il periodo di tempo entro il quale l’Amministrazione avrebbe dovuto rispondere all’istanza del ricorrente.

Per quanto sopra argomentato il ricorso va accolto e, per l’effetto, va annullato l’impugnato silenziorifiuto, va dichiarato l’obbligo della intimata Questura di concludere, con un provvedimento espresso, il procedimento attivato con l’istanza avanzata dal ricorrente in data 28 maggio 2010, entro il termine di 30 (trenta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione, se anteriore e va, conseguentemente, ordinato alla medesima di adempiere a tale obbligo.

Quanto alle spese di lite, sussistono tuttavia giusti motivi per disporne la compensazione tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così dispone:

accoglie il ricorso e per l’effetto dichiara illegittimo l’impugnato silenzio rifiuto, con conseguente obbligo della Questura di Roma di provvedere sulla istanza avanzata dal ricorrente in data 28 maggio 2010, entro e non oltre 30 (trenta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, ovvero dalla sua notificazione se anteriore, e ordina alla predetta Amministrazione di adempiere a tale obbligo.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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