Corte Costituzionale, Sentenza n. 141/2012, in tema di norme della Regione Friuli-Venezia Giulia sull’ordinamento di polizia locale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 24 del 13-6-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli articoli 10,
comma 7, e 26, comma 8, della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di
sicurezza e ordinamento della polizia locale), promosso dal Tribunale
ordinario di Trieste, nel procedimento vertente tra R.Z. ed altri e
il Comune di Trieste, con ordinanza del 31 agosto 2011, iscritta al
n. 235 del registro ordinanze 2011 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno
2011.
Visto l’atto di intervento della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia;
udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2012 il Giudice
relatore Sergio Mattarella.

Ritenuto in fatto

1.- Nel corso di un giudizio promosso da alcuni dipendenti del
Comune di Trieste, inquadrati nel corpo di polizia municipale, nei
confronti del Comune stesso, il Tribunale ordinario di Trieste, in
funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art.
117, primo e secondo comma, lettera l), della Costituzione, questione
di legittimita’ costituzionale dell’articolo 10, comma 7, e
dell’articolo 26, comma 8, della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 29 aprile 2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di
sicurezza e ordinamento della polizia locale).
Osserva il giudice remittente che i ricorrenti hanno impugnato
davanti al giudice del lavoro, chiedendone la sospensione
dell’efficacia, i provvedimenti con i quali il Comune di Trieste –
sulla base del regolamento comunale emesso in attuazione delle norme
della legge citata – aveva disposto la loro esclusione dal rapporto
di lavoro a tempo parziale. Nel ricorso, fra l’altro, i dipendenti
hanno ricordato che alcune disposizioni della legge reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 sono state gia’ scrutinate da
questa Corte con la sentenza n. 167 del 2010 la quale, accogliendo
alcune questioni, ha respinto quelle relative all’art. 10, sollevate
peraltro in riferimento ad aspetti diversi da quelli odierni.
Cio’ premesso, il Tribunale riporta il testo delle due
disposizioni impugnate: l’art. 10, comma 7, stabilisce che «al fine
di garantire l’efficace svolgimento delle funzioni di polizia locale
e migliorare le condizioni di sicurezza urbana, l’articolo 1, comma
57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), concernente l’esclusione del rapporto a
tempo parziale per il personale militare, per quello delle Forze di
polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si applica anche
al personale di polizia locale, salvo che sia diversamente stabilito
nei regolamenti di polizia locale per esigenze di carattere
stagionale»; l’art. 26, comma 8, stabilisce che i rapporti di lavoro
a tempo parziale esistenti alla data di entrata in vigore della legge
siano trasformati in rapporti a tempo pieno entro due anni
dall’entrata in vigore della stessa. In ottemperanza alle citate
disposizioni, il Comune di Trieste ha emanato un regolamento che
vieta, per il personale della polizia municipale, la trasformazione
del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale ed
impone la conversione di quelli a tempo parziale in contratti a tempo
pieno entro un certo termine.
Il giudice a quo, dopo aver ricordato che la citata sentenza n.
167 del 2010 riconduce alla potesta’ normativa residuale delle
Regioni la materia della polizia amministrativa locale, rileva che il
personale di polizia locale non puo’ essere equiparato al personale
militare, alle forze di polizia e al corpo dei vigili del fuoco,
poiche’ lo status di questi ultimi non e’ regolato da contratto
collettivo. Ne consegue che l’assimilazione compiuta dal censurato
art. 10, comma 7, contravviene a quanto stabilito dall’art. 1, comma
58, della legge n. 662 del 1996, che costituisce espressione di
principi fondamentali vincolanti anche per le Regioni a statuto
speciale sulla base della giurisprudenza costituzionale. Ma,
soprattutto, le disposizioni censurate intervengono nella materia
dell’ordinamento civile, perche’ l’orario di lavoro ed il trattamento
economico «sono aspetti privatistici del contratto di lavoro», tanto
piu’ che i ricorrenti, tutti agenti di polizia municipale, sono
comunque dipendenti comunali e rientrano nel comparto unico di
contrattazione collettiva regioni-enti locali.
