Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2010) 28-01-2011, n. 3091 Misure cautelari; Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

orso.
Svolgimento del processo

Il tribunale del riesame di Catania con l’ordinanza in epigrafe confermò l’ordinanza 13.4.2010 del Gip del tribunale di Catania, che aveva applicato a G.A. la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

L’indagato propone ricorso per Cassazione deducendo:

1) violazione dell’art. 273 c.p.p. per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza, che sono stati fondati su una semplice presunzione.

Manca una motivazione sulla presenza dello elemento psicologico del reato. Inoltre il tribunale non ha tenuto conto che mancava qualsiasi altro elemento che potesse far presumere una attività di spaccio.

2) violazione dell’art. 274 c.p.p., perchè non vi erano esigenze cautelari e ragioni che preludessero alla reiterazione del reato. Non sono spiegati i motivi per i quali è stata ritenuta la pericolosità sociale e la non occasionalità della condotta.

3) violazione dell’art. 292 c.p.p., commi 2 e 2 ter.

Lamenta che manca la motivazione sulle esigenze cautelari che giustificano la custodia in carcere e la mancata applicazione di una misura meno affittiva. Non sono stati poi valutati gli elementi a favore dell’indagato.

4) violazione dell’art. 275 c.p.p. perchè il tribunale non ha tenuto conto della possibilità di misure meno afflittive e comunque del fatto che ben potrebbe essere concessa la sospensione condizionale della pena.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato perchè il tribunale del riesame ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sia sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sia sulle esigenze cautelari, sia sulla scelta della misura.

Il tribunale ha invero fondato i gravi indizi di colpevolezza, anche in riferimento allo elemento soggettivo del reato, sul fatto che l’indagato era stato fermato mentre, insieme ad un complice, trasportava in auto il pacco con i 2 chili di hashish ed ha ritenuto inverosimile la tesi che egli fosse ignaro del contenuto del pacco in quanto l’involucro, di dimensioni non ridotte, si trovava proprio sul tappetino ai piedi del sedile anteriore destro, dove era seduto il G., il quale peraltro fu sorpreso mentre teneva il pacco stretto tra le gambe.

Quanto alle esigenze cautelari, il tribunale del riesame ha congruamente fatto riferimento alla gravità del fatto, in relazione al quantitativo della sostanza stupefacente, che mostrava la non occasionalità della condotta ed il radicamento in ambienti malavitosi dediti al traffico di sostanze stupefacenti, ed in particolare il rapporto con grossisti e la disponibilità di canali di spaccio. D’altra parte, anche nella eventualità – peraltro non dimostrata – di un trasporto effettuato per conto terzi, l’affidamento di un così elevato quantitativo di droga era indice di un saldo rapporto di fiducia e dell’inserimento in circuiti criminali. Congruamente, quindi, è stata ritenuta la probabilità concreta ed attuale di reiterazione del reato.

La scelta della misura è stata, con congrua ed adeguata motivazione, fondata sulla inaffidabilità, allo stato, dell’indagato e sulla carenza di una capacità di autocontrollo, che impedivano di optare per una misura soggetta a minore incisività di controlli.

Il tribunale infine ha congruamente escluso che fosse prevedibile la concessione della sospensione condizionale della pena, attesi i limiti edittali. Esattamente poi ha fatto applicazione del principio secondo cui "In tema di applicazione e di scelta delle misure cautelari, la valutazione del giudice circa la concedibilità della sospensione condizionale della pena, richiesta dall’art. 275 c.p.p., comma 2 bis, non può tenere alcun conto delle (quantunque preannunciate) opzioni dell’indagato per riti alternativi, trattandosi di evenienze processuali future ed incerte che dipendono, da un’espressa e formale manifestazione di volontà sia dell’interessato che del pubblico ministero" (Sez. 4, 24.5.2007, n. 42682, Ehuiaka, m. 238298; Sez. 6, 30.9.1966, n. 2925, Marino, m.

206433).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al Direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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