Corte Costituzionale, Sentenza n. 151/2012, in tema di incarichi conferiti dalle pubbliche amministrazioni ai titolari di cariche elettive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 25 del 20-6-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimita’ costituzionale dell’art. 5, commi 1,
4, 5 e 7, ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122
(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitivita’ economica), promossi dalle Regioni Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste, Liguria, Emilia Romagna e Puglia con ricorsi
notificati il 24-27 e il 28 settembre 2010, depositati in cancelleria
il 28 settembre, il 6 ed il 7 ottobre 2010 e rispettivamente iscritti
ai nn. 96, 102, 106 e 107 del registro ricorsi 2010.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica dell’8 maggio 2012 il Giudice
relatore Franco Gallo;
uditi gli avvocati Ulisse Corea per la Regione Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste, Giandomenico Falcon per le Regioni Liguria ed
Emilia Romagna, Stefano Grassi per la Regione Puglia e gli avvocati
dello Stato Massimo Salvatorelli ed Antonio Tallarida per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste (ricorso n.
96 del 2010, notificato – con plico postale spedito il 24 settembre
2010 – il 27 settembre 2010 e depositato il giorno successivo), la
Regione Liguria (ricorso n. 102 del 2010, notificato il 28 settembre
2010 e depositato il successivo 6 ottobre), la Regione Emilia-Romagna
(ricorso n. 106 del 2010, notificato il 28 settembre 2010 e
depositato il successivo 6 ottobre) e la Regione Puglia (ricorso n.
107 del 2010, notificato il 28 settembre 2010 e depositato il
successivo 7 ottobre), hanno proposto, in riferimento agli artt. 3,
97, 117, 118, 119, 122 e 123 della Costituzione nonche’ all’art. 3,
primo comma, lettera f), dello statuto della Regione autonoma Valle
d’Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, recante
«Statuto speciale per la Valle d’Aosta»), questioni principali di
legittimita’ costituzionale dell’art. 5, commi 1, 4, 5 e 7, ultimo
periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122, pubblicata nel supplemento ordinario n. 174/L della
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 176 del 30 luglio 2010.
1.1.- Il comma 1 dell’art. 5 e’ impugnato dalle Regioni Liguria,
Emilia-Romagna e Puglia.
La disposizione prevede: a) nel suo primo periodo, che: «Per gli
anni 2011, 2012 e 2013, gli importi corrispondenti alle riduzioni di
spesa che, anche con riferimento alle spese di natura amministrativa
e per il personale, saranno autonomamente deliberate entro il 31
dicembre 2010, con le modalita’ previste dai rispettivi ordinamenti
dalla Presidenza della Repubblica, dal Senato della Repubblica, dalla
Camera dei deputati e dalla Corte costituzionale sono versati al
bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per
l’ammortamento dei titoli di Stato di cui al D.P.R. 30 dicembre 2003,
n. 398»; b) nel suo secondo periodo, che siano riassegnati al
medesimo Fondo «gli importi corrispondenti alle riduzioni di spesa
che verranno deliberate dalle Regioni, con riferimento ai trattamenti
economici degli organi indicati nell’art. 121 della Costituzione», e
cioe’ il Consiglio regionale, la Giunta ed il suo Presidente.
La Regione Puglia deduce che la norma impugnata – ancorche’ lasci
alle Regioni la liberta’ di deliberare le riduzioni di spesa –
disciplinando il trattamento economico dei componenti degli organi
politici regionali, occupa un ambito riservato dall’art. 117, quarto
comma, Cost., alla potesta’ legislativa regionale residuale in
materia di organizzazione interna e di personale. La Regione Puglia
denuncia anche la violazione della competenza statutaria ad essa
attribuita dall’art. 123, primo comma, Cost., in tema di
determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento della Regione.
La stessa Regione Puglia deduce poi che il comma denunciato,
imponendo un vincolo di destinazione agli eventuali risparmi di spesa
disposti dal legislatore regionale, impedisce alla Regione di gestire
le risorse di cui dispone stabilendone autonomamente la destinazione,
cosi’ violando anche l’art. 119 Cost. e, «sia pure in modo indiretto
[…] quel principio […] che vieta l’istituzione di fondi vincolati
nella destinazione in materie che risultino estranee agli ambiti di
competenza legislativa esclusiva dello Stato».
Sempre ad avviso della Regione Puglia, il comma 1 dell’art. 5 si
porrebbe altresi’ «in aperto contrasto con la giurisprudenza di
questa Corte la quale esclude che lo Stato possa esercitare la
propria competenza in materia di "coordinamento della finanza
pubblica" imponendo vincoli puntuali su specifiche voci di spesa»,
perche’ destina gli eventuali risparmi sulla spesa specificamente
destinata al trattamento economico degli organi di cui all’art. 121
Cost. ad un particolare capitolo del bilancio statale.
Le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, nei loro ricorsi
testualmente identici, lamentano che il denunciato comma 1 dell’art.
5 si pone in contrasto con gli artt. 3, 97, 117, 118 e 119 Cost.
Le ricorrenti premettono non essere chiaro se la disposizione
intenda vincolare le Regioni a ridurre le indennita’ dei titolari
degli organi politici o se essa stabilisca semplicemente la
destinazione delle risorse corrispondenti alle riduzioni
eventualmente disposte dalle Regioni nella loro autonomia.
Nel primo caso sarebbe evidente la violazione dell’art. 117,
terzo comma, Cost., perche’ lo Stato, prevedendo un vincolo puntuale
a una specifica voce di spesa, avrebbe posto una disciplina di
dettaglio nella materia concorrente del coordinamento della finanza
pubblica e del sistema tributario.
Nel secondo caso, ove si intendesse la disposizione impugnata
come non vincolante quanto all’an della riduzione di spesa, sarebbe
comunque violato l’art. 119 Cost. Secondo la ricorrente, con la norma
censurata «si applica un meccanismo contrario a quello previsto
dall’art. 119 della Costituzione: anziche’ essere lo Stato a
finanziare le Regioni, si obbligano le Regioni a finanziare lo Stato
mediante gli stessi fondi che in attuazione della Costituzione lo
Stato assegna alle Regioni». L’assegnazione delle risorse risparmiate
ad un fondo statale obbligherebbe, in effetti, le Regioni a
finanziare lo Stato con «risorse che provengono dalle entrate
generali della Regione» e che sarebbero «"avocate" dallo Stato senza
altra ragione che la circostanza che la Regione spende di meno per
una specifica voce di spesa».
Il denunciato comma 1, violerebbe inoltre, sempre ad avviso delle
Regioni Liguria ed Emilia-Romagna, da un lato, i principi
costituzionali di buon andamento dell’amministrazione e di
ragionevolezza – riconducibili agli artt. 3 e 97 Cost. -, perche’ la
devoluzione del risparmio al bilancio statale «evidentemente lo
disincentiva»; dall’altro, l’art. 118 Cost., giacche’ impedirebbe
alle Regioni di utilizzare le risorse corrispondenti alle riduzioni
di costo per finalita’ individuate nell’ambito della propria
autonomia organizzativa.
2.- Il comma 4 dell’art. 5 e’ impugnato dalla sola Regione Puglia
che ne denuncia il contrasto con l’art. 117, quarto comma, Cost. e,
in via subordinata, con l’art. 122, primo comma, Cost.
La disposizione denunciata stabilisce che, a decorrere dal primo
rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, del
Parlamento europeo e dei Consigli regionali successivo alla data di
entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, l’importo di un
euro, previsto dall’art. 1, comma 5, primo periodo, dalla legge 3
giugno 1999, n. 157 (Nuove norme in materia di rimborso delle spese
per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle
disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e
partiti politici) ? cioe’ l’importo che, moltiplicato per il numero
dei cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della
Camera dei deputati, costituisce ciascuno dei quattro fondi destinati
al rimborso delle spese sostenute dai movimenti o partiti politici
per le campagne elettorali per il rinnovo dei suddetti organi ? e’
ridotto del dieci per cento e, contestualmente, dispone l’abrogazione
del comma 6, quarto periodo, del citato art. 1 della legge n. 157 del
1999 (il quale prevedeva che il versamento delle quote annuali dei
rimborsi fosse effettuato anche in caso di scioglimento anticipato
delle Camere del Parlamento). Il comma impugnato e’ censurato nella
parte in cui determina la riduzione del rimborso delle spese
elettorali sostenute dai movimenti o partiti politici per le compagne
per il rinnovo dei Consigli regionali.