Non e’ sostenibile, pertanto, secondo il Tribunale di Trieste,
che il divieto di part-time per il personale di polizia municipale
rientri nella materia dell’organizzazione degli uffici regionali, che
l’art. 117, quarto comma, Cost. attribuisce alla competenza residuale
delle Regioni.
Osserva, infine, il giudice a quo che le norme impugnate sono
lesive anche delle prerogative attribuite ai sindacati dal meccanismo
della contrattazione collettiva di cui all’art. 40 del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento
del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), perche’
il contratto collettivo applicabile ai ricorrenti non vieta loro in
alcun modo il rapporto di lavoro a tempo parziale; semmai – alla luce
delle modifiche di cui all’art. 73 del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 – e’ solo in base
alla valutazione delle esigenze di servizio che si deve decidere se
ammettere o meno il dipendente pubblico al lavoro a tempo parziale,
secondo un criterio rispondente anche alle regole generali di cui
all’art. 97 della Costituzione.
2.- E’ intervenuta in giudizio la Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
infondata.
In una successiva memoria depositata in vista della discussione,
la Regione specifica che l’istituto del lavoro a tempo parziale –
regolato dall’art. 1, commi 57 e seguenti, della legge n. 662 del
1996 – e’ modellato dal legislatore nazionale in termini di facolta’
delle pubbliche amministrazioni, le quali possono ammetterlo in vista
del conseguimento di finalita’ di risparmio di spesa. D’altra parte,
l’art. 39, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per
la stabilizzazione della finanza pubblica), ha chiarito che i commi
58 e 59 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996 si applicano al
personale degli enti locali «finche’ non diversamente stabilito da
ciascun ente con proprio atto normativo»; per cui e’ la stessa legge
statale a prevedere una potesta’ normativa delle Regioni in tale
materia.
Quanto al merito delle censure, la Regione rileva che quella
riguardante l’art. 117, primo comma, Cost., deve essere dichiarata
inammissibile per genericita’.
La presunta lesione della competenza esclusiva statale in tema di
ordinamento civile, invece, e’ da un lato contraddittoria e
dall’altro infondata. Contraddittoria, perche’ l’ordinanza lamenta la
violazione di un titolo di competenza esclusiva e,
contemporaneamente, fa riferimento al contrasto con i principi
fondamentali posti dalla legislazione statale, il che presupporrebbe
l’esistenza di un titolo di competenza concorrente. Infondata,
perche’ la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e’ dotata di
competenza esclusiva statutaria in tema di ordinamento degli enti
locali e di potesta’ residuale in materia di polizia amministrativa
locale, come risulta dall’art. 117, secondo comma, lettera h), della
Costituzione. Non c’e’, del resto, alcuna lesione della competenza
statale in materia di ordinamento civile, perche’ nel caso in esame
la Regione «non disciplina affatto il rapporto di lavoro, ma
semplicemente sceglie, come qualunque soggetto puo’ fare, di quale
tipo di rapporto di lavoro – tra quelli che l’ordinamento civile
mette a sua disposizione – ha bisogno»; si tratta, evidentemente, di
una scelta che attiene ai profili organizzativi dell’ordinamento
degli enti locali, sui quali la Regione ha una propria indiscussa
potesta’ normativa.

Considerato in diritto

1.- Il Tribunale ordinario di Trieste, in funzione di giudice del
lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 117, primo e secondo
comma, lettera l), della Costituzione, questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 10, comma 7, e dell’articolo 26, comma
8, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile 2009, n.
9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento
della polizia locale).
Ritiene il giudice remittente che le censurate disposizioni – le
quali vietano al personale appartenente alla polizia municipale la
possibilita’ di accedere al contratto di lavoro a tempo parziale
(art. 10, comma 7), nel contempo stabilendo che i rapporti a tempo
parziale in corso siano convertiti in contratti a tempo pieno entro
la data del 31 dicembre 2012 (art. 26, comma 8) – siano in contrasto
con i menzionati parametri costituzionali, poiche’ l’orario di lavoro
e il trattamento economico costituiscono aspetti privatistici del
contratto di lavoro, rispetto ai quali la potesta’ normativa
esclusiva spetta allo Stato (ordinamento civile).
