Corte Costituzionale, Sentenza n. 183/2012, In tema di chiusura punti vendita distributori carburanti nella Provincia di Trento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 29 del 18-7-2012

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimita’ costituzionale dell’articolo 28,
commi 3 e 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, promosso dalla
Provincia autonoma di Trento con ricorso notificato il 14 settembre
2011, depositato in cancelleria il 21 settembre 2011 ed iscritto al
n. 97 del registro ricorsi 2011.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 aprile 2012 il Giudice
relatore Giorgio Lattanzi;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Provincia autonoma di
Trento e l’avvocato dello Stato Angelo Venturini per il Presidente
del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.- Con ricorso notificato il 14 settembre 2011 e depositato il
successivo 21 settembre (reg. ric. n. 97 del 2011) la Provincia
autonoma di Trento ha promosso questioni di legittimita’
costituzionale, tra l’altro, dell’articolo 28, commi 3 e 4, del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla
legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento agli articoli 117,
quarto comma, e 118 della Costituzione, agli articoli 9, numero 3), e
16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige), al d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017 (Norme di
attuazione dello Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige
in materia di artigianato, incremento della produzione industriale,
cave e torbiere, commercio, fiere e mercati), all’articolo 15 del
d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla regione
Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano
delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24
luglio 1977, n. 616), all’articolo 2 del decreto legislativo 16 marzo
1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche’ la potesta’ statale
di indirizzo e coordinamento), nonche’ al principio di leale
collaborazione.
L’art. 28, commi 3 e 4, del decreto-legge n. 98 del 2011 prevede
che «entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente
decreto, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
emanano indirizzi ai comuni per la chiusura effettiva degli impianti
dichiarati incompatibili ai sensi del decreto del Ministro delle
attivita’ produttive in data 31 ottobre 2001, nonche’ ai sensi dei
criteri di incompatibilita’ successivamente individuati dalle
normative regionali di settore» e che «[c]omunque, i Comuni che non
abbiano gia’ provveduto all’individuazione ed alla chiusura degli
impianti incompatibili ai sensi del decreto del Ministro delle
attivita’ produttive in data 31 ottobre 2001 o ai sensi dei criteri
di incompatibilita’ successivamente individuati dalle normative
regionali di settore, provvedono in tal senso entro 120 giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, dandone comunicazione alla regione ed al Ministero dello
sviluppo economico».
La Provincia afferma che la normativa sulla distribuzione dei
carburanti e’ ascrivibile alla materia del commercio, per la quale
essa vanta, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost. e dell’art.
10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al
titolo V della parte seconda della Costituzione), potesta’
legislativa residuale, e che tale potesta’ e’ gia’ stata esercitata
con la legge provinciale 30 luglio 2010, n. 17 (Disciplina
dell’attivita’ commerciale): l’art. 36 di tale ultima legge ha
attribuito agli uffici della Provincia, e non ai Comuni, le funzioni
amministrative concernenti l’autorizzazione all’installazione di
impianti di carburante.
Ne dovrebbe seguire l’illegittimita’ di una normativa statale che
pretenda di assoggettare Provincia e Comuni del territorio
provinciale ai criteri dettati da un decreto ministeriale in punto di
chiusura degli impianti distributivi, ovvero da un atto secondario
originariamente inefficace rispetto alla Provincia.
Parimenti, ai sensi dell’art. 16 dello statuto, alla potesta’
legislativa si accompagna quella di allocazione delle funzioni
amministrative: in particolare, posto che le funzioni relative agli
impianti di distribuzione del carburante spettano alla Provincia, la
norma impugnata ne avrebbe reso illegittimamente destinatari i
Comuni.
Infine, la circostanza per cui tali competenze andrebbero
esercitate entro un breve termine sarebbe in contrasto con l’art. 2,
comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992, a mente del quale i vincoli
derivanti dalla legislazione statale non operano in via diretta, ma
determinano soltanto un obbligo di adeguamento della legislazione
provinciale.
2.- Si e’ costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
L’Avvocatura ritiene che l’art. 28, commi 3 e 4, impugnato, sia
finalizzato a garantire «un migliore assetto concorrenziale e un piu’
efficiente funzionamento del mercato, mediante una riforma della rete
distributiva dei carburanti». La norma impugnata sarebbe percio’
espressiva della competenza esclusiva dello Stato in materia di
tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.).