In proposito, la Regione Puglia non nega che la legge statale n.
157 del 1999 – pur in un quadro di competenze profondamente mutato
per effetto delle leggi costituzionali 22 novembre 1999, n. 1
(Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della
Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni) e 18 ottobre
2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della
Costituzione) – dispiega tuttora la propria efficacia normativa in
forza del principio di continuita’, ma ritiene che lo Stato abbia
ormai perduto la competenza a modificare la disciplina delle elezioni
degli organi regionali «e che tale competenza spetti ora alla
Regione», a titolo di potesta’ residuale. Di qui la violazione
dell’art. 117, quarto comma, Cost.
In via subordinata, la ricorrente deduce che, quand’anche la
disposizione impugnata fosse ricondotta alla competenza legislativa
statale a stabilire i principi fondamentali sul «sistema di elezione
[…] del Presidente e degli altri componenti della Giunta, nonche’
dei consiglieri regionali» (art. 122, primo comma, Cost.), essa
contrasterebbe comunque con detto art. 122, primo comma, Cost. per il
carattere dettagliato della disciplina introdotta.
3.- Il comma 5 dell’art. 5 e’ impugnato dalla Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste e dalla Regione Puglia per violazione
degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. (applicabili alla Regione
Valle d’Aosta in virtu’ della clausola di maggior favore di cui
all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001). La Regione
Puglia ne lamenta il contrasto anche con l’art. 117, quarto comma,
Cost.; la Regione Valle d’Aosta, con l’art. 3, primo comma, lettera
f), dello proprio statuto speciale.
La disposizione oggetto di censura dispone che, ferme le
incompatibilita’ previste dalla normativa vigente, nei confronti dei
titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico
conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3
dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di
contabilita’ e finanza pubblica) – e cioe’ le amministrazioni
inserite nel conto economico consolidato, elencate ogni anno
dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) – inclusa la
partecipazione a organi collegiali di qualsiasi tipo, «puo’ dar luogo
esclusivamente al rimborso delle spese sostenute». La medesima
disposizione stabilisce, altresi’, che «eventuali gettoni di presenza
non possono superare l’importo di 30 euro a seduta».
Entrambe le ricorrenti lamentano che il divieto di corrispondere
indennita’ in favore dei titolari di cariche elettive per le
prestazioni svolte su incarico delle pubbliche amministrazioni
indicate nell’elenco predisposto dall’ISTAT delle pubbliche
amministrazioni inserite nel conto economico consolidato (Comunicato
ISTAT 24 luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica 24 luglio 2010, n. 171) viola i limiti imposti dall’art.
117, terzo comma, Cost. alla competenza statale in materia di
coordinamento della finanza pubblica, per il carattere esaustivo e
dettagliato del vincolo introdotto. La norma denunciata non si
limita, infatti, a fissare un limite complessivo di spesa, ne’ a
porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica che
salvaguardino le scelte di allocazione delle Regioni, ma impone, per
perseguire tali obiettivi, strumenti specifici e infungibili,
illegittimamente limitando, in tal modo, anche l’autonomia
finanziaria regionale di spesa riconosciuta dall’art. 119 Cost.
La Regione Puglia deduce che l’impugnato comma 5 dell’art. 5 del
decreto-legge n. 78 del 2010 lede anche l’art. 117, quarto comma,
Cost., perche’ invade un ambito di disciplina riservato alla
competenza residuale regionale in materia di organizzazione
amministrativa e ordinamento del personale della Regione.
La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste formula
un’ulteriore censura, lamentando la violazione dell’art. 3, primo
comma, lettera f), del proprio statuto speciale di autonomia, il
quale attribuisce alla Regione la potesta’ di legiferare in materia
di «finanze regionali e comunali» al fine di adattare la disciplina
di fonte statale alle «circostanze regionali», nel rispetto dei
principi individuati da leggi statali. Secondo la ricorrente, la
competenza di cui alla predetta previsione statutaria – «letta alla
luce dei novellati articoli 117, comma 3, e 119, comma 2, Cost.» –
non sarebbe piu’ meramente suppletiva rispetto a quella statale, ma
potrebbe ormai essere esercitata nel rispetto dei soli principi di
coordinamento fissati dallo Stato. Il comma impugnato, secondo la
Regione Valle d’Aosta, non esprime tuttavia norme di principio, ma
priva la Regione di qualunque valutazione in ordine all’an ed al
quomodo della corresponsione di indennita’ ai titolari di cariche
elettive e preclude l’adeguamento della produzione legislativa
regionale alle specifiche condizioni della Regione.
4.- La Regione Puglia ha infine impugnato l’ultimo periodo del
comma 7 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010, per violazione
degli articoli 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost.
La disposizione censurata prevede che «Agli amministratori di
comunita’ montane e di unioni di comuni e comunque di forme
associative di enti locali aventi per oggetto la gestione di servizi
e funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni,
gettoni e indennita’ o emolumenti in qualsiasi forma siano essi
percepiti».
Secondo la ricorrente, la disciplina delle comunita’ montane e
delle unioni di comuni spetta alle Regioni a titolo di competenza
residuale ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. La disposizione
impugnata non sarebbe, dunque, ascrivibile alla potesta’ legislativa
esclusiva statale in materia di «organi di governo e funzioni
fondamentali di Comuni, Province e Citta’ metropolitane» (art. 117,
secondo comma, lettera p, Cost.), perche’ il riferimento a «Comuni,
Province e Citta’ metropolitane» ha carattere tassativo e non e’
estensibile alle comunita’ montane; e neppure alla competenza statale
in materia di «coordinamento della finanza pubblica» (art. 117, terzo
comma, Cost.), perche’ introduce vincoli puntuali relativi a singole
voci di spesa ed e’ formulata in termini tali da escluderne il
carattere transitorio. Proprio per questo suo contenuto minutamente
regolativo, il denunciato ultimo periodo del comma 7 dell’art. 5
violerebbe anche l’autonomia finanziaria della Regione garantita
dall’art. 119 Cost.
5.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni proposte siano dichiarate
inammissibili e, comunque, infondate.
5.1.- In via preliminare la difesa erariale eccepisce la
tardivita’ dei ricorsi, in quanto essi sono stati proposti avverso
disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2010 che non sono state
modificate in sede di conversione e che, pertanto, avrebbero dovuto
essere impugnate immediatamente – nei termini dell’art. 127 Cost. –
senza attendere la conversione in legge.
5.2.- Nel merito, premesso che l’impugnato decreto-legge n. 78
del 2010 e’ stato adottato nel pieno di una grave crisi economica
internazionale per assicurare la stabilita’ finanziaria dell’Italia,
l’Avvocatura dello Stato lo riconduce alla competenza statale in
materia di coordinamento della finanza pubblica. Tutte le
disposizioni denunciate, in questa prospettiva, sarebbero espressione
di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica.
5.3.- Per quanto specificamente attiene all’impugnazione del
comma 1 dell’art. 5, la difesa erariale sostiene che esso rimette
all’autonoma valutazione delle Regioni le riduzioni del trattamento
economico spettante ai componenti degli organi regionali e, pertanto,
non influisce in alcun modo sull’organizzazione interna degli enti
territoriali ne’ puo’ ledere la loro potesta’ statutaria o la loro
autonomia finanziaria. L’assegnazione al Fondo per l’ammortamento dei
titoli di Stato – secondo la difesa del Presidente del Consiglio dei
ministri – resta assorbita dalla volontaria determinazione assunta
dalla Regione in ordine al presupposto economico di tale assegnazione
(la riduzione delle spese), e non costituisce, quindi, un vincolo
autonomo e distinto. In definitiva, la disposizione denunciata
imporrebbe ai vari enti costitutivi della Repubblica un «dovere di
comportamento, coerente con le esigenze superiori della Comunita’
nazionale»; un dovere di «concorso al pubblico bene ed interesse» che
troverebbe fondamento nei principi della solidarieta’ politica,
economica e sociale (art. 2 Cost.), dell’eguaglianza economica e
sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell’unitarieta’ della
Repubblica (art. 5 Cost.) e della responsabilita’ internazionale
dello Stato (art. 10 Cost.), e nei principi correlati del concorso di
tutti alle spese pubbliche (art. 53 Cost.), della pari dignita’ degli
enti territoriali (art. 114 Cost.), del «fondo perequativo» (art. 119
Cost.), della tutela dell’unita’ giuridica ed economica (art. 120
Cost.) e degli altri doveri espressi dalla Costituzione (sono citati
gli articoli da 41 a 47, 52, 54 Cost.).