2.- Occorre preliminarmente osservare che una delle due
disposizioni impugnate, ossia l’art. 26, comma 8, della legge
regionale n. 9 del 2009, e’ stata oggetto di modifica da parte
dell’art. 10, comma 87, della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 11 agosto 2011, n. 11 (Assestamento del bilancio 2011 e del
bilancio pluriennale per gli anni 2011-2013 ai sensi dell’articolo 34
della legge regionale n. 21/2007), pubblicata nel Bollettino
Ufficiale della Regione in data 24 agosto 2011. Di tale modifica,
benche’ avvenuta in un momento precedente rispetto al deposito
dell’ordinanza di rimessione a questa Corte, il giudice a quo non
mostra di avere cognizione. Tale incompletezza – peraltro
comprensibile, in considerazione del brevissimo lasso di tempo
intercorso fra la pubblicazione della citata modificazione normativa
e il deposito dell’ordinanza che solleva la presente questione (31
agosto 2011) – non ridonda in ragione di inammissibilita’
dell’odierna questione, perche’ la modifica non altera in modo
significativo il quadro normativo, limitandosi a spostare al 31
dicembre 2012 la data entro la quale i rapporti di lavoro a tempo
parziale esistenti devono essere trasformati in rapporti a tempo
pieno. D’altra parte, gia’ l’art. 10, comma 57, della legge della
Regione Friuli-Venezia Giulia 29 dicembre 2010, n. 22 (Disposizioni
per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale della Regione –
legge finanziaria 2011), considerato nell’ordinanza di rinvio, aveva
modificato il testo del censurato art. 26 nel senso che gli enti
locali fossero tenuti ad adeguarsi alle disposizioni di cui all’art.
10 della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 entro il 31
dicembre 2012.
Ne consegue che la Corte deve procedere all’esame del merito
estendendo il proprio scrutinio al testo della norma come modificata
dalla citata legge regionale n. 11 del 2011.
3.- Ancora in via preliminare va rilevato che la lamentata
lesione dell’art. 117, primo comma, Cost., benche’ prospettata nel
dispositivo dell’ordinanza di rimessione, non trova alcun supporto di
motivazione nel corpo dell’ordinanza stessa, sicche’ la sollevata
questione deve essere dichiarata inammissibile in riferimento a tale
parametro; la medesima, invece, va esaminata nel merito in
riferimento all’unico parametro realmente motivato, ossia quello
dell’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
4.- Giova premettere, ai fini di un corretto inquadramento del
problema in esame, che la normativa in tema di contratto di lavoro a
tempo parziale alle dipendenze della pubblica amministrazione ha
conosciuto negli ultimi anni uno sviluppo non sempre lineare.
In precedenza, infatti, vigeva la regola, contenuta nell’art. 60
del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3
(Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli
impiegati civili dello Stato), secondo cui il rapporto di impiego
pubblico era caratterizzato dal fondamentale connotato della
esclusivita’. Con l’art. 7 della legge 29 dicembre 1988, n. 554
(Disposizioni in materia di pubblico impiego), e’ stata riconosciuta
la possibilita’, per le amministrazioni dello Stato e degli enti
pubblici istituzionali e territoriali, di costituire rapporti di
lavoro a tempo parziale. Il successivo art. 1, commi 56-65, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, ha introdotto la previsione per cui i
pubblici dipendenti con prestazione di lavoro non superiore al 50 per
cento di quella a tempo pieno possono anche iscriversi agli albi
professionali. Tale normativa ha superato con successo lo scrutinio
di questa Corte, cui erano state sottoposte varie questioni di
legittimita’ costituzionale nell’ambito di giudizi in via principale
promossi da diverse Regioni (sentenza n. 171 del 1999); in quella
pronuncia – peraltro emessa nel vigore del precedente quadro
costituzionale, anteriore alla riforma di cui alla legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione) – si e’ gia’ posto in luce che
l’estensione del contratto a tempo parziale anche ai pubblici
dipendenti si collocava «nell’ottica del contenimento della spesa
pubblica e dell’aumento dell’efficienza della pubblica
amministrazione».