3.- Nell’imminenza dell’udienza pubblica, la Provincia autonoma
di Trento ha depositato una memoria, insistendo per l’accoglimento
del ricorso.
La ricorrente contesta, anzitutto, che la norma impugnata possa
essere ricondotta alla materia "tutela della concorrenza", poiche’
«la razionalizzazione della rete distributiva dei carburanti non
agevola l’accesso al mercato ma, anzi, lo restringe». In ogni caso,
aggiunge la Provincia, l’autonomia statutaria non potrebbe venire
limitata sulla base di tale titolo di competenza. Ove cio’ dovesse
verificarsi con riguardo alla materia residuale del commercio, ai
sensi dell’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, tale effetto
dovrebbe ritenersi impedito dalle piu’ favorevoli attribuzioni
statutarie in materia di commercio (art. 9, numero 3, del d.P.R. n.
670 del 1972).

Considerato in diritto

1.- La Giunta della Provincia autonoma di Trento – con
deliberazione dell’8 settembre 2011, n. 1931, adottata d’urgenza ai
sensi dell’art. 54, numero 7), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e ratificata dal
Consiglio della medesima Provincia con deliberazione dell’8 novembre
2011, n. 11 – ha promosso in via principale, con ricorso notificato
il 14 settembre 2011 e depositato il successivo 21 settembre,
questioni di legittimita’ costituzionale, tra l’altro, dell’articolo
28, commi 3 e 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con
modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, in riferimento
agli articoli 117, quarto comma, e 118 della Costituzione, agli
articoli 9, numero 3), e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), al d.P.R. 31 luglio
1978, n. 1017 (Norme di attuazione dello Statuto speciale della
regione Trentino-Alto Adige in materia di artigianato, incremento
della produzione industriale, cave e torbiere, commercio, fiere e
mercati), all’articolo 15 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526
(Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province
autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), all’articolo 2
del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione
dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il
rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e
provinciali, nonche’ la potesta’ statale di indirizzo e
coordinamento), nonche’ al principio di leale collaborazione.
La disposizione impugnata stabilisce che «entro 90 giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano emanano indirizzi ai comuni
per la chiusura effettiva degli impianti dichiarati incompatibili ai
sensi del decreto del Ministro delle attivita’ produttive in data 31
ottobre 2001, nonche’ ai sensi dei criteri di incompatibilita’
successivamente individuati dalle normative regionali di settore» e
che «[c]omunque, i Comuni che non abbiano gia’ provveduto
all’individuazione ed alla chiusura degli impianti incompatibili ai
sensi del decreto del Ministro delle attivita’ produttive in data 31
ottobre 2001 o ai sensi dei criteri di incompatibilita’
successivamente individuati dalle normative regionali di settore,
provvedono in tal senso entro 120 giorni dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, dandone
comunicazione alla regione ed al Ministero dello sviluppo economico».
La ricorrente ritiene che la norma impugnata attenga alla materia
del commercio, oggetto di potesta’ legislativa residuale, con la
conseguenza che la legge dello Stato non potrebbe ne’ assoggettare la
Provincia all’osservanza del decreto ministeriale del 31 ottobre
2001, ne’ allocare presso i Comuni la corrispondente funzione
amministrativa.
2.- L’atto di ratifica, da parte del Consiglio provinciale,
dell’iniziativa della Giunta di promozione del ricorso in via
d’urgenza e’ stato depositato tardivamente, ovvero oltre il termine
per la costituzione in giudizio della ricorrente. Tuttavia, proprio
con riferimento all’odierno ricorso, nella parte in cui esso
sollevava altre questioni di legittimita’ costituzionale, questa
Corte ha gia’ ritenuto che il ritardo, nel peculiare caso di specie,
non comporti un’inammissibilita’, giacche’ l’obiettiva incertezza
interpretativa delle norme processuali in materia, alimentata dalla
lunga prassi della Corte di non rilevare tale inammissibilita’, ha
indotto la ricorrente in errore scusabile (sentenza n. 142 del 2012).
3.- Dopo la proposizione del ricorso, alla disposizione censurata
e’ stata aggiunta un’ulteriore previsione, recata dall’art. 17, comma
4, lettera c), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni
urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitivita’), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo
2012, n. 27. Si e’ con essa aggiunto un ultimo periodo al comma 4
dell’art. 28 del decreto-legge n. 98 del 2011, inibendo ai Comuni di
rilasciare nuove autorizzazioni o proroghe di autorizzazioni
relativamente agli impianti incompatibili. E’ palese che lo ius
superveniens non ha carattere satisfattivo delle pretese avanzate
dalla ricorrente, sicche’ va escluso che esso determini cessazione
della materia del contendere.
4.- In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilita’ della
censura basata sulla violazione del principio di leale
collaborazione, in quanto priva di motivazione.
5.- Le altre censure della ricorrente si fondano esclusivamente
sulla competenza in materia di commercio, alla quale la Provincia
annette entrambe le previsioni impugnate, invocando a tal fine sia la
prerogativa statutaria, di carattere concorrente, assegnata dall’art.
9, numero 3), del d.P.R. n. 670 del 1972, sia l’art. 117, quarto
comma, Cost.
Posto che tale ultima disposizione costituzionale rende il
commercio oggetto di potesta’ legislativa residuale, non e’ dubbio
che essa trovi applicazione a vantaggio della Provincia autonoma, con
esclusione della meno favorevole disciplina statutaria (ex plurimis,
sentenze n. 18 del 2012; n. 150 del 2011; n. 247 del 2010; ordinanza
n. 199 del 2006).
Questa Corte percio’ e’ chiamata a decidere se le norme
impugnate, avuto riguardo alla finalita’ cui sono preposte e alla
natura degli interessi che esse vengono obiettivamente a conformare,
vadano ascritte alla materia del commercio, dovendosi, in caso
contrario, ritenere non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale proposte esclusivamente sulla base di questo parametro
costituzionale.
6.- Le questioni non sono fondate.
Va, a tal proposito, osservato che un intervento di
ammodernamento e di razionalizzazione della rete dei distributori di
carburante costituisce da tempo risalente un obiettivo della
legislazione statale.
Fin dai d.P.C.m. 8 luglio 1978 (Direttive alle regioni a statuto
ordinario per l’esercizio delle funzioni delegate in materia di
distribuzione di carburanti) e 31 dicembre 1982 (Aggiornamento delle
direttive alle regioni a statuto ordinario per l’esercizio delle
funzioni delegate in materia di distribuzione automatica di
carburanti per uso di autotrazione) e’ stata, in particolare,
perseguita dallo Stato la finalita’ di ridurre i punti vendita, per
raggiungere l’"erogato medio europeo", pur nel quadro dell’ampia
delega alle Regioni delle funzioni amministrative relative ai
distributori di carburante, ai sensi dell’art. 52, comma 1, lettera
a), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega di cui
all’art. 1 della L. 22 luglio 1975, n. 382), successivamente
trasferite con l’art. 41, comma 2, lettera d), del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in
attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59).
Sulla base della delega conferita con l’art. 4, comma 4, lettera
c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il
conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per
la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa), mirata a conseguire la «razionalizzazione della rete
commerciale anche in relazione all’obiettivo del contenimento dei
prezzi e dell’efficienza della distribuzione», il decreto legislativo
11 febbraio 1998, n. 32 (Razionalizzazione del sistema di
distribuzione dei carburanti, a norma dell’articolo 4, comma 4,
lettera c, della L. 15 marzo 1997, n. 59) ha sottratto
l’installazione e la gestione degli impianti al regime concessorio,
rendendole attivita’ libere, esercitabili previa autorizzazione (art.
1). Nel contempo, e allo scopo di bilanciare tale previsione con
criteri idonei ad accompagnare un armonico sviluppo della rete,
l’art. 2, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 32 del 1998 ha demandato ai
Comuni il compito di individuare le aree compatibili con
l’installazione, favorendo la revoca delle autorizzazioni relative ad
impianti incompatibili (art. 3, comma 2). Fin dalle origini,
pertanto, la normativa dello Stato ha perseguito una finalita’ di
razionalizzazione e snellimento della ipertrofica rete distributiva
nazionale, tesa a ricondurla nei limiti dei livelli propri degli
altri paesi europei (art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 32 del 1998).
Un impulso decisivo in questa direzione e’ stato impresso
dall’art. 19 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia
di apertura e regolazione dei mercati), recante «norme per
l’ammodernamento della rete distributiva dei carburanti». E’ stato,
infatti, elaborato un intervento volto, tra l’altro, alla chiusura
degli impianti incompatibili, scandito sul duplice livello del Piano
nazionale, adottato d’intesa con la Conferenza unificata, e dei
successivi piani regionali, concepiti in coerenza con il primo.