5.4.- Anche le altre tre disposizioni impugnate si ispirano –
sempre ad avviso della difesa statale – «alla medesima ratio della
salus rei publicae» e trovano fondamento nei gia’ richiamati principi
di solidarieta’, unita’ e responsabilita’. Esse sarebbero, in
concreto, ascrivibili alla potesta’ legislativa statale di
determinazione dei principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica.
5.5.- In replica all’impugnazione del comma 4 dell’art. 5, il
resistente Presidente del Consiglio dei ministri deduce, in
particolare, che la norma denunciata non tocca alcuna disposizione
regionale, ma si limita a intervenire su una legge statale che, pur
se approvata nella vigenza di regole distributive della competenza
legislativa diverse da quelle attuali, resta modificabile dallo
Stato.
5.6.- Riguardo al comma 5 dell’art. 5, la difesa dello Stato
assume che detto comma non riguarda le strutture amministrative, ma
solo quelle politiche e di governo, perche’ prevede una particolare
ipotesi di incompatibilita’ per i titolari di cariche elettive, e
pertanto puo’ essere considerato un principio fondamentale della
materia elettorale e ricondotto alla competenza statale di cui
all’art. 122, primo comma, Cost. In ogni caso, la disposizione
impugnata esprimerebbe anche un principio di coordinamento della
finanza pubblica avente il suo fondamento nei principi di
«solidarieta’, unitarieta’ e responsabilita’, sanciti dalla prima
parte della Costituzione», e come tale sarebbe autorizzata ad
incidere sulla competenza legislativa residuale regionale in materia
di organizzazione e funzionamento della Regione.
In replica alle doglianze mosse dalla Regione Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste sul medesimo comma 5, l’Avvocatura dello Stato
riconosce che gli enti territoriali ad autonomia differenziata
debbono concorrere al conseguimento degli obiettivi di finanza
pubblica con modalita’ proprie, ma afferma che l’eccezionale urgenza
di far fronte a una gravissima crisi finanziaria consente di derogare
«anche alle procedure statutarie, come alle altre sinanco
costituzionali, in ragione dell’esigenza di salvaguardare la salus
rei publicae e in applicazione dei principi costituzionali
fondamentali della solidarieta’ economica e sociale (art. 2),
dell’unita’ della Repubblica (art. 5) e della responsabilita’
internazionale dello Stato (art. 10)».
5.7.- Quanto, infine, all’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 5,
la difesa dello Stato rileva che esso riguarda il compenso degli
amministratori delle comunita’ montane e di altre unioni di comuni e
costituisce, percio’, il mezzo per pervenire a ridurre a regime la
spesa corrente per il funzionamento delle medesime.
6.- In prossimita’ dell’udienza pubblica fissata per l’8 giugno
2011, l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memorie
illustrative in relazione a tutti i ricorsi, con l’eccezione di
quello iscritto al n. 96 del 2010 proposto dalla Regione autonoma
Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste.
Con tali memorie, di analogo contenuto, la difesa erariale
insiste nelle conclusioni rassegnate negli atti di costituzione. La
difesa dello Stato riafferma, in particolare, la legittimita’ di
interventi che, «pur derogatori all’ordine normale delle competenze»,
trovano fondamento nell’esigenza di salvaguardare, necessariamente ed
indifferibilmente, «il fondamento stesso dello Stato», minacciato
dalla recente crisi economica mondiale.
7.- In prossimita’ della medesima udienza pubblica dell’8 giugno
2011, anche le ricorrenti hanno depositato memorie difensive.
7.1.- In via preliminare, la Regione Puglia deduce l’infondatezza
dell’eccezione di inammissibilita’ dei ricorsi per tardivita’, in
quanto proposti avverso norme della legge di conversione di contenuto
identico rispetto a quelle contenute nel decreto-legge oggetto di
conversione. La ricorrente richiama al riguardo numerose pronunce
della Corte costituzionale che avrebbero riconosciuto la
tempestivita’ dell’impugnazione della legge di conversione, ancorche’
non modificativa del decreto-legge convertito.
Ancora in via preliminare, la Regione autonoma Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste ha affermato che, a seguito della sopravvenuta
entrata in vigore della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato –
legge di stabilita’ 2011), il suo concorso agli obiettivi di finanza
pubblica ha luogo, ormai, mediante le misure da definire mediante
accordi con lo Stato. La ricorrente menziona, al riguardo, i seguenti
due tipi di accordo: a) quello con il Ministro dell’economia e delle
finanze, ai sensi dell’art. 1, comma 132, della legge n. 220 del
2010, secondo cui: «Per gli esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a
statuto speciale, escluse la regione Trentino-Alto Adige e le
province autonome di Trento e di Bolzano, concordano, entro il 31
dicembre di ciascun anno precedente, con il Ministro dell’economia e
delle finanze il livello complessivo delle spese correnti e in conto
capitale, nonche’ dei relativi pagamenti, in considerazione del
rispettivo concorso alla manovra, determinato ai sensi del comma 131
[…]. In caso di mancato accordo, si applicano le disposizioni
stabilite per le regioni a statuto ordinario»; b) quello, gia’
concluso, con il Ministro per la semplificazione normativa, «nel
rispetto» dei commi 160 e seguenti della stessa legge n. 220 del
2010. Alla luce di tale normativa, la Regione ricorrente sostiene che
la disposizione impugnata non e’ ad essa applicabile, perche’
introduce una misura volta ad assicurare il concorso delle Regioni
agli obiettivi di finanza pubblica senza essere stata pattuita
mediante i menzionati accordi. La difesa regionale, peraltro,
nell’ipotesi in cui i vincoli di contenimento della spesa pubblica
posti alle norme statali impugnate fossero ritenuti applicabili alla
Regione, ne denuncia l’illegittimita’ costituzionale per violazione
del principio di leale collaborazione.
7.2.- Nel merito, e con generale riferimento a tutte le censure
proposte, la Regione Puglia osserva che pure in momenti di incombente
pericolo per lo Stato devono essere adottati atti conformi alle
competenze costituzionali, non essendo configurabile un «potere
generale di emergenza», ma solo «competenze ordinarie» e un potere
sostitutivo straordinario dello Stato inteso a rimediare
all’eventuale inerzia regionale.
7.3.- In ordine alle singole disposizioni impugnate, le Regioni
Liguria ed Emilia-Romagna sottolineano la contraddittorieta’ delle
affermazioni della difesa statale in ordine all’interpretazione del
comma 1 dell’art. 5 atteso che l’Avvocatura dello Stato, da un canto,
afferma che le riduzioni di spesa previste da tale comma 1 sono
rimesse all’autonoma valutazione della Regione, dall’altro, sostiene
che la disposizione denunciata pone un «dovere di comportamento», che
fonda su numerose norme costituzionali «per lo piu’ prive in realta’
di qualsiasi legame con l’oggetto della norma impugnata»; norme
costituzionali che, nota la difesa della Regione Puglia, sarebbero
talora idonee a fornire, piuttosto, argomenti a sostegno delle
censure regionali (come, in particolare, nel caso del richiamo al
fondo perequativo, destinato a operare a beneficio delle Regioni e
non a loro detrimento). In ogni caso – ad avviso delle Regioni
Liguria, Emilia-Romagna e Puglia – anche a ritenere che la
disposizione impugnata non abbia carattere cogente quanto all’an
delle riduzioni di spesa, essa sarebbe comunque illegittima, perche’
preclude alle Regioni di utilizzare le risorse risparmiate per scopi
diversi dall’assegnazione al fondo statale, ponendo, quindi, un
vincolo di destinazione autonomo ed improprio. Le ricorrenti Regioni
Liguria, Emilia-Romagna e Puglia ricordano, infine, che una norma
statale in tutto analoga a quella impugnata – che riduceva del 10% le
indennita’ corrisposte ai titolari degli organi politici regionali –
e’ stata dichiarata incostituzionale con la sentenza della Corte
costituzionale n. 157 del 2007 e ne desumono che anche la norma
impugnata non e’ qualificabile come principio fondamentale di
coordinamento della finanza pubblica.
