T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-01-2011, n. 202 Contratti e convenzioni Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nel corso dell’anno 2007 il Comune di Milano ha pubblicato un avviso per la formazione di un Albo dei Professionisti, ai quali poter conferire, ex art. 91 comma 2 del D.Lgs. n. 163/2006, incarichi di progettazione, direzione lavori e coordinamento per la sicurezza, per un importo inferiore a Euro 100.000. Entrambi i ricorrenti, architetti professionisti, presentavano domanda di iscrizione all’Albo, che venivano accolte. In data 16.10.2008, essi erano invitati a partecipare alla gara n. 84/2008, per il conferimento dell’incarico di "coordinatore della sicurezza nei cantieri in fase di esecuzione, per la quarta fase di intervento per il completamento delle opere di riordino della Scuola Media di Via Boifava n. 52". Entrambi presentavano domanda e venivano ammessi, pur non risultando aggiudicatari. In data 18.11.2008 ricevevano entrambi la comunicazione impugnata, nella quale il Comune di Milano ha disposto la loro cancellazione dal visto Albo Professionale, a causa del collegamento sostanziale ravvisato tra di loro, tale da configurare la presenza di un unico centro di interessi. In particolare, il Comune aveva posto a fondamento del provvedimento adottato le seguenti circostanze:

i due plichi risultavano presentati lo stesso giorno dal medesimo incaricato;

le due buste contenenti la documentazione avevano la medesima dimensione, colore, impostazione grafica e carattere di stampa. Tutti i dati relativi all’avviso, oggetto, mittente e destinatario, erano stati riportati su foglio bianco adesivo incollato sulla busta;

sui due plichi erano stati indicati, quale recapito, lo stesso indirizzo, e il medesimo numero di fax;

le due domande di inserimento nell’Albo riportavano lo stesso indirizzo e numero di fax, nonché la mail lo stesso dominio @fiorentinopensato.it;

le marche da bollo apposte sulla richiesta di iscrizione all’albo per il servizio di progettazione erano state emesse lo stesso giorno, con numerazione progressiva successiva;

per entrambi i professionisti, i documenti presentati in fotocopia erano accompagnati da dichiarazioni di conformità all’originale di uguale contenuto, impostazione grafica e carattere, modello ottenuto rielaborando altro modello predisposto dal Comune di Milano;

entrambi i professionisti avevano presentato le referenze bancarie e i certificati riferiti ai servizi svolti in fotocopia e non in originale o copia conforme, come richiesto dall’avviso;

dalle note di deposito attestante l’avvenuta presentazione dei Modelli Unici, si ricavava che gli stessi erano stati inoltrati all’Agenzia delle Entrate, da un intermediario avente il medesimo codice fiscale, che da interrogazione informatica alla C.C.I.A.A., risultava corrispondere alla soc. C. di G.P., con sede a Milano, Piazza Emilia n. 9;

dai documenti di identità allegati in fotocopia si desumeva che entrambi i professionisti risiedevano a Segrate.

Le predette circostanze erano state riscontrate dalla stazione appaltante a seguito di accertamenti effettuati in occasione della spedizione delle lettere di invito ad altra procedura negoziata (la n. 86/08), che aveva dato luogo ad una verifica della documentazione presentata in occasione dell’iscrizione all’Albo, la cui negativa valutazione dava luogo sia alla cancellazione dal predetto Albo, nonché all’esclusione dalla procedura n. 84/08. Il Comune resistente disponeva, altresì, la segnalazione all’Autorità di Vigilanza, nonché l’escussione del deposito cauzionale.

1) Con il primo motivo i ricorrenti deducono l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto fondati sull’asserita esistenza di un legame tra i due professionisti, riconducibile all’esistenza di un unico centro decisionale. Tale presupposto è stato contestato, sia in fatto che in diritto per le ragioni che seguono.