Successivamente, l’art. 73, comma 1, del decreto-legge 25 giugno
2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la
semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza
pubblica e la perequazione tributaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha introdotto
significative novita’ nel corpo dell’art. 1, comma 58, della legge n.
662 del 1996. Nella versione attualmente vigente, la disposizione
menzionata prevede che la trasformazione del rapporto di lavoro da
tempo pieno a tempo parziale non costituisce piu’ una scelta
esclusiva del dipendente; l’Amministrazione, infatti, puo’ negare la
trasformazione, fra l’altro, nel caso in cui comporti, «in relazione
alle mansioni e alla posizione organizzativa ricoperta dal
dipendente, pregiudizio alla finalita’ dell’amministrazione stessa».
La valenza innovativa di tale modifica e’ confermata dall’art. 16
della legge 4 novembre 2010, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di
lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative
e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di
incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione
femminile, nonche’ misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in
tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro), con cui si e’
prevista la facolta’ per le amministrazioni pubbliche, in sede di
prima applicazione del menzionato art. 73, di «sottoporre a nuova
valutazione i provvedimenti di concessione della trasformazione del
rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale gia’ adottati
prima dell’entrata in vigore» del d.l. n. 112 del 2008.
Ne consegue che la possibilita’ di svolgere il rapporto di lavoro
a tempo parziale e’, nel regime attualmente vigente, strettamente
connessa con gli assetti organizzativi della pubblica amministrazione
di appartenenza.
5.- La questione che e’ posta al giudizio della Corte va letta
anche nel contesto normativo che ora e’ stato rapidamente
tratteggiato.
Il Tribunale ordinario di Trieste ipotizza che le due censurate
norme della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 siano in
contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., invadendo
la competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile.
In realta’, le due disposizioni oggi in esame hanno diversi
contenuti: l’art. 10, comma 7, stabilisce – evidentemente per il
futuro – un generale divieto di contratto di lavoro a tempo parziale
per il personale della polizia locale, applicando a quest’ultimo il
divieto gia’ fissato dall’art. 1, comma 57, della legge n. 662 del
1996 per il personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco; l’art. 26, comma 8, invece, detta una
norma transitoria, imponendo che i rapporti di lavoro a tempo
parziale gia’ stipulati alla data di entrata in vigore della legge
siano convertiti ope legis in rapporti a tempo pieno entro una certa
data (originariamente entro due anni e, dopo le successive modifiche
normative, entro il 31 dicembre 2012). La questione sollevata,
pertanto, va esaminata distintamente in riferimento alle due diverse
disposizioni.
6.- La questione riguardante l’art. 10, comma 7, della legge
regionale n. 9 del 2009 non e’ fondata.
Innanzitutto si rileva che lo statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia, approvato con legge costituzionale 31 gennaio
1963, n. 1, gia’ prevedeva, all’art. 4, numero 1), una potesta’
legislativa primaria della Regione in materia di «ordinamento degli
Uffici e degli Enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed
economico del personale ad essi addetto». Successivamente alla
riforma costituzionale del titolo V della parte seconda della
Costituzione, intervenuta con legge costituzionale 18 ottobre 2001,
n. 3, questa Corte ha, in piu’ occasioni, ribadito che «la
regolamentazione delle modalita’ di accesso al lavoro pubblico
regionale e’ riconducibile alla materia dell’organizzazione
amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici regionali e
rientra nella competenza residuale delle Regioni di cui all’art. 117,
quarto comma, della Costituzione» (cosi’ la sentenza n. 95 del 2008;
ma in tal senso sono anche le successive pronunce n. 159 del 2008, n.
100 e n. 235 del 2010). Inoltre questa Corte, con la recente sentenza
n. 167 del 2010 – emessa in un giudizio che aveva ad oggetto norme
della medesima legge regionale oggi censurata – ha confermato che,
con la modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione,
e’ stata riservata allo Stato la competenza in tema di ordine
pubblico e pubblica sicurezza, mentre la materia della polizia
amministrativa locale e’ oggetto di competenza residuale delle
Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., competenza che
si estende anche alle Regioni a statuto speciale in forza dell’art.
10 della legge costituzionale n. 3 del 2001.
La disposizione impugnata, emanata sulla base degli ambiti di
competenza ricordati, non interviene direttamente sulla disciplina
del contratto di lavoro a tempo parziale ma si limita a stabilire,
per il futuro, che il personale addetto a funzioni di polizia locale
non potra’ usufruire di tale modalita’ di prestazione del rapporto di
lavoro: questa previsione non altera il contenuto di un contratto
regolato dalla legge statale, ma sceglie quale tipo di contratto
dovra’ essere applicato ad una determinata categoria di dipendenti.
Anche alla luce dell’evoluzione della sopra ricordata normativa
statale in materia, la possibilita’ (o il divieto) di prestazione di
lavoro con contratto a tempo parziale si inserisce in un ambito di
scelte di organizzazione amministrativa; ambito che si colloca in un
momento antecedente a quello del sorgere del rapporto di lavoro. La
norma, quindi, «spiega la sua efficacia nella fase anteriore
all’instaurazione del contratto di lavoro e incide in modo diretto
sul comportamento delle amministrazioni nell’organizzazione delle
proprie risorse umane e solo in via riflessa ed eventualmente sulle
posizioni soggettive» (sentenza n. 235 del 2010).
La disposizione impugnata non incide sulla struttura della
disciplina del rapporto di lavoro ma regola l’uso di quell’istituto
da parte delle amministrazioni locali, su cui la legge regionale ha
competenza. In particolare, non disciplina il part-time con modalita’
diverse da quelle stabilite dalla legge statale, ma regola la sua
applicabilita’, con riferimento ad una categoria di dipendenti con
caratteri e funzioni particolari, attinenti alla sicurezza, come
emerge dalla stessa motivazione contenuta nella norma, la quale
richiama il «fine di garantire l’efficace svolgimento delle funzioni
di polizia locale e migliorare le condizioni di sicurezza urbana».
Pertanto, la disposizione dell’art. 10, comma 7, della legge
regionale in esame e’ da ricondurre alla competenza residuale della
Regione.
7.- A diversa conclusione deve pervenirsi, invece, per quanto
riguarda l’altra disposizione censurata, ossia quella dell’art. 26,
comma 8, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009.
Questa norma, infatti, stabilisce l’obbligatoria conversione dei
contratti di lavoro a tempo parziale, in precedenza stipulati, in
contratti a tempo pieno entro la data del 31 dicembre 2012. In tal
modo, pero’, la norma regionale incide direttamente sulla disciplina
di contratti che gia’ esistono. La natura transitoria della
disposizione in esame manifesta la sua illegittimita’ costituzionale,
perche’ essa non regola, per il futuro, la possibilita’ o il diniego
di utilizzazione di una determinata forma contrattuale, ma altera il
contenuto di contratti a tempo parziale conclusi in precedenza e gia’
in corso, in tal modo intervenendo nella materia dell’ordinamento
civile, riservata alla competenza esclusiva dello Stato.
La questione avente ad oggetto l’art. 26, comma 8, della legge
reg. Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009, nel testo modificato
dall’art. 10, comma 87, della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 11
del 2011, sollevata dal Tribunale ordinario di Trieste in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., e’, pertanto,
fondata, sicche’ di tale norma deve essere dichiarata
l’illegittimita’ costituzionale.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimita’ costituzionale dell’articolo 26,
comma 8, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 29 aprile
2009, n. 9 (Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e
ordinamento della polizia locale), nel testo modificato dall’art. 10,
comma 87, della legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 agosto
2011, n. 11;
2) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 10, comma 7, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 sollevata, in riferimento
all’art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, dal
Tribunale ordinario di Trieste con l’ordinanza di cui in epigrafe;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 10, comma 7, della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2009 sollevata, in riferimento
all’art. 117, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale
ordinario di Trieste con l’ordinanza di cui in epigrafe.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 maggio 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 6 giugno 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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