7.4.- Quanto al comma 4 dell’art. 5, la difesa della ricorrente
Regione Puglia ribadisce che tale comma non esprime un principio di
coordinamento della finanza pubblica, perche’ pone limiti puntuali,
disciplina in modo esaustivo strumenti e modalita’ necessari al
perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e non ha carattere
transitorio, visto che la sua decorrenza dal primo rinnovo dei
Consigli regionali indica il dies a quo dell’efficacia della
normativa, non certo il termine finale di essa.
7.5.- Riguardo al comma 5 dell’art. 5, la Regione Puglia
sottolinea che non vale osservare, come fa la difesa erariale, che la
norma impugnata pone una regola uguale per tutta la pubblica
amministrazione, dal momento che, in base al riparto di competenze
costituzionalmente stabilito, lo Stato non ha una competenza generale
per tutte le pubbliche amministrazioni.
7.6.- Quanto all’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 5, infine,
la ricorrente Regione Puglia ribadisce il carattere puntuale del
vincolo di spesa da esso imposto.
8.- Con decreto del 26 maggio 2011, il Presidente della Corte
costituzionale ha disposto il rinvio a nuovo ruolo di tutte le
questioni oggetto dei presenti giudizi, fissandone poi la
trattazione, con decreto del 21 giugno 2011, nell’udienza pubblica
del 23 novembre 2011.
9.- In prossimita’ di tale udienza, la difesa dello Stato ha
depositato ulteriori memorie in relazione a tutti i ricorsi (con la
sola eccezione di quello iscritto al n. 96 del 2010 proposto dalla
Regione Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste).
La difesa dello Stato ribadisce che l’impugnato comma 1 dell’art.
5 del decreto-legge n. 78 del 2010 «si limita a demandare ogni
decisione sull’entita’ della riduzione alle stesse Regioni, non
ledendo alcuna autonomia, ma implicitamente richiamandosi ai principi
di solidarieta’ nazionale (art. 2 Cost.) e di perequazione delle
risorse». L’appartenenza alla medesima comunita’ nazionale, secondo
il Presidente del Consiglio dei ministri, legittimerebbe
l’aspettativa di un comune sforzo per fronteggiare la crisi in atto e
la destinazione dei risparmi realizzati al Fondo finalizzato a
contenere «il maggior fattore di rischio e di instabilita’,
rappresentato dall’entita’ del debito pubblico».
Quanto ai commi 4, 5 e 7, ultimo periodo, del medesimo art. 5,
l’Avvocatura dello Stato insiste nel sostenere la non fondatezza
delle censure, affermando che tali disposizioni rientrano negli
ambiti riservati alla competenza legislativa statale, in quanto o
riguardano la modifica di leggi statali (comma 4), o attengono
all’ordinamento civile (comma 5) o costituiscono il mezzo per
contenere la spesa corrente per il funzionamento delle comunita’
montane (comma 7, ultimo periodo).
10.- In prossimita’ dell’udienza pubblica del 23 novembre 2011
anche le Regioni Liguria ed Emilia-Romagna hanno depositato ulteriori
memorie.
10.1.- Le due Regioni, con atti difensivi di identico contenuto,
insistono nella richiesta di accoglimento della questione proposta
sul comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010, osservando
che, ove «persino il trattamento economico dei politici regionali
potesse essere considerato un "rilevante aggregato della spesa", cio’
in pratica vanificherebbe il divieto – fissato nella giurisprudenza
costituzionale – dei limiti alle voci minute di spesa».
11.- Con decreti del 10 novembre 2011 il Presidente della Corte
costituzionale ha disposto il rinvio delle questioni promosse con i
ricorsi n. 96 del 2010 e n. 107 del 2010 (limitatamente
all’impugnazione del comma 5 dell’art. 5) all’udienza pubblica dell’8
maggio 2012 e l’anticipazione della discussione delle questioni
promosse con i ricorsi n. 102 del 2010, n. 106 del 2010 e n. 107 del
2010 (limitatamente all’impugnazione dei commi 1, 4 e 7, ultimo
periodo, dell’art. 5) all’udienza pubblica del 22 novembre 2011.
Con successivo decreto del 24 novembre 2011, il Presidente della
Corte costituzionale ha disposto il rinvio della discussione anche
delle questioni promosse con i ricorsi n. 102, n. 106 e n. 107 del
2010 (limitatamente all’impugnazione dei commi 1, 4 e 7, ultimo
periodo, dell’art. 5) all’udienza pubblica dell’8 maggio 2012.
12.- In prossimita’ dell’udienza pubblica dell’8 maggio 2012, le
Regioni Emilia-Romagna e Liguria hanno presentato ulteriori memorie.
Le due Regioni, con atti di contenuto analogo, hanno rinnovato la
richiesta di accoglimento dei propri ricorsi, segnalando alla Corte
le novita’ intervenute medio tempore in relazione alle norme
impugnate; novita’ che non hanno, tuttavia, interessato l’impugnato
art. 5.
13.- In prossimita’ dell’udienza pubblica dell’8 maggio 2012,
anche il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato una
memoria in relazione a tutti i ricorsi, con l’eccezione di quello
iscritto al n. 96 del 2010 proposto dalla Regione Valle
d’Aosta/Vallee d’Aoste.
La difesa dello Stato ribadisce anzitutto che le disposizioni
impugnate rientrano nella competenza statale in tema di
determinazione dei principi di coordinamento della finanza pubblica.
D’altro canto, la stessa Avvocatura generale dello Stato deduce che,
in considerazione della grave crisi economica internazionale, tale da
porre in pericolo il fondamento stesso dello Stato – tanto che il
Governo ha adottato in via di urgenza, sentite le parti sociali e le
Regioni, altre quattro manovre economico-finanziarie, in aggiunta
alle ordinarie leggi di stabilita’ (il decreto-legge 6 luglio 2011,
n. 98, recante «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria», il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 98, recante
«Ulteriori disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria e
per lo sviluppo», il decreto-legge 18 dicembre 2011, n. 2011, recante
«Disposizioni urgenti per la crescita, l’equita’ e il consolidamento
dei conti pubblici» ed il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,
recante «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitivita’») – quest’ultimo puo’ «intervenire
legislativamente in ogni materia» nell’adempimento del «dovere
costituzionale di preservare prima di tutto il sistema, attuando in
via immediata tutte le misure necessarie, senza attendere i tempi e
le procedure ordinarie, in ossequio al principio salus rei publicae
suprema lex esto». Interventi straordinari e temporanei che non
avrebbero potuto essere altrimenti assicurati con la necessaria
tempestivita’ ed omogeneita’. Anche la dottrina avrebbe riconosciuto
che il valore tutelato dall’art. 77 Cost., consistente nella tutela
della collettivita’ e dell’ordinamento rispetto alle emergenze,
dovrebbe prevalere sul valore «strettamente formale» del rispetto
delle competenze legislative di Stato e Regioni sancito dall’art. 117
Cost. In conclusione, sempre ad avviso della difesa erariale, la
straordinaria necessita’ ed urgenza menzionata all’art. 77 Cost. puo’
giustificare una deroga alle competenze legislative quando
quest’ultima sia finalizzata ad assicurare tempestivita’ ed
uniformita’, altrimenti non conseguibili, di interventi normativi
miranti alla «salvezza dello Stato nel suo complesso e rispettosi
degli altri principi fondamentali della Costituzione».
In relazione alle singole censure, la difesa dello Stato
ribadisce quanto gia’ esposto nei propri precedenti atti difensivi.

Considerato in diritto

1.- La Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste (r.r. n. 96
del 2010), la Regione Liguria (r.r. n. 102 del 2010), la Regione
Emilia-Romagna (r.r. n. 106 del 2010) e la Regione Puglia (r.r. n.
107 del 2010) hanno promosso questioni di legittimita’ costituzionale
di numerose disposizioni del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78
(Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di
competitivita’ economica), convertito, con modificazioni, dalla legge
30 luglio 2010, n. 122.
Riservata a separate pronunce la decisione sull’impugnazione
delle altre disposizioni contenute nel suddetto decreto-legge n. 78
del 2010, debbono essere qui esaminate le questioni di legittimita’
costituzionale aventi ad oggetto l’art. 5, commi 1, 4, 5 e 7, ultimo
periodo, del medesimo decreto, proposte in riferimento: a) agli artt.
