T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 25-01-2011, n. 199 Giurisdizione Conciliazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il presente ricorso la soc. A.P.N. S.r.l. ha impugnato la comunicazione datata 5.10.2009, con la quale era stata convocata dalla Direzione Provinciale del Lavoro per il tentativo obbligatorio di conciliazione, di cui all’art. 11 comma 1 del D.Lgs. n. 124/2004, a seguito di una richiesta di intervento formulata dal sig. T.G., dipendente della stessa ricorrente.

Il predetto art. 11, nella versione vigente all’epoca dei fatti per cui è causa, disponeva che "1. Nelle ipotesi di richieste di intervento ispettivo alla direzione provinciale del lavoro dalle quali emergano elementi per una soluzione conciliativa della controversia, la Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente può, mediante un proprio funzionario, anche con qualifica ispettiva, avviare il tentativo di conciliazione sulle questioni segnalate.

2. Le parti convocate possono farsi assistere anche da associazioni o organizzazioni sindacali ovvero da professionisti cui abbiano conferito specifico mandato.

3. In caso di accordo, al verbale sottoscritto dalle parti non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 2113, commi primo, secondo e terzo del codice civile.

5. Nella ipotesi di mancato accordo ovvero di assenza di una o di entrambe le parti convocate, attestata da apposito verbale, la direzione provinciale del lavoro dà seguito agli accertamenti ispettivi.

6. Analoga procedura conciliativa può aver luogo nel corso della attività di vigilanza qualora l’ispettore ritenga che ricorrano i presupposti per una soluzione conciliativa di cui al comma 1. In tale caso, acquisito il consenso delle parti interessate, l’ispettore informa con apposita relazione la Direzione provinciale del lavoro ai fini dell’attivazione della procedura di cui ai commi 2, 3, 4 e 5. La convocazione delle parti interrompe i termini di cui all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, fino alla conclusione del procedimento conciliativo".

Con il primo motivo la ricorrente sostiene che, come tutti i provvedimenti amministrativi idonei ad incidere nella sfera soggettiva di un determinato soggetto, anche la convocazione per il tentativo di conciliazione prevista dal citato art. 11 del D.Lgs. n. 124/2004, dovrebbe essere procedura da un procedimento amministrativo disciplinato dalla L. n. 241/90, e pertanto essere preceduta da un avviso di avvio del procedimento, e contenere una motivazione. Nel caso di che trattasi la ricorrente è stata convocata senza conoscere le ragioni per le quali la Direzione provinciale aveva ritenuto sussistenti i presupposti per il tentativo. La ricorrente, ha così ottenuto un rinvio dell’udienza prevista per il tentativo di conciliazione ad una data successiva, chiedendo contestualmente le ragioni della convocazione. La Direzione Provinciale del Lavoro ha successivamente comunicato alla ricorrente che il predetto dipendente T.G. aveva rivendicato il pagamento di ore di lavoro straordinario.

Con l’introdotto motivo la ricorrente ha allegato che, tra i procedimenti che eccezionalmente non sono sottoposti all’applicazione della L. n. 241, individuati dall’art. 13 della stessa, non vi sarebbero quelli di cui all’art. 11 del D.Lgs. n. 124 citato.

Con il secondo motivo si denuncia che la stessa norma contrasterebbe con gli artt. 2, 3, 24, 41, 76, 97 e 111 della Costituzione: l’automatismo previsto tra la mancata conciliazione e l’avvio della procedura ispettiva comporterebbe a suo dire un ostacolo al regolare funzionamento dell’impresa, la mancata conoscenza delle ragioni della richiesta del lavoratore al momento della convocazione del tentativo di conciliazione; il Legislatore delegato sarebbe, inoltre, incorso nell’eccesso di delega con riferimento alle ai criteri direttivi generali dettati dall’art. 8 della L. 14.2.2008.

Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione, essendo fondata la relativa eccezione sollevata dalla difesa della resistente.

La nota impugnata ha come presupposto una richiesta del privato nei confronti del proprio datore di lavoro, e come atto successivo la potenziale conciliazione tra di essi o in alternativa un giudizio davanti al giudice del lavoro. Parimenti, gli esiti dell’eventuale procedimento ispettivo non sono giustiziabiili davanti al giudice amministrativo. Sarebbe, infatti, contraddittorio ritenere che, mentre a valle e a monte della nota impugnata con il presente ricorso, sulle pretese azionate dalle parti la giurisdizione è quella del giudice civile, a fronte di un semplice invito a presentarsi per un tentativo di conciliazione vi sarebbe la giurisdizione del giudice amministrativo, vertendosi anche in tale fase del procedimento in un’area popolata esclusivamente da diritti soggettivi.

Il ricorso sarebbe peraltro anche inammissibile, non potendo riconoscersi nessuna lesività ad una nota di invito ad un tentativo di conciliazione, che rimane in ogni caso un atto meramente propedeutico ed inidoneo a incidere negativamente sulla posizione soggettiva della ricorrente.

Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando essa al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.

Il giudizio potrà conseguentemente essere riassunto davanti al Giudice del lavoro (cfr. SS.UU. 22.7.07, 4109; Corte cost. 12.3.07, n. 77; Cons. Stato Sez. VI 28.6.07, n. 3801)

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione. Assegna alla ricorrente il termine di tre mesi in applicazione del generale principio della translatio iudicii per la riassunzione del presente processo davanti al Giudice del Lavoro, decorrente dalla data di comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Condanna la ricorrente al pagamento delle competenze e degli onorari di giudizio che liquida in Euro 1.500,00, oltre al 12,5% delle spese fortetariamente calcolate

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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