1.1) I ricorrenti sostengono di esercitare la propria attività professionale in totale autonomia, come desumibile dalla documentazione allegata in sede difensiva, e relativa ai certificati di iscrizione all’Albo degli Architetti, alle dichiarazioni dei redditi, da cui risulta inoltre la titolarità di una propria partita i.v.a. L’unico legame sussistente tra i ricorrenti sarebbe la condivisione di alcuni spazi, nell’ambito del medesimo studio professionale, con la finalità di contenere i relativi costi. La vicinanza fisica tra i due professionisti, e le relative segreterie amministrative, sarebbe anche a fondamento dei fatti erroneamente qualificati dal Comune di Milano quali indici del loro collegamento. Quanto precede spiegherebbe il fatto che entrambi avessero il medesimo fornitore di prodotti di cancelleria, che i rispettivi collaboratori, nel confezionare gli atti di gara, abbiano adottato le medesime procedure operative, e il perché gli stessi ricorrenti abbiano il medesimo commercialista.

1.2) In diritto si censura, poi, l’impossibilità di applicare al caso di specie la previsione di cui all’art. 34, comma 2 del D.Lgs. n. 163/06, che sarebbe invece riservata alle fattispecie che vedono coinvolti imprenditori, mentre nel caso di che trattasi i soggetti sono due professionisti, che operano con lavoro prevalentemente proprio. La gestione di taluni servizi in comune, da parte di più professionisti, ai fini del contenimento dei costi, comporterebbe la necessità di un’istruttoria più rigorosa di quella posta in essere con riferimento agli imprenditori, che nel caso concreto sarebbe mancata, nei termini altrimenti dovuti.

1.3) Inoltre, la procedura di affidamento per cui è causa, rientrava tra quelle di cui all’art. 91 comma 2 del D.Lgs. n. 163/06 (importo inferiore a Euro 100.000), alle quali non sarebbero applicabili le disposizioni della parte II del titolo I del codice dei contratti pubblici, nell’ambito delle quali rientra il citato art. 34, ma solo i principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza.

1.4) Concludono, infine, i ricorrenti che, quand’anche si ritenesse applicabile l’art. 34, comma 2 del D.Lgs. n. 163/06, non sarebbero comunque sussistenti gli indizi gravi, precisi e concordanti, richiesti dalla giurisprudenza quali presupposti di applicazione della norma.

2) Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano lo sviamento di potere in cui sarebbe incorso il Comune, avendo disconosciuto i requisiti di partecipazione precedentemente ritenuti legittimi, già valutati ed approvati, in sede di ammissione all’Albo, con ciò contraddicendosi apertamente.

3) Con il terzo motivo i ricorrenti contestano gli atti in questione nella parte in cui hanno disposto l’escussione della cauzione provvisoria. Tale determinazione contrasterebbe con il principio secondo cui solo una previsione legislativa potrebbe prevedere una tale sanzione.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

1) Quanto al primo motivo, osserva preliminarmente il Collegio che la previsione di cui all’art. 34, comma 2, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 163/06 è posta a fondamento dei principi di segretezza delle offerte e della par condicio, immanenti in ogni procedura di evidenza pubblica.

Diversamente dalla previsione di cui al primo periodo del citato comma 2 del medesimo articolo 34, già contenute nell’art. 10 bis della L. n. 109/94, il secondo periodo è stato introdotto dal D.Lgs. n. 163/06, rappresentando la codificazione degli orientamenti giurisprudenziali pregressi, che avevano riconosciuto alle stazioni appaltanti la possibilità di escludere concorrenti che si trovassero in situazioni di collegamento sostanziale, diverse ed ulteriori da quelle menzionate nel predetto art. 10, comma 1 bis dellaL. n. 109/94; detta norma rinviava a nominati rapporti, configurabili solo in ambito societario (cfr. C.S. Sez. IV 17.09.2007, n. 4832, che ha chiarito che "a prescindere dall’inserimento di un’apposita clausola nel bando di gara, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale deve ritenersi legittimo il provvedimento di esclusione adottato dalla stazione appaltante, essendo prevalente l’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara e, in particolare, la par condicio fra tutti i concorrenti, nonché la serietà, compiutezza e indipendenza delle offerte, in modo da evitare che mediante meccanismi di influenza societari, pur non integranti la situazione prefigurata dall’art. 2359, c.c., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del giusto contraente").

