T.A.R. Lazio Roma Sez. III, Sent., 25-01-2011, n. 711 Responsabilità dell’appaltatore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il proposto gravame la società ricorrente ha impugnato la determinazione, in epigrafe indicata, con cui l’intimata S. ha disposto la decadenza delle attestazioni n.91/30/00 del 28.12.2001, n.222/30/00 del 22.10.2002, n.426/30/00 del 16.12..2003, n. 445/30/00 del 20.01.2004, n.543/30/00 del 14.09.2004, n.642/30/00 del 23.12.2004, n.855/30/00 del 10.11.2005, n.1108/30/00 del 15.12.2006, n.1283/30/00 del 4.7.2007, n.1365/30/00 del 26.10/2007, n.1946/30/00 del 29.05.2009, n.1962/30/00 del 10/06/2009 e n.2199/30/00 del 14.12.2009 a suo tempo rilasciatele.

In punto di fatto deve essere fatto presente che:

a) la decadenza delle attestazioni n.91/30/00 del 28.12.2001, n.222/30/00 del 22.10.2002, è stata disposta in quanto i suddetti attestato erano stati rilasciati sulla base di un certificato di esecuzione lavori disconosciuto dalla stazione appaltante;

b) la decadenza delle altre attestazioni è stata dichiarata in quanto la resistente Autorità, contrariamente a quanto affermato dalla citata S., ha ritenuto che, una volta accertata la produzione di un certificato. successivamente disconosciuto dalla stazione appaltante, nell’ambito dei procedimenti conclusisi con il rilascio dell’attestazioni n.91/30/00 del 28.12.2001 e n.222/30/00 del 22.10.2002, la società interessata risultava carente del requisito di carattere generale di cui all’art.17, comma 1, lett.m) del DPR n.34/2000 (inesistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione), con la conseguenza che le attestazioni ottenute successivamente risultavano rilasciate in palese contrasto con la menzionata disposizione.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

1) Violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e di buon andamento;

2) Difetto dei presupposti legittimanti per dichiarare la decadenza di tutte le attestazioni della spa S.. Eccesso di potere per contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione dell’art.40 del D.lgvo n.163/2006, del DPR n.34/2000 e del DM n.272/2007;

3) Contraddittorietà e perplessità nell’operato dell’AVCP;

4) Eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità, travisamento dei fatti, carenza di motivazione, ingiustizia manifesta.

Si è costituita l’intimata autorità contestando la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse.

Alla pubblica udienza del 15 gennaio 2011 il ricorso è stato assunto in decisione.

Per quanto riguarda il provvedimento di decadenza delle attestazioni n.91/30/00 del 28.12.2001 e n.222/30/00 del 22.10.2002, basato sulla circostanza che il rilascio delle stesse era stato conseguito sulla base di certificazione successivamente disconosciuta dalla stazione appaltante, l’adozione del citato atto di ritiro risulta totalmente in linea con il consolidato e notorio orientamento giurisprudenziale in materia, secondo cui ciò che rileva al fine dell’annullamento dell’attestazione di qualificazione è il fatto oggettivo della falsità dei documenti sulla base di quali è stata conseguita, indipendentemente da ogni ricerca sulla imputabilità soggettiva del falso. Invero l’attestazione deve basarsi su documenti autentici, e non può rimanere in vita se basata su atti falsi, quali che siano i soggetti che hanno dato causa alla falsità.

Relativamente alla decadenza delle altre attestazioni, sulla quale si concentra l’interesse sostanziale della società ricorrente, è necessario far presente che l’Autorità ne ha giustificato l’adozione facendo presente che in forza dell’avvenuto disconoscimento da parte della stazione appaltante di un documento prodotto al fine di ottenere il rilascio delle prime due attestazioni, la società ricorrente avrebbe perso il requisito di cui all’art.17, comma 1 lette m) del DPR 34/2000, con la conseguente decadenza di tutte le attestazioni successivamente conseguite dall’impresa in carenza del requisito de quo.

Da rigettare è il primo motivo di doglianza, in quanto la circostanza addotta dall’odierna istante (utilizzo di certificati di esecuzione lavori regolari per il rilascio delle attestazioni de quibus) risulta essere del tutto inconferente, attesa la diversità e l’autonomia del presupposto (carenza del requisito essenziale di cui all’art.17, comma 1, lett.m) che ha giustificato l’assunzione del contestato atto di ritiro.

Pure da rigettare è il successivo motivo di doglianza con cui la ricorrente ha fatto presente che le falsità documentali accertate non potevano in alcun modo esserle imputate, in quanto relativamente alle prime due attestazioni in parola si era affidata all’operato di un consulente esterno.