Il d.m. 31 ottobre 2001, la cui attuazione viene ora imposta al
sistema regionale e delle autonomie locali dalle norme impugnate,
reca per l’appunto il Piano nazionale di cui si e’ appena fatto
cenno, nell’ambito del quale risultano direttamente individuate
talune incompatibilita’, nei centri abitati e fuori dai centri
abitati, mentre largo spazio viene contestualmente riconosciuto
all’autonomia regionale, con riguardo sia ad eventuali deroghe, sia
alla programmazione integrativa offerta dai piani regionali, al punto
che spetta a questi ultimi definire i bacini d’utenza, sulla base di
parametri quali l’erogato totale, i veicoli circolanti, il numero di
abitanti, il numero dei punti vendita esistenti, le tipologie
prevalenti di viabilita’, i flussi di traffico, la stagionalita’
della domanda per motivazioni turistiche.
Con la disposizione impugnata, i criteri indicati in origine dal
d.m. 31 ottobre 2011, evidentemente rimasto in larga parte inattuato,
sono stati recepiti in forma di legge, sicche’ va escluso che lo
Stato, nel caso di specie, pretenda di limitare l’autonomia
legislativa regionale per mezzo di un atto secondario, cosa che non
gli sarebbe consentita (ex plurimis, sentenze n. 209 del 2009 e n.
267 del 2003).
7.- Cio’ chiarito, va rimarcato, quanto alle incompatibilita’
immediatamente selezionate dal Piano nazionale e a cui i Comuni sono
comunque tenuti a conferire attuazione entro 120 giorni (art. 28,
comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011), che esse riguardano
circoscritte ipotesi connesse alla localizzazione sensibile
dell’impianto, in prossimita’ di zone pedonali, zone a traffico
limitato, sedi stradali, biforcazioni di strade, curve, incroci e
accessi di rilevante importanza.
Si tratta, percio’, di limitate fattispecie, attinenti non gia’
ai profili di esercizio dell’attivita’, nell’ambito della disciplina
del commercio, ma alla tutela di interessi precipuamente legati
all’assetto del territorio, alla viabilita’, alla sicurezza e
all’incolumita’ della circolazione stradale, questi ultimi di
esclusiva spettanza dello Stato (sentenze n. 428 del 2004 e n. 31 del
2001) e, per quanto attiene ai primi, quand’anche parzialmente di
spettanza regionale, comunque estranei al commercio.
Con riferimento, poi, alle piu’ ampie previsioni concernenti la
programmazione regionale contenute nel d.m. 31 ottobre 2001, non
sfugge che l’impugnato art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 98 del
2011, recepito, come si e’ visto, dalla legge impugnata, demanda ai
Comuni anche il compito di chiudere gli impianti incompatibili con la
normativa regionale di settore, la quale, a sua volta, si sviluppa a
partire dalla programmazione nazionale, e in coerenza con gli
obiettivi indicati dalla legislazione statale e dal Piano nazionale.
Vi e’, pertanto, un’ampia parte di normazione riservata alla
competenza regionale e delle Province autonome, sia pure sulla base
dei principi fondamentali espressi dalla legge dello Stato.
Ne segue che, per giungersi a una pronuncia di illegittimita’
costituzionale, si dovrebbe ritenere che alla legislazione statale
sia preclusa finanche la formulazione di detti principi, sotto forma
di criteri strategici e obiettivi mirati alla razionalizzazione della
rete, ovvero che la disposizione impugnata sia da attribuire con
carattere di prevalenza alla sfera di potesta’ legislativa residuale
della Provincia, e in particolare, nel caso di specie, al commercio.
E’ invece vero il contrario. Benche’, infatti, la materia del
commercio non sia estranea ai profili organizzativi e gestionali
degli impianti di distribuzione del carburante (sentenza n. 559 del
1988), tuttavia, con riferimento a organici interventi di
ammodernamento e razionalizzazione dell’intera rete, questa Corte ha
gia’ affermato la sussistenza di uno spazio conservato alla cura del
legislatore statale, e tale, nei casi di potesta’ esclusiva, da
consentire l’esercizio della stessa funzione regolamentare (sentenza
n. 159 del 2001).
