Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-12-2010) 28-01-2011, n. 3113

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A seguito di rito abbreviato, C.A. è stato condannato dal Tribunale di Brindisi perchè ritenuto colpevole di violazione di domicilio in pregiudizio della ex moglie I. A., sentenza confermata dalla Corte d’Appello di Lecce il 20.5.2009.

Il ricorso, interposto dalla difesa del C., censura l’erronea applicazione della legge penale, difettando il requisito, essenziale della fattispecie, dell’altruità della dimora, poichè l’abitazione in cui si introdusse il prevenuto non era luogo di esclusiva abitazione della p.o., essendo immobile di promiscuo godimento (tanto che il C. deteneva le chiavi di ingresso).
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato e generico.

Il medesimo motivo venne dedotto con il gravame di appello e la decisione impugnata ha puntualmente ricordato che l’Ordinanza presidenziale, in sede di separazione coniugale del C., assegnò la casa di (OMISSIS), alla I. ed, anzi, ordinò all’attuale ricorrente di renderla libera entro breve termine (fine gennaio 2005). Si tratta di una premessa di fatto che non può essere qui ulteriormente considerata dal giudice di legittimità.

Il possesso delle chiavi (non utilizzate, avendo l’imputato effratto la porta) era quindi, alla data della commissione del fatto, (OMISSIS), illegittimo (e la ragione dello stesso è spiegata attentamente dai giudici di appello) poichè il C. non poteva vantare più alcun diritto sull’immobile, ormai definitivamente ed esclusivamente assegnato all’ex coniuge.

Del resto, proprio dal provvedimento qui impugnato, si apprende che la ragione di quell’ingresso era fortemente invisa alla donna che, conseguentemente, non avrebbe mai offerto il suo consenso.

Ovviamente la violazione del precetto giudiziale non aveva certamente la capacità di elidere il diritto della I., nè la condotta antidoverosa assunta dal C. poteva dar vita ad una consuetudine contro jus, poichè la consuetudine può avere efficacia scriminante solo in quanto sia stata richiamata da una legge, secondo il principio proprio della gerarchia delle fonti, tratteggiata dall’art. 8 preleggi.

Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna al pagamento delle spese del procedimento ed anche al versamento della somma a favore della Cassa per le Ammende che si ritiene equo fissare in Euro 1.000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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