3, 97, 117, 118, 119, 122 e 123 della Costituzione; b) all’art. 3,
primo comma, lettera f), dello statuto della Regione autonoma Valle
d’Aosta (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, recante
«Statuto speciale per la Valle d’Aosta»).
2.- In considerazione della parziale identita’ delle norme
impugnate e delle censure proposte con i suddetti ricorsi, i giudizi,
come sopra delimitati, devono essere riuniti per essere trattati
congiuntamente e decisi con un’unica pronuncia.
3.- La difesa del Presidente del Consiglio dei ministri ha
eccepito in via preliminare la tardivita’ di tutti i ricorsi, in
quanto proposti avverso disposizioni della legge di conversione gia’
contenute, nell’identico testo, nel decreto-legge n. 78 del 2010 e
non impugnate tempestivamente.
L’eccezione va rigettata.
I ricorsi hanno ad oggetto disposizioni del decreto-legge n. 78
del 2010 non modificate in sede di conversione e impugnate solo dopo
la pubblicazione della legge di conversione. Cio’ non comporta,
tuttavia, che le impugnazioni siano tardive. E’, infatti, principio
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che la Regione,
qualora si ritenga lesa nelle proprie competenze costituzionali da un
decreto-legge, puo’ impugnarlo nei termini previsti dall’art. 127
Cost. (con il rischio, pero’, che l’iniziativa di investire la Corte
resti vanificata dall’eventualita’ di una mancata conversione) oppure
riservarsi di impugnare la sola legge di conversione, che rende
permanente e definitiva la normativa precariamente dettata con il
decreto-legge. La conversione in legge, infatti, ha l’effetto di
reiterare, con la novazione della fonte, la lesione da cui deriva
l’interesse a ricorrere della Regione (sentenze n. 232 del 2011, n.
430 del 2007, n. 383 e n. 62 del 2005, n. 287 e n. 272 del 2004).
4.- Il decreto-legge n. 78 del 2010, nell’adottare misure intese
a stabilizzare la finanza pubblica e a favorire lo sviluppo della
competitivita’ economica, dedica il suo Capo II alla «Riduzione del
costo degli apparati politici ed amministrativi» e detta, con
l’impugnato art. 5, una disciplina relativa a economie di spesa
«negli Organi costituzionali, di governo e negli apparati politici».
Le ricorrenti lamentano che le previsioni contenute nei commi 1, 4, 5
e 7, ultimo periodo, di tale articolo ledono le loro competenze
legislative e amministrative e la loro autonomia finanziaria,
violando cosi’ gli evocati parametri.
Al riguardo, la difesa dello Stato ha affermato che le norme
impugnate trovano giustificazione nell’esigenza di far fronte con
urgenza ad una gravissima crisi finanziaria che mette in pericolo la
stessa salus rei publicae. La gravita’ della situazione consentirebbe
allo Stato, sempre ad avviso della parte resistente, di derogare alle
regole costituzionali di riparto delle competenze legislative tra
Stato e Regioni e di «intervenire legislativamente in ogni materia»,
in ottemperanza ai doveri espressi dalla Costituzione ed in
applicazione dei principi costituzionali fondamentali della
solidarieta’ economica e sociale (art. 2 Cost.), dell’uguaglianza
economica e sociale (art. 3, secondo comma, Cost.), dell’unita’ della
Repubblica (art. 5 Cost.), della responsabilita’ internazionale dello
Stato (art. 10 Cost., dell’appartenenza all’Unione europea (art. 11
Cost.), del concorso di tutti alle spese pubbliche (art. 53 Cost.),
di sussidiarieta’ (art. 118 Cost.), della responsabilita’ finanziaria
(art. 119 Cost.) e della tutela dell’unita’ giuridica ed economica
(art. 120 Cost.).
Tale assunto non puo’ essere condiviso. Le norme costituzionali
menzionate dalla parte resistente, infatti, non attribuiscono allo
Stato il potere di derogare al riparto delle competenze fissato dal
Titolo V della Parte II della Costituzione, neppure in situazioni
eccezionali. In particolare, il principio salus rei publicae suprema
lex esto non puo’ essere invocato al fine di sospendere le garanzie
costituzionali di autonomia degli enti territoriali stabilite dalla
Costituzione. Lo Stato, pertanto, deve affrontare l’emergenza
finanziaria predisponendo rimedi che siano consentiti
dall’ordinamento costituzionale.
5.- Il comma 1 dell’art. 5 – impugnato dalle Regioni Liguria,
Emilia-Romagna e Puglia – prevede che, per gli anni dal 2011 al 2013,
sono destinati al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui
al d.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398 (Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di debito pubblico), «gli
importi corrispondenti alle riduzioni di spesa che verranno
deliberate dalle Regioni, con riferimento ai trattamenti economici
degli organi indicati nell’art. 121 della Costituzione», cioe’ il
Consiglio regionale, la Giunta ed il suo Presidente.
La disposizione, interpretata nel senso che impone alle Regioni
di deliberare riduzioni relative a una specifica voce di spesa, e’
denunciata per contrasto con il terzo comma dell’art. 117 Cost.,
perche’ reca una disciplina di dettaglio nella materia concorrente
del coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario
(r.r. n. 102 e n. 106 del 2010). La medesima disposizione, anche se
interpretata nel senso di non imporre alle Regioni le predette
riduzioni di spesa, e’ comunque ritenuta in contrasto con: a) gli
artt. 117 e 118 Cost., perche’ impedisce alla Regione di utilizzare
liberamente le risorse corrispondenti alle riduzioni di costo «per
altri scopi, da essa individuati nell’esercizio della propria
autonomia organizzativa e delle proprie competenze di settore» (r.r.
n. 102 e n. 106 del 2010); b) l’art. 119 Cost., in quanto
l’assegnazione delle risorse risparmiate ad un fondo statale obbliga
le Regioni a finanziare lo Stato «con risorse che provengono dalle
entrate generali della Regione», violando cosi’ l’autonomia
finanziaria regionale di spesa (r.r. n. 102, n. 106 e n. 107 del
2010); c) gli artt. 117, quarto comma, e 123, primo comma, Cost.,
perche’, intervenendo sulla disciplina del trattamento economico dei
componenti degli organi politici regionali, invade gli ambiti
riservati alla potesta’ legislativa regionale residuale in materia di
organizzazione interna e di personale nonche’ alla competenza
statutaria a determinare i principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento della Regione (r.r. n. 107 del 2010); d) gli artt. 3 e
97 Cost., espressivi dei principi di ragionevolezza e di buon
andamento dell’amministrazione, perche’ la devoluzione delle somme
risparmiate al bilancio statale «evidentemente […] disincentiva» il
risparmio (r.r. n. 102 e n. 106 del 2010).
5.1.- Le questioni promosse dalle Regioni Liguria ed
Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost. sono
inammissibili.
Questa Corte ha piu’ volte affermato che nei giudizi in via
principale le Regioni sono legittimate a censurare le leggi dello
Stato esclusivamente in base a parametri relativi al riparto delle
rispettive competenze e possono evocare altri parametri soltanto ove
la violazione di questi comporti una compromissione delle
attribuzioni regionali costituzionalmente garantite (ex plurimis,
sentenze n. 128 e n. 33 del 2011; n. 52 del 2010; n. 237 del 2009; n.
289 e n. 216 del 2008).
Tale circostanza non ricorre nel caso di specie, in quanto la
violazione dei principi di ragionevolezza e di buon andamento della
pubblica amministrazione – che, secondo le ricorrenti, si sarebbe
prodotta perche’ la disposizione impugnata, riassegnando gli importi
corrispondenti ai risparmi di spesa deliberati dalle Regioni al Fondo
per l’ammortamento dei titoli di Stato, disincentiverebbe tali
risparmi – non modifica la distribuzione delle competenze
costituzionali tra Stato e Regioni.
5.2.- Le questioni promosse dalle Regioni Liguria ed
Emilia-Romagna in riferimento agli artt. 117 e 118 Cost., dalle
Regioni Liguria, Emilia-Romagna e Puglia in riferimento all’art. 119
Cost. e dalla Regione Puglia in riferimento agli artt. 117, quarto
comma, e 123, primo comma, Cost., non sono fondate.