In particolare, per quanto attiene alla chiusura degli impianti
incompatibili, gli obiettivi di «efficienza della distribuzione»
(art. 4, comma 4, lettera c, della legge n. 59 del 1997), di qualita’
ed efficienza del servizio e di razionalizzazione del sistema
distributivo (art. 19, comma 1, della legge n. 57 del 2001) incidono
con prevalenza sulla competenza concorrente relativa alla
distribuzione dell’energia (art. 117, terzo comma, Cost.), come
questa Corte ha gia’ ritenuto con la sentenza n. 172 del 2004.
Al contempo, gli ulteriori interessi selezionati, su un piano
piu’ generale, dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 32 del 1998,
attinenti al governo del territorio, alla tutela dell’ambiente, alla
circolazione e sicurezza stradale, alla tutela dei beni di interesse
storico e architettonico, sono a propria volta estranei all’area del
commercio.
Avuto, percio’, riguardo al contesto normativo entro cui si
collocano gli interventi volti alla chiusura degli impianti
incompatibili, e al quale va ascritto il d.m. 31 ottobre 2001, appare
chiaro che la potesta’ legislativa residuale in materia di commercio,
posta a fondamento dell’odierno ricorso, e’ recessiva, rispetto
all’intreccio di sfere di competenza esclusiva dello Stato e di
competenza concorrente.
8.- Va poi da se’ che la Provincia neppure puo’ giovarsi
dell’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, nella parte in cui le assegna
sei mesi di tempo per adeguarsi ai principi formulati dalla
legislazione statale, giacche’ a tal fine la ricorrente avrebbe
dovuto individuare, e porre a base del ricorso, una competenza
provinciale soggetta all’obbligo di conformazione alla legislazione
statale (sentenze n. 209 del 2009; n. 308 del 2003; n. 267 del 2003;
n. 84 del 2001). Una volta escluso che la disposizione impugnata
attenga alla materia del commercio, e in difetto di ulteriori
parametri di competenza selezionati dal ricorso, anche questa censura
risulta dunque non fondata.
9.- La Provincia lamenta, altresi’, che la disposizione impugnata
abbia conferito ai Comuni del territorio compiti che l’art. 36 della
legge provinciale 30 luglio 2010, n. 17 (Disciplina dell’attivita’
commerciale) riserverebbe alla Provincia stessa.
In effetti, nella Provincia autonoma di Trento il rilascio
dell’autorizzazione all’installazione e all’esercizio degli impianti
stradali e autostradali di distribuzione del carburante e’ riservato
agli uffici provinciali, che ne danno comunicazione ai Comuni.
E’ percio’ naturale che anche la funzione di chiusura degli
impianti incompatibili sia esercitata dai medesimi uffici: a cio’ non
osta la disposizione impugnata, la quale muove dal presupposto che,
come e’ generalmente previsto, questa competenza sia del Comune, ma
non esclude che, laddove diversamente stabilito dalla normativa
regionale e provinciale, essa venga esercitata da altro livello di
governo.
L’erroneo presupposto interpretativo da cui e’ originata la
censura ne determina, percio’, a prescindere da ogni altra
considerazione, la non fondatezza.

per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunce la decisione sulle ulteriori
questioni di legittimita’ costituzionale proposte con il ricorso
indicato in epigrafe,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita’
costituzionale dell’articolo 28, commi 3 e 4, del decreto-legge 6
luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio
2011, n. 111, promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
riferimento al principio di leale collaborazione, con il ricorso
indicato in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita’
costituzionale dell’articolo 28, commi 3 e 4, del decreto-legge n. 98
del 2011, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, in
riferimento agli articoli 117, quarto comma, e 118 della
Costituzione, agli articoli 9, numero 3), e 16 del d.P.R. 31 agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), al
d.P.R. 31 luglio 1978, n. 1017 (Norme di attuazione dello Statuto
speciale della regione Trentino-Alto Adige in materia di artigianato,
incremento della produzione industriale, cave e torbiere, commercio,
fiere e mercati), all’articolo 15 del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526
(Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province
autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del
Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616), all’articolo 2
del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti
legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche’ la
potesta’ statale di indirizzo e coordinamento), con il ricorso
indicato in epigrafe.

Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2012.

F.to:
Alfonso QUARANTA, Presidente
Giorgio LATTANZI, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2012.

Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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