Il rilievo dei principi fondamentali tutelati dall’art. 10, comma 1 bis della L. n. 109/94 ha giustificato l’ampliamento, prima in via giurisprudenziale, e successivamente a livello legislativo, delle vicende connesse al collegamento sostanziale, attribuendo rilievo alla riconducibilità delle offerte presentate a un unico centro decisionale.

In proposito è stato statuito che "Il codice dei contratti pubblici, che ha sostituito, tra l’altro, la L. n. 109/1994, ha recepito il consolidato orientamento della giurisprudenza in relazione al collegamento sostanziale, prevedendolo, inizialmente, come causa di esclusione che si aggiunge al collegamento formale di cui all’art. 2359 c.c., quando vi sia la prova, sulla base di univoci elementi, che due o più offerte siano riconducibili ad un unico centro decisionale" (C.S. Sez. VI 08.06.2010 n. 3637).

1.1) I ricorrenti sostengono e provano di essere soggetti autonomi nello svolgimento della loro attività professionale, ma tale affermazione non è determinante ai fini dell’accoglimento del motivo, posto che la questione dedotta in giudizio attiene alla sussistenza o meno di un collegamento tra i due deducenti nella partecipazione ad una gara, ininfluente restando la dimostrazione che in altri momenti, o ad altri effetti (organizzativi, gestionali e fiscali), l’attività degli interessati si svolga in completa autonomia.

La presente controversia non è incentrata invero sulla veridicità dei fatti indicati nel provvedimento impugnato, ma attiene alla valutazione di essi fatta propria da parte della stazione appaltante, che ha ritenuto che integrassero il presupposto richiesto per l’applicazione dell’art. 34, comma 2 ultimo periodo, e cioè quegli "univoci elementi", tali da far desumere la riconducibilità delle offerte ad un unico centro decisionale.

Ciò che il secondo periodo del comma 2 dell’art. 34 intende sanzionare è la partecipazione ad una procedura da parte di due soggetti che, pur autonomi tra di loro, abbiano tuttavia condiviso informazioni in ordine alle reciproche offerte.

Gli elementi sui quali la stazione appaltante deve fondare l’esclusione devono essere univoci e concordanti, ma non possono raggiungere la prova piena della condivisione delle offerte a pena della stessa inapplicabilità del predetto articolo 34.

Nel caso all’esame i plurimi elementi puntualmente indicati dal Comune consentono, a parere del Collegio, di ritenere legittima l’applicazione della presunzione di cui all’art. 34, comma 2, che le argomentazioni dei ricorrenti non riescono a scalfire alla luce dell’obiettiva vicinitas dei due professionisti e della ragionevole eventualità che, in ragione dell’ubicazione dei loro uffici in un’unica sede e della condivisione di ogni occorrente servizio, abbiano potuto plausibilmente scambiare informazioni nella predisposizione delle loro offerte.

1.2) Anche gli ulteriori profili dedotti con il primo motivo di ricorso non meritano accoglimento.

La ratio della previsione di cui all’art. 34, comma 2 del D.Lgs. n. 163/06, volta in primis a tutelare il principio di segretezza delle offerte e la genesi di tale norma inducono a ritenere che tale disposizione sia applicabile anche ai professionisti e non solo alle imprese. Già nella vigenza dell’art. 10, comma 1bis, della L. 11 febbraio 1994, n. 109, la giurisprudenza aveva ritenuto che tale norma non si applicasse soltanto alle società "in quanto il rispetto dei fondamentali principi della par condicio e della segretezza delle offerte, posti a garanzia della regolarità della procedura concorsuale nell’interesse sia della p.a. che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a consentire un flusso formativo delle offerte, e informativo in merito alla fissazione dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa sottostanti, quale che sia la configurazione soggettiva con la quale le imprese partecipano alla gara e, quindi, anche nel caso di imprese individuali" (cfr. C.S. Sez. V 20.3.2007, n. 1328). A prescindere dalle definizioni normative di "operatore economico" e di "prestatore di servizi", richiamate dalla difesa dell’Amministrazione resistente onde ritenere applicabile l’art. 34, comma 2 del D.Lgs. n. 163/06 anche alla procedure di selezione tra professionisti, è la stessa natura del procedimento di evidenza pubblica, informato sul principio di segretezza delle offerte, a essere tutelato da tale norma; la sua violazione, pertanto, non può restare senza conseguenze, indipendentemente dalla natura soggettiva dei concorrenti, come peraltro desumibile anche dall’applicazione dei principi di cui all’art. 2 del medesimo D.Lgs. n. 163/06, richiamabili per tutti i contratti pubblici, in quanto contenuti nella parte I, titolo I del codice dei contratti.

La ratio, in forza del quale non possono partecipare alla medesima gara le imprese che si trovino in una delle situazioni di controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c., risiede, infatti, nell’evitare il turbamento nello svolgimento della gara, derivante da situazioni di influenza dominante tra più imprese, che possano incidere sulle offerte delle concorrenti, sulla loro media e sulla conseguente soglia di anomalia, con connessa violazione dei principi di segretezza dell’offerta, della par condicio e della trasparenza.

1.3) Per le medesime ragioni non può essere condiviso l’ulteriore rilievo dei ricorrenti, onde escludere l’applicabilità del citato art. 34, comma 2 e basato sul mancato richiamo, da parte del comma 2 dell’art. 91 (applicabile alla procedura di affidamento di che trattasi), delle disposizioni di cui alla parte II titolo I, tra le quali rientra anche l’art. 34, comma 2.

Come già illustrato, tale ultima norma è posta direttamente a fondamento del principio di segretezza delle offerte e della par condicio, dovendosi intendere quale espressione di un principio fondamentale dell’evidenza pubblica, come tale applicabile indipendentemente dal puntuale richiamo da parte degli atti di gara. Diversamente argomentando si perverrebbe all’irragionevole conseguenza di ritenere che il legislatore del codice, nel richiamare nel comma 1 dell’art. 91 tutte le previsioni della parte II del titolo I, cui invece non rinvia il comma 2, autorizzerebbe per le procedure per l’affidamento di incarichi di progettazione di importo inferiore ai 100.000 euro, uno svolgimento sottratto all’applicazione di principi fondamentali in materia di evidenza pubblica.

1.4) In conclusione l’art. 34, comma 2 del D.Lgs. n. 163/06 deve quindi essere ritenuto applicabile al caso di specie, sussistendo indizi gravi, precisi e concordanti del ridetto collegamento tra i due professionisti.

La stessa impostazione grafica e sigillatura per tutte le buste e quella della documentazione recante gli stessi recapiti, le medesime modalità di compilazione della domanda e della documentazione annessa, la spedizione dei plichi dallo stesso ufficio postale, lo stesso giorno e sostanzialmente alla stessa ora; l’identità delle diciture utilizzate per la dichiarazione di conformità delle copie prodotte e l’identica impostazione grafica delle stesse, la medesima residenza dei partecipanti, l’identità di oggetto di attività per entrambi integrano elementi che la giurisprudenza ha già ritenuto qualificare in termini di "oggettivi indizi gravi, precisi e concordanti" del collegamento tra le due imprese (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III 8.11.2004, n. 5717, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III 14.3.2003, n. 445). Il che ha trovato riscontro in casi in cui i ricorrenti insistevano, come nella fattispecie, per l’irrilevanza dei predetti elementi, poiché i concorrenti si sarebbero avvalsi di una medesima società specializzata per predisporre le domande di partecipazione, o perché le due concorrenti avrebbero condiviso gli spazi nel medesimo locale, pur restando formalmente distinte (v. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I 20.07.2010, n. 16858.

2) Infondato è anche il secondo motivo di ricorso, insussistente essendo il denunciato sviamento di potere.

L’Amministrazione aveva invitato i ricorrenti a partecipare alle procedure nn. 84 e 86/2008, sulla base della loro preventiva iscrizione all’Albo dei Professionisti, per cui il venir meno dei presupposti che avevano reso possibile l’iscrizione al predetto Albo ne ha poi giustificato la cancellazione, pur essendo gli elementi ostativi emersi soltanto successivamente in occasione dello svolgimento delle procedure di affidamento cui era preordinata l’iscrizione.

Anche il terzo motivo è egualmente infondato.