5.2.1.- Va premesso, al riguardo, che la disposizione impugnata –
contrariamente a quanto sostenuto in via principale dalle Regioni
Liguria ed Emilia-Romagna – deve essere interpretata non nel senso
che le Regioni hanno l’obbligo di adottare deliberazioni di riduzione
di spesa, ma nel senso che, nel caso in cui dette Regioni,
nell’esercizio della loro autonomia, abbiano deliberato per il
triennio dal 2011 al 2013 tali riduzioni, i risparmi cosi’ ottenuti
«sono riassegnati» al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.
Infatti, detta disposizione non pone espressamente alcun obbligo di
risparmio a carico delle Regioni ed anzi, con l’espressione «verranno
deliberate», sottolinea, mediante l’uso del tempo futuro, la mera
eventualita’ della decisione di risparmio, non quantificato in una
misura minima. Tale interpretazione si armonizza con la previsione
contenuta nel precedente periodo dello stesso comma, nel quale, con
riferimento ad organi costituzionali dotati anch’essi di autonomia di
bilancio (Presidenza della Repubblica, Senato della Repubblica,
Camera dei deputati e Corte costituzionale), viene chiarito che le
riduzioni di spesa «saranno autonomamente deliberate».
5.2.2.- Cosi’ interpretata, la norma impugnata e’ priva di
attitudine lesiva delle competenze statutarie e legislative delle
Regioni. Come visto, infatti, la decisione di risparmiare riguarda il
circoscritto settore del trattamento economico degli organi di cui
all’art. 121 Cost. e consegue all’esercizio di un atto di autonomia,
con il quale la Regione sceglie liberamente se e quanto ridurre la
spesa. E’ percio’ meramente ipotetica e potenziale la limitazione
dell’autonomia di spesa derivante dalla devoluzione allo Stato degli
importi corrispondenti alle riduzioni spontaneamente deliberate.
Tanto piu’ che la destinazione del risparmio all’ammortamento dei
titoli di Stato e’ limitata nel tempo (triennio dal 2011 al 2013) e,
in ogni caso, risponde ad eccezionali e contingenti esigenze di
solidarieta’ politica, economica e sociale, che richiedono il
concorso finanziario di tutte le articolazioni istituzionali e
territoriali della Repubblica, al fine di far fronte alla grave crisi
economico-finanziaria che l’Italia sta attraversando.
6.- Il comma 4 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010 e’
impugnato dalla sola Regione Puglia, nella parte in cui stabilisce
che, a decorrere dal primo rinnovo dei Consigli regionali successivo
alla data di entrata in vigore del decreto-legge medesimo, e’ ridotto
del 10 per cento l’importo previsto a titolo di rimborso delle spese
elettorali nell’art. 1, comma 5, primo periodo, della legge 3 giugno
1999, n. 157 (Nuove norme in materia di rimborso delle spese per le
consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle
disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e
partiti politici).
La ricorrente denuncia il contrasto della disposizione: a) in via
principale, con l’art. 117, quarto comma, Cost., perche’ lo Stato
avrebbe invaso la competenza legislativa residuale della Regione
nella materia elettorale; b) in via subordinata, con l’art. 122,
primo comma, Cost., perche’, ove pure la disciplina impugnata fosse
ricondotta alla potesta’ legislativa concorrente sul «sistema di
elezione […] dei consiglieri regionali», essa comunque non
esprimerebbe alcun principio fondamentale della materia, ma porrebbe
un precetto di minuta regolazione.
6.1.- Le questioni non sono fondate.
6.1.1.- Il rimborso delle spese elettorali sostenute da movimenti
o partiti politici per le elezioni del Consiglio regionale e’
disciplinato dalla citata legge n. 157 del 1999, la quale, all’art. 1
– su cui interviene, modificandolo, l’impugnato comma 4 dell’art. 5
-, riconosce ad essi un rimborso forfetario in relazione alle spese
elettorali sostenute «per le campagne per il rinnovo» anche dei
Consigli regionali. A tale scopo e’ costituito un fondo a carico del
bilancio interno della Camera dei deputati per un importo pari, per
ogni anno di legislatura, alla somma risultante dalla moltiplicazione
di euro 0,90 (cosi’ ridotto per effetto della disposizione censurata)
per il numero degli elettori iscritti nelle liste elettorali per le
elezioni di tale Camera.
6.1.2.- Deve ritenersi che la disciplina censurata sia
riconducibile alla fattispecie prevista dall’art. 122, primo comma,
Cost., secondo cui: «Il sistema di elezione e i casi di
ineleggibilita’ e di incompatibilita’ del Presidente e degli altri
componenti della Giunta regionale, nonche’ dei consiglieri regionali
sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce
anche la durata degli organi elettivi».
Infatti, l’espressione «sistema di elezione» utilizzata nell’art.
122, primo comma, Cost. deve ritenersi comprensiva, nella sua
ampiezza, di tutti gli aspetti del fenomeno elettorale. Essa si
riferisce, quindi, non solo alla disciplina dei meccanismi che
consentono di tradurre in seggi, all’interno di organi elettivi, le
preferenze espresse con il voto dal corpo elettorale (sistema
elettorale in senso stretto, riguardante il tipo di voto e di formula
elettorale e il tipo e la dimensione dei collegi), ma anche alla
disciplina del procedimento elettorale (sentenza n. 196 del 2003),
nonche’ a quella che attiene, piu’ in generale, allo svolgimento
delle elezioni (sistema elettorale in senso ampio).
La materia «sistema di elezione», nel senso ampio ora indicato,
include, percio’, la normativa concernente le campagne elettorali per
il rinnovo dei Consigli regionali ed il rimborso, ove previsto, delle
spese sostenute dai movimenti e partiti politici per tali campagne.
Ne consegue la non fondatezza della censura formulata in via
principale dalla ricorrente in riferimento al quarto comma dell’art.
117 Cost., perche’ in materia la potesta’ legislativa della Regione
non e’ residuale, ma va ricondotta alla competenza concorrente di cui
all’art. 122, primo comma, Cost., da esercitarsi nel rispetto dei
principi fondamentali stabiliti dallo Stato.
6.1.3.- Non e’ fondata neppure la questione promossa in via
subordinata dalla ricorrente Regione Puglia, la quale ha dedotto che,
quand’anche la normativa denunciata fosse riconducibile alla
competenza concorrente di cui all’art. 122, primo comma, Cost., essa
sarebbe comunque illegittima perche’ non detta un principio
fondamentale della materia, ma pone una norma di stretto dettaglio.
In proposito, si e’ gia’ visto che il rimborso forfetario delle
spese sostenute da movimenti o partiti politici per le campagne per
il rinnovo dei Consigli regionali, previsto dalla citata legge n. 157
del 1999, e’ erogato attingendo alle risorse di un fondo posto a
carico del bilancio della Camera dei deputati, la cui entita’ era
stabilita, al momento dell’entrata in vigore della norma impugnata,
nella misura di un euro per ogni elettore iscritto nelle liste
elettorali di tale Camera. Il rimborso viene poi ripartito
nell’ambito delle varie Regioni tra i partiti e movimenti politici
beneficiari.
In tal modo, il legislatore statale ha previsto che il suddetto
rimborso sia effettuato secondo regole uniformi in tutto il
territorio nazionale al fine di assicurare non solo l’uguale liberta’
del voto a tutti gli elettori, a qualunque Regione appartengano (art.
48 Cost.), ma anche la parita’ di trattamento di tutti i movimenti e
partiti politici che partecipano alle competizioni elettorali (art.
49 Cost.). La disciplina relativa all’entita’ del fondo – e quindi
alla misura del rimborso forfetario – non integra, pertanto, una
normativa di dettaglio, ma ha natura di principio fondante del
«sistema di elezione» dei consiglieri regionali, avendo essa
l’obiettivo di garantire l’uguale esercizio dei diritti politici
tutelati dalle indicate disposizioni costituzionali e di evitare
irragionevoli discriminazioni nel godimento degli stessi. Tale
obiettivo sarebbe, infatti, pregiudicato ove si consentisse alle
Regioni di adottare leggi in tema di rimborsi o finanziamenti
dell’attivita’ elettorale regionale, con il conseguente rischio di
disparita’ di accesso alle risorse di provenienza pubblica da parte
dei movimenti politici e dei partiti, in ragione delle diversita’
economiche fra le Regioni, delle scelte da queste operate in materia
e del differente radicamento territoriale delle forze politiche.