In merito deve essere evidenziato che Autorità, dopo aver precisato che la perdita del requisito in questione postula l’imputabilità alla impresa di una produzione documentale non veritiera, la quale deve essere esclusa solo quando la falsità medesima sia maturata al di fuori di ogni possibile controllo dell’impresa verificabile alla stregua degli ordinari parametri di diligenza richiesti, ha opinato che la circostanza che la S. spa avesse fatto ricorso all’attività di un consulente esterno non poteva in alcun modo rappresentare un esimente a favore della stessa.

La tesi dell’intimata Autorità è da accogliere.

Il Collegio, in linea con quanto statuito con la propria recente sentenza n.8809/2010, sottolinea che "qualora un soggetto nei rapporti con una pubblica amministrazione si avvale dell’attività di un terzo, anche estraneo alla sua impresa, ne consegue, come ben evidenziato dall’Autorità, che l’attività in questione non può in alcun modo non essere riferibile al suddetto soggetto, in ossequio ad un’elementare esigenza sociale secondo cui chi decide, sulla base di un’autonoma valutazione di far ricorso all’attività lavorativa altrui per i propri fini e nel suo esclusivo interesse, ne deve assumere tutte le relative conseguenze. Né in tale contesto può assumere alcuna rilevanza il titolo giuridico in forza del quale la suddetta attività è stata posta in essere (contratto di opera o rapporto di lavoro dipendente) al fine di delimitare l’ambito di riferibilità dell’attività del terzo, atteso che ciò che rileva è il solo dato oggettivo e formale costituito dalla circostanza che il terzo risulti formalmente qualificato ad intrattenere un rapporto con una pubblica amministrazione per conto e nell’interesse di un determinato soggetto.

Stabilita la riferibilità alla società ricorrente dell’attività espletata dal promotore, occorre ora individuare se nella fattispecie in esame può essere riscontrato un comportamento colposo tenuto dall’odierna istante.

In ordine a tale aspetto la ricorrente ha affermato la propria buona fede sul presupposto che aveva fatto legittimo affidamento sull’operato del professionista e della S..

In merito il Collegio osserva che:

a) non si deve far riferimento ad una nozione soggettiva di colpa, ma ad una nozione oggettiva per cui la colpa deve consistere nell’inosservanza della normale diligenza, intesa come sforzo volitivo e tecnico da parametrare ad obiettivi canoni sociali e professionali di condotta;

b) la tesi ricorsuale si basa sul presupposto che laddove l’impresa si sia affidata ad un professionista esterno per curare il rilascio di un’attestazione, sulla stessa non incombe più alcun onere di diligenza nel controllare la correttezza dell’operato di quest’ultimo;

c) una simile interpretazione non può in alcun modo essere condivisa in quanto la circostanza di aver fatto ricorso all’opera di in terzo non può in alcun modo rappresentare per la società un elemento tale da farla ritenere legittimamente esonerata dall’effettuare un controllo in ordine alle modalità con cui il terzo espleta la suddetta attività, avuto presente che la suddetta facoltà di controllo è prevista dall’art. 2224 del codice civile in materia si contratto di opera, applicabile alla prestazione di opera intellettuale in forza del rinvio di cui all’art.2230 cod. civ., secondo cui "Se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine, entro il quale il prestatore d’opera deve conformarsi a tali condizioni".

Da ultimo la fondatezza della tesi avallata dal Collegio risulta avvalorata dalla circostanza che, a seguire la prospettazione ricorsuale, risulterebbe sostanzialmente vanificato il sistema sanzionatorio in materia, in quanto sarebbe sufficiente il mero ricorso ad un professionista esterno per rendere inoperante la previsione legislativa che prevede quale requisito di ordine generale di attestazione il non aver prodotto falsa documentazione o di non aver reso dichiarazioni mendaci ai fini del rilascio di una precedente attestazione"

Nè ad avvalorare la tesi della società ricorrente in ordine alla sussistenza della propria buona fede risulta conferente il rilievo dell’avvenuta successiva presentazione di una denuncia penale da parte di quest’ultima nei confronti del terzo, in quanto una tale circostanza non fa venir meno in alcun modo il comportamento negligente tenuto dalla suddetta società in merito al controllo dell’operato del terzo di cui si era avvalsa in sede di procedimento per il rilascio dell’attestazione".

Da rigettare sono, infine, anche le altre due doglianze dedotte, atteso che l’accertamento effettuato dalla S. in ordine alla imputabilità alla S. delle citate falsità documentali non poteva in alcun modo vincolare l’Autorità, la quale ha indicato le ragioni in forza delle quali non ha condiviso le argomentazioni della Q., ritenendo, correttamente, che l’utilizzo di un soggetto esterno all’impresa non poteva rappresentare una sorta di esimente per la stessa nel caso che quest’ultimo avesse commesso delle illiceità nell’ambito dell’attività di attestazione che la S. gli aveva affidato.

Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 5140 del 2010, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *