Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 26-11-2010) 28-01-2011, n. 3126 Revoca e sostituzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 24.7.2009 la Sezione per il riesame dei provvedimenti cautelari del Tribunale di Palermo veniva rigettato l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Palermo in data 24.6.2009, con la quale veniva revocata la misura cautelare applicata nei confronti di S.C. sulla base del ritenuto effetto estensivo del provvedimento di revoca della misura disposto dallo stesso Tribunale nei confronti del coindagato B. L..

Con sentenza in data 18.2.2010 la prima sezione penale di questa Corte annullava con rinvio la citata ordinanza del Tribunale di Palermo, rilevando la mancata definitività della pronuncia nei confronti del B..

A seguito del rinvio, con l’ordinanza oggi impugnata veniva applicata nei confronti dello S. la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di corruzione commesso dal (OMISSIS) in concorso con B.L., V.G., O. G., Ve.Em., P.F.M.D.J., R.G.J., G.N.J.R. e L. S.A. dando o promettendo somme di denaro a funzionari del Banco Centrale Venezuelano perchè gli stessi autenticassero falsi titoli di Stato venezuelani da depositare a garanzia dell’apertura di una linea di credito in favore suo e dei coimputati.

Il ricorrente lamenta:

1. carenza di motivazione sulla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza;

2. carenza di motivazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è infondato.

Nell’ordinanza impugnata si richiamavano in proposito i contenuti delle intercettazioni telefoniche effettuate, dalle quali risultava fra l’altro che il 26.9.2007 lo S. ed il G.N. parlavano della transazione, il 5.9.2007 il B. parlava con l’ O. della disponibilità di una persona del luogo che pretendeva altro denaro oltre i trentamila dollari già ricevuti, il 15.10.2007 seguito di richiesta del B. lo S. diceva che non era arrivato niente, che ne aveva parlato con J.R. G. e che si attendevano notizie da (OMISSIS) lo S. parlava con il G.N. dei contatti con tale Pa., loro interlocutore nell’operazione, e in numerose altre occasioni lo S. ed il V. si tenevano aggiornati sull’evoluzione dell’operazione ed in particolare sul blocco dei titoli di stato, della cui esecuzione lo S. riferiva immediatamente al V..

Il ricorrente, posto che gli indizi i quali, ai sensi dell’art. 273 c.p.p., giustificano l’applicazione di una misura cautelare si differenziano da quelli che l’art. 192 c.p.p., comma 2, pone a sostegno della condanna solo per essere i primi rilevabili in un materiale processuale in evoluzione, ma che gli stessi devono presentarne sostanzialmente la medesima capacità dimostrativa, osserva che, delle conversazioni riportate, quelle direttamente riferibili allo S. sono di mero commento allo svolgimento dell’operazione, che lo S. mostrava di non essere In grado di incidere significativamente sugli esiti dell’operazione e di influenzare in particolare i comportamenti del tale Pa. e che non è provata, e comunque non è motivata, la conoscenza in capo allo S. di tutti gli aspetti dell’operazione ed in particolare della dazione di denaro e dell’essere la stessa oggetto di una corruzione piuttosto che di una richiesta concussiva.

Il presupposto giuridico sul quale si fonda l’argomentazione del ricorrente è tuttavia inesatto. La nozione di indizio di colpevolezza oggetto della previsione dell’art. 273 c.p.p., è invero sostanzialmente diversa da quella di indizio che compare nell’art. 192 c.p.p.; laddove quest’ultima designa infatti la categoria della prova indiretta, indicandone nella gravità, precisione e concordanza i requisiti che la rendono idonea alla prova di un fatto nell’ambito del giudizio conclusivo del processo, la prima, nel riferirsi genericamente agli elementi acquisiti nelle indagini, si limita a stabilirne il livello dimostrativo necessario ai più contenuti fini dell’applicazione di una misura cautelare, definendolo, con l’attributo della sola gravità, nei termini di una probabilità qualificata di responsabilità dell’imputato (Sez. 2^, n. 18103 del 10.1.2003, imp. Sirani, Rv. 224395; Sez. 4^, n. 37878 del 6.7.2007, imp. Cuccaro, Rv. 237475).

Tale essendo la prospettiva valutativa da adottarsi ai fini che qui interessano, il provvedimento impugnato contiene una motivazione adeguata rispetto alla significatività dei contenuti delle intercettazioni telefoniche in termini di elevata probabilità di partecipazione dello S. all’operazione criminosa. Da detti contenuti viene infatti coerentemente tratta la conclusione di un costante e specifico interessamento dell’indagato nelle varie fasi dell’operazione stessa, ivi compresa quella, decisiva, del blocco dei titoli di stato, e dei contatti diretti dello S. con diversi soggetti coinvolti nella vicenda; conclusione la cui di mostrati vita in tema di responsabilità dell’indagato è oggetto di un passaggio argomentativo assolutamente logico e privo di contraddizioni.

Il ricorso deve pertanto, per questo aspetto, essere rigettato.

2. Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso, relativo alla sussistenza delle esigenze cautelari.

Nell’ordinanza impugnata si osservava in merito come l’adesione dell’indagato all’attività illecita fosse sintomatica della sua tendenza a commettere reati analoghi, avuto riguardo alla spregiudicata strumentalizzazione a fini privati di rapporti con istituti di credito stranieri in collaborazione con soggetti di diverse nazionalità.

Il ricorrente censura il carattere tautologico di detta motivazione, che si risolverebbe nel dedurre la reiterabilità del reato dalla mera circostanza dell’avvenuta commissione dello stesso, e la mancata valutazione della personalità dell’indagato oltre che delle modalità del fatto.

Quanto a quest’ultimo profilo, la motivazione del provvedimento impugnato, ben lungi dall’omettere la valutazione della personalità dell’indagato a fini cautelari, desumeva viceversa conclusioni negative in merito sulla base di quelle stesse modalità commissive esaminate ai fini del giudizio sulla gravità del fatto; il che costituisce procedimento senz’altro ammissibile, considerato che alle modalità del fatto può essere attribuita la duplice valenza di connotati espressivi della gravità della condotta e di dati sintomatici di una personalità proclive alla commissione di reati (Sez. 5^, n. 8429 del 24.11.2004, imp. Filippelli, Rv. 231170; Sez. 2^, n. 38615 del 24.9.2008, imp. Di Mariano, Rv. 241465).

Nel caso di specie, il pericolo di reiterazione della condotta criminosa veniva desunto dal Tribunale non, come ritiene il ricorrente, dalla mera realizzazione del reato, ma da precisi aspetti commissivi rappresentati dalla collaborazione con soggetti di diverse nazionalità e dalla strumentalizzazione dell’attività di istituti di credito esteri. L’argomentazione con la quale venivano tratte da questi elementi indicazioni di gravità del fatto e personalità dell’indagato tali da rendere probabile che lo stesso commettesse reati della stessa tipologia appare del tutto logica e coerente, essendo la propensione ad operare illecitamente a livello finanziario in campo internazionale dato sicuramente rappresentativo di attitudine alla realizzazione di reati di elevato spessore criminale.

Detta motivazione è pertanto immune da censure in questa sede.

Il ricorso deve in conclusione essere rigettato, seguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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