In questo quadro si inserisce la normativa denunciata che, in
coerenza con l’indicata ratio della precedente legislazione statale,
si limita a ridurre del 10 per cento l’entita’ del fondo esistente
presso la Camera dei deputati. Ne consegue che il primo periodo del
comma 5 dell’art. 1 della citata legge n. 157 del 1999, quale
modificato dal censurato comma 4 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78
del 2010, costituisce un principio fondamentale del «sistema di
elezione» dei consiglieri regionali, legittimamente posto dallo Stato
ai sensi del primo comma dell’art. 122 Cost. Di qui la non fondatezza
della questione.
7.- Il comma 5 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010 e’
impugnato dalle Regioni Valle d’Aosta e Puglia (rispettivamente, r.r.
n. 96 e n. 107 del 2010). Esso stabilisce che: «Ferme le
incompatibilita’ previste dalla normativa vigente, nei confronti dei
titolari di cariche elettive, lo svolgimento di qualsiasi incarico
conferito dalle pubbliche amministrazioni di cui al comma 3
dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009 n. 196 [cioe’ le
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato],
inclusa la partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo,
puo’ dar luogo esclusivamente al rimborso delle spese sostenute;
eventuali gettoni di presenza non possono superare l’importo di 30
euro a seduta».
La disposizione e’ denunciata per il contrasto con: a) gli artt.
117, terzo comma, e 119 Cost., perche’ stabilisce non un principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, ma un vincolo
puntuale ad una specifica voce di spesa (ricorsi n. 96 e n. 107 del
2010); b) l’art. 117, quarto comma, Cost., perche’ invade l’ambito
riservato alla potesta’ legislativa regionale residuale in materia di
organizzazione amministrativa e di disciplina del personale della
Regione e degli enti ad essa collegati (ricorso n. 107 del 2010).
Secondo la Regione autonoma Valle d’Aosta, il comma denunciato viola
anche l’art. 3, primo comma, lettera f), del proprio statuto – che,
in materia di finanze regionali e comunali, attribuisce alla Regione
la potesta’ di emanare norme di integrazione e di attuazione delle
leggi della Repubblica, per adattarle alle condizioni regionali – il
quale, letto «alla luce dei novellati articoli 117, comma 3 e 119,
comma 2, Cost.» (e, quindi, nel senso che lo Stato puo’ individuare
solo principi fondamentali di coordinamento della finanza regionale e
comunale), esclude la legittimita’ di norme di contenimento della
spesa che, come quella impugnata, hanno carattere di dettaglio e
precludono ogni possibilita’ di adattamento alle condizioni
regionali.
7.1.- Le questioni promosse dalla Regione Puglia in riferimento
agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost. non sono fondate.
Alla disposizione denunciata va infatti riconosciuta,
contrariamente all’assunto della ricorrente, natura di principio
fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, la cui
determinazione spetta allo Stato e dal quale possono legittimamente
derivare limitazioni all’autonomia organizzativa e di spesa delle
Regioni.
7.1.1.- In via preliminare, va osservato che il comma impugnato,
nel richiamare l’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.
196 (Legge di contabilita’ e finanza pubblica), si riferisce
espressamente a tutte le amministrazioni pubbliche inserite nel conto
economico consolidato individuate dall’Istituto nazionale di
statistica (ISTAT) e, quindi, anche alle Regioni e alle Province
autonome (si veda, al riguardo, il comunicato dell’ISTAT del 24
luglio 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica 24
luglio 2010, n. 171).
7.1.2.- Il comma denunciato introduce il principio di gratuita’
di tutti gli incarichi conferiti dalle indicate pubbliche
amministrazioni ai titolari di cariche elettive (inclusa la
partecipazione ad organi collegiali di qualsiasi tipo), in forza del
quale i soggetti che svolgono detti incarichi hanno diritto
esclusivamente al rimborso delle spese sostenute. Lo stesso comma
prevede inoltre che gli «eventuali gettoni di presenza non possono
superare l’importo di 30 euro a seduta».
Detto principio di gratuita’ risponde alla ratio di evitare il
cumulo di incarichi retribuiti e di perseguire in tal modo,
attraverso un risparmio della spesa corrente, l’equilibrio della
finanza pubblica complessiva. L’impugnata normativa e’, pertanto,
espressione di una scelta di fondo, diretta a connotare la disciplina
settoriale degli incarichi conferiti ai titolari delle cariche
elettive e, nel contempo, a ridurre gli oneri della finanza pubblica.
Costituisce, quindi, un principio fondamentale di coordinamento della
finanza pubblica, ascrivibile alla competenza legislativa dello
Stato, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Non osta a tale conclusione la previsione di un limite massimo di
trenta euro a gettone di presenza. L’esiguita’ di tale limite,
infatti, non fa venir meno, nella sostanza, il principio fondamentale
di gratuita’, di cui detta previsione costituisce una non rilevante
eccezione sul piano quantitativo.
7.2.- La Regione autonoma Valle d’Aosta (r.r. n. 96 del 2010)
deduce che la medesima disposizione si pone in contrasto, oltre che
con gli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost. – per gli stessi profili
prospettati dalla Regione Puglia ed esaminati nel punto precedente
(r.r. n. 107 del 2011) – anche con l’art. 3, primo comma, lettera f),
del proprio statuto.
7.2.1.- Preliminarmente, va evidenziato che in ordine a tali
questioni la Regione autonoma Valle d’Aosta, nella memoria depositata
in prossimita’ dell’udienza pubblica dell’8 giugno 2011, ha affermato
che, a seguito della sopravvenuta entrata in vigore della legge 13
dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilita’ 2011), il suo
concorso agli obiettivi di finanza pubblica ha luogo, ormai, con
misure da definire mediante accordi con lo Stato. La ricorrente
menziona, al riguardo, i seguenti due tipi di accordo: a) quello con
il Ministro dell’economia e delle finanze, ai sensi dell’art. 1,
comma 132, della legge n. 220 del 2010, secondo cui: «Per gli
esercizi 2011, 2012 e 2013, le regioni a statuto speciale, escluse la
regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di
Bolzano, concordano, entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente,
con il Ministro dell’economia e delle finanze il livello complessivo
delle spese correnti e in conto capitale, nonche’ dei relativi
pagamenti, in considerazione del rispettivo concorso alla manovra,
determinato ai sensi del comma 131 […]. In caso di mancato accordo,
si applicano le disposizioni stabilite per le regioni a statuto
ordinario»; b) quello con il Ministro per la semplificazione
normativa, ai sensi dei commi 160 e seguenti della stessa legge n.
220 del 2010. Alla luce di tale normativa, la Regione ricorrente
sostiene che la disposizione impugnata non e’ ad essa applicabile,
perche’ introduce una misura volta ad assicurare il proprio concorso
agli obiettivi di finanza pubblica senza che tale misura sia stata
pattuita mediante i menzionati accordi.
In ordine all’accordo indicato sub a), previsto dal comma 132
dell’art. 1 della legge n. 220 del 2010, deve tuttavia osservarsi che
la ricorrente non prova che esso e’ stato concluso.