Legittimamente il Comune ha disposto l’escussione della cauzione provvisoria, poiché nelle procedure preordinate all’assegnazione di contratti con la Pubblica amministrazione il cosiddetto "patto d’integrità" configura un sistema di condizioni (o requisiti), la cui accettazione è presupposto necessario per la partecipazione delle imprese alle gare; con la sua sottoscrizione, infatti, l’impresa concorrente accetta regole che rafforzano in sede di gara quei comportamenti già doverosi per coloro che siano ammessi a parteciparvi e che prevedono, in caso di violazione di tali doveri, oltre all’esclusione dalla gara, anche le conseguenti sanzioni, fra le quali rientra l’incameramento della cauzione. Quest’ultima non ha, quindi, carattere di sanzione amministrativa, come tale riservata alla legge, ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e di doveri comportamentali, accompagnati dalla previsione di una responsabilità patrimoniale, aggiuntiva rispetto all’esclusione della gara, assunti su base pattizia, e che nella specie rinvengono fonte concorrente nel patto d’integrità accettato dal concorrente con la sottoscrizione (Consiglio Stato, sez. V, 8 settembre 2008 n. 4267).

Il ricorso è, poi, infondato anche alla luce della sopravvenuta archiviazione del procedimento penale avviato nei confronti dei due architetti a seguito della segnalazione operata dal Comune di Milano, nonché della sentenza della Corte di Giustizia 19.5.2009 C538/07 che ha dichiarato l’incompatibilità dell’art. 34 del DLgs. n. 163/06 con il diritto comunitario.

Ritiene il Collegio che l’archiviazione del procedimento penale instaurato nei confronti dei ricorrenti sia del tutto ininfluente nel caso di specie, essendo ben noto che, pur dovendosi tener conto in sede amministrativa dei fatti emersi nel corso del giudizio penale, l’Amministrazione è tenuta a valutarli autonomamente (C.S. Sez. VI 23.2.1999, n. 188).

Nel settore del collegamento sostanziale fra concorrenti in una gara d’appalto, quando i fatti agevolano il prodursi di effetti distorsivi sulle gare pubbliche, anche se non arrivino ad integrare fattispecie di reato quale la turbata libertà degli incanti, essi possono determinare alterazioni della procedura ad evidenza pubblica sotto i profili della trasparenza e della correttezza (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III 20.11.2006, n. 12736).

Va posto, poi, in evidenza che, con la sentenza della Sez. IV 19.5.2009, C538/07 della Corte di Giustizia è stato statuito che "l’art. 29, comma 1, della direttiva n. 92/50/CEE, pur elencando un numerus clausus di cause di esclusione dalle procedure di gara per i pubblici appalti, non osta a che uno Stato membro, in aggiunta a quelle contemplate da tale disposizione, preveda ulteriori misure finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, a condizione che tali misure non eccedano il cosiddetto principio di proporzionalità. Contrasta con il diritto comunitario una disposizione nazionale che, pur perseguendo gli obiettivi legittimi di parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, stabilisca un divieto assoluto di partecipare in modo simultaneo e concorrente a una medesima gara d’appalto, a carico di imprese tra le quali sussista un rapporto di controllo o che siano tra loro collegate, senza lasciare loro la possibilità di dimostrare che detto rapporto non ha influito sulla indipendenza e segretezza nella elaborazione delle rispettive offerte".

In conseguenza di tale pronuncia, l’articolo 3, comma 3, del D.L. 25 settembre 2009, n. 135 ha abrogato il comma 2 dell’art. 34 del D.Lgs. n. 163/06, secondo cui "non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile. Le stazioni appaltanti escludono, altresì, dalla gara i concorrenti per i quali accertano che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi".

Il medesimo D.L. n. 135/09 (art. 3 comma 1) ha, tuttavia, inserito la lettera mquater all’art. 38, comma. 1 del codice dei contratti, non consentendo la partecipazione ai concorrenti "che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale" (cfr. al riguardo C.S. Sez. VI 8.6.2010, n. 3637).

Non può pertanto sostenersi che la citata sentenza della Corte di Giustizia abbia inciso sulla presente controversia, non involgendo la vicenda il controllo di cui all’art. 2359 c.c., ma trattandosi nella specie soltanto di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale.

Il ricorso va conclusivamente respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite, in conseguenza della parziale novità delle questioni dedotte.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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