L’accordo indicato sub b) – in conformita’ a quanto dedotto dalla
ricorrente, che ne ha prodotto in giudizio una copia – risulta,
invece, concluso in data 11 novembre 2010 con il Ministro per la
semplificazione, con la denominazione «Accordo tra lo Stato e la
Regione autonoma Valle d’Aosta per il coordinamento della finanza
pubblica nell’ambito del processo di attuazione del federalismo
fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione». Va,
peraltro, precisato che tale accordo, contrariamente a quanto
affermato in giudizio dalla Regione, non e’ stato concluso «nel
rispetto di quanto previsto» dai commi 160 e seguenti dell’art. 1
della legge n. 220 del 2010 (entrata in vigore il 1° gennaio 2011),
ma in dichiarata applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42
(Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione
dell’articolo 119 della Costituzione), al fine di «modificare
l’ordinamento finanziario della Regione e di definire specifiche
norme di coordinamento finanziario». In attuazione di tale accordo –
il quale prevede che gli obiettivi finanziari in esso pattuiti «sono
approvati con legge ordinaria dello Stato […]» – e’ poi
effettivamente intervenuta la citata legge n. 220 del 2010, la quale,
al comma 160 del suo art. 1, stabilisce che: «Ai sensi del combinato
disposto dell’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e
dell’articolo 50 dello Statuto speciale per la Valle d’Aosta, di cui
alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4, e successive
modificazioni, la regione Valle d’Aosta concorre […]
all’assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti
dall’ordinamento dell’Unione europea e dalle altre misure di
coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa
statale, attraverso le misure previste nell’accordo sottoscritto tra
il Ministro per la semplificazione normativa e il presidente della
regione Valle d’Aosta: a) con la progressiva riduzione della somma
sostitutiva dell’imposta sul valore aggiunto all’importazione a
decorrere dall’anno 2011 fino alla soppressione della medesima
dall’anno 2017; b) con il concorso finanziario ulteriore al
riequilibrio della finanza pubblica, mediante l’assunzione di oneri
relativi all’esercizio di funzioni statali, relative ai servizi
ferroviari di interesse locale; c) con la rimodulazione delle entrate
spettanti alla regione Valle d’Aosta».
Dalla conclusione di quest’ultimo accordo e dalla successiva
approvazione dei suoi obiettivi finanziari ad opera della citata
legge n. 220 del 2010 – atti entrambi sopravvenuti al decreto-legge
n. 78 del 2010 recante la disposizione impugnata – derivano i
seguenti effetti: 1) il concorso della Regione autonoma Valle d’Aosta
all’assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti
dall’ordinamento dell’Unione europea e dalle altre misure di
coordinamento della finanza pubblica fissate dalla normativa statale
e’ rimesso, per le annualita’ a decorrere dal 2011, alle misure
previste nell’accordo stesso e nella legge che lo recepisce; 2)
l’impugnato comma 5 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010, in
quanto misura di coordinamento della finanza pubblica stabilita dalla
normativa statale, e’ applicabile alla Regione autonoma Valle d’Aosta
solo, eventualmente, attraverso le misure fissate nell’accordo e
approvate con legge ordinaria dello Stato.
Ne consegue che, per il congiunto effetto di tali atti
sopravvenuti, la disposizione denunciata non puo’ trovare diretta
applicazione nei confronti della Regione autonoma Valle d’Aosta per
le annualita’ successive al 2010 e non puo’, percio’, violare, in
parte qua, l’autonomia legislativa e finanziaria della Regione
medesima. Deve, pertanto, essere dichiarata cessata la materia del
contendere in ordine alle questioni promosse dalla ricorrente nei
confronti dell’impugnata disposizione per la parte relativa alle
annualita’ decorrenti dal 2011.
7.2.2.- La mancata conclusione di un accordo che escluda
l’applicazione della denunciata disposizione alla Regione autonoma
anche per l’annualita’ 2010 rende necessario esaminare la questione
promossa, con riferimento a detta annualita’, relativamente al comma
5 dell’art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2010.
La questione non e’ fondata.
A sostegno delle proprie censure, la ricorrente fa valere la
violazione dell’art. 3, primo comma, lettera f), dello statuto
speciale per la Valle d’Aosta, letto «alla luce dei novellati
articoli 117, comma 3 e 119, comma 2, Cost.», nonche’, comunque, la
violazione degli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., applicabili in
virtu’ della clausola di maggior favore di cui all’art. 10, comma 1,
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione). Secondo la ricorrente, in
base a tali parametri, statutario e costituzionali, la competenza
legislativa dello Stato e’ limitata, in materia di finanze regionali,
alla sola fissazione dei principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica e non consente l’adozione di norme di dettaglio,
quali sarebbero quelle impugnate.
La non fondatezza della questione discende dalla natura di
principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica della
disposizione impugnata, come accertato al punto 7.1., con riferimento
al ricorso della Regione Puglia (r.r. n. 107 del 2010).
8.- L’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 5 del decreto-legge n.
78 del 2010 e’ impugnato dalla Regione Puglia (r.r. n. 107 del 2010).
Esso prevede che: «Agli amministratori di comunita’ montane e di
unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali» – da
intendersi per tali quelle previste dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267
(Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali») –
«aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche non
possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennita’ o
emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti». Secondo la
ricorrente, tale disposizione, introducendo vincoli puntuali relativi
a singole voci di spesa, lede la competenza concorrente della Regione
in materia di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo
comma, Cost.) e viola, altresi’, l’autonomia finanziaria della
Regione, garantita dall’art. 119 Cost. Inoltre, la normativa statale
illegittimamente occuperebbe l’ambito della disciplina delle
comunita’ montane e delle unioni di comuni, riservato dall’art. 117,
quarto comma, Cost., alla potesta’ legislativa residuale delle
Regioni.
Le questioni non sono fondate.
Va osservato, al riguardo, che la censurata disposizione – nel
vietare di corrispondere ogni genere di emolumenti agli
amministratori delle predette forme associative di enti locali (ivi
comprese le comunita’ montane) – persegue l’obiettivo di ridurre la
spesa pubblica corrente per il funzionamento di tali organismi
attraverso una disciplina uniforme, che coordina la legislazione del
settore. Essa, pertanto, e’ riconducibile alla materia «coordinamento
della finanza pubblica», di competenza legislativa concorrente tra
Stato e Regioni, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Nell’ambito di tale materia, la normativa oggetto di censura enuncia
il principio di gratuita’ dell’amministrazione delle suddette forme
associate di gestione di servizi e funzioni pubbliche da parte degli
enti locali. Si tratta percio’, non di una normativa di dettaglio, ma
di un principio fondamentale che (analogamente a quello posto dal
comma 5 dell’art. 5, sopra esaminato al punto 7) caratterizza ed
orienta la disciplina del rapporto tra le indicate forme associative
(comprese le comunita’ montane) ed i loro amministratori, con
l’indicato obiettivo di ridurre gli oneri della finanza pubblica.
Dall’accertata natura di principio fondamentale discende, in base
alla giurisprudenza di questa Corte, la legittimita’ dell’incidenza
della censurata disposizione sia sull’autonomia di spesa delle
Regioni (si vedano, ex plurimis, sentenze n. 91 del 2011, n. 27 del
2010, n. 456 e n. 244 del 2005), sia su ogni tipo di potesta’
legislativa regionale, compresa quella residuale in materia di
comunita’ montane (sentenze n. 326 del 2010 e n. 237 del 2009).

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione delle altre questioni
di legittimita’ costituzionale riguardanti le altre disposizioni
contenute nel decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in
materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’
economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio
2010, n. 122;
riuniti i giudizi;
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla n. 122 del 2010, promosse,
in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dalle Regioni
Liguria ed Emilia-Romagna con i ricorsi, rispettivamente, n. 102 e n.
104 del 2010;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010,
promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, 118,
119 e 123, primo comma, Cost., dalle Regioni Liguria, Emilia-Romagna
e Puglia con i ricorsi, rispettivamente, n. 102, n. 104 e n. 107 del
2010;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 4, del decreto-legge n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010,
promosse, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 122, primo
comma, Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso n. 107 del 2010;
4) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010,
promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119
Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso n. 107 del 2010;
5) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alle
questioni di legittimita’ costituzionale dell’art. 5, comma 5, del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 122 del 2010, nella parte in cui si applica, per le
annualita’ a decorrere dal 2011, alla Regione Valle d’Aosta,
promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 119 Cost., e
all’art. 3, primo comma, lettera f), della legge costituzionale 26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), dalla
medesima Regione Valle d’Aosta con il ricorso n. 96 del 2010;
6) dichiara non fondata la questione di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 5, del decreto-legge n. 78 del
2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010,
nella parte in cui si applica, per l’annualita’ 2010, alla Regione
Valle d’Aosta, promossa, in riferimento agli artt. 117, terzo comma,
e 119 Cost., e all’art. 3, primo comma, lettera f), della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle
d’Aosta), dalla medesima Regione Valle d’Aosta con il ricorso n. 96
del 2010;
7) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’art. 5, comma 7, ultimo periodo, del
decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 122 del 2010, promosse, in riferimento agli artt. 117, terzo
e quarto comma, e 119 Cost., dalla Regione Puglia con il ricorso n.
107 del 2010.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2012.

Il Cancelliere
F.to: Roberto MILANA

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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