T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 25-01-2011, n. 174 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 12 aprile 2010 e depositato il 5 maggio successivo, la ricorrente ha impugnato le prescrizioni contenute nel Verbale della Conferenza dei Servizi del 18 febbraio 2010, con cui gli Enti resistenti hanno rigettato l’analisi di rischio presentata dalla stessa ricorrente e le hanno ordinato di presentare un nuovo documento di valutazione rischi e di provvedere, entro 45 giorni dalla data della deliberazione, alla rimozione della parte di tubazione posta in sicurezza e presente all’interno dello scavo, realizzato nel 2008 per l’asportazione di rifiuti interrati, e alla sigillatura del piezometro W9 e sostituzione dello stesso con due piezometri opportunamente fenestrati nell’acquifero superficiale e nell’acquifero profondo.

A sostegno del gravame vengono dedotte le censure di violazione, per erronea applicazione, dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990, di eccesso di potere per violazione del principio di efficacia ed economicità dell’azione amministrativa, di violazione, per erronea applicazione, dell’art. 242 del D. Lgs. n. 152 del 2006, dell’art. 5 della legge regionale n. 30 del 2006 e della deliberazione della Giunta regionale n. 8/4033 del 24 gennaio 2007, di eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per violazione delle norme sul giusto procedimento ed illogicità dell’istruttoria svolta.

Pur essendo avvenuto il trasferimento, attraverso l’art. 5 della legge regionale n. 30 del 2006, della competenza ad indire la Conferenza di servizi relativa ai procedimenti di bonifica dei siti inquinati in capo al Comune, comunque sarebbe necessario l’intervento della Regione in sede di approvazione o reiezione del Piano di rischio, contrariamente a quanto avvenuto nel caso di specie; difatti alla riunione della Conferenza di servizi del 18 febbraio 2010 la Regione Lombardia non risulterebbe intervenuta. Inoltre l’istruttoria, condotta attraverso la valutazione del documento di analisi, non sarebbe stata svolta in contraddittorio con il soggetto responsabile, ma si sarebbe svolta soltanto con gli interventi del Comune resistente e del Dipartimento A.R.P.A. di Varese. Oltretutto, anche i presupposti che avrebbero fondato le determinazioni del tavolo tecnico sarebbero erronei, dato che sarebbe stata attribuita la redazione del modello concettuale a soggetti diversi da quello che effettivamente l’avrebbe predisposto, ossia la ricorrente, e sarebbe stato ammesso impropriamente l’intervento della controinteressata G.M. nel procedimento.

Con ulteriori censure vengono dedotti l’eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa, la violazione, per erronea applicazione, dell’art. 242, comma 4, e dell’Allegato 1 alla Parte Quarta del D. Lgs. n. 152 del 2006, la violazione, per erronea applicazione, dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990 e la carenza di istruttoria e il difetto di motivazione.

Illogicamente si sarebbe preteso che il punto di conformità (POC) per le acque sotterranee, da collocarsi normativamente al confine del sito, avrebbe dovuto essere individuato in prossimità di una recinzione che si troverebbe all’interno della proprietà della ricorrente. Inoltre, illegittimamente, a parere degli enti interessati, si sarebbe dovuto tenere conto di tutte le analisi effettuate sul sito, non reputandosi sufficienti soltanto quelle effettuate in tempi più recenti, visto che non si sarebbe dovuto prescindere dagli interventi di bonifica già realizzati con rilevanti costi dalla ricorrente. Anche la necessità di realizzare nel termine di 45 giorni la sigillatura del piezometro W9 e la sua sostituzione sarebbe illegittima.

Infine, vengono dedotti la violazione, per erronea applicazione, degli artt. 192, 239, 242 e 245 del D. Lgs. n. 152 del 2006, l’eccesso di potere per illogicità dell’azione amministrativa ed erroneità dei presupposti e il difetto di motivazione.

Con riferimento all’obbligo di rimuovere la parte di tubazione presente all’interno dello scavo, se ne eccepisce l’illegittimità, in quanto mancherebbero sia i presupposti soggettivi, ossia la responsabilità dell’inquinamento in capo alla ricorrente, sia quelli oggettivi, visto che non si tratterebbe tecnicamente di un rifiuto e, qualora lo fosse, avrebbe dovuto applicarsi la Parte Quarta del D. Lgs. n. 152 del 2006 che avrebbe richiesto una procedura alquanto diversa da quella seguita nel caso oggetto della presente controversia.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Mornago e la controinteressata G.M. S.p.a., che, in via preliminare, hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, ne hanno chiesto il rigetto.

Con memorie depositate in prossimità dell’udienza di discussione del merito della controversia, le parti hanno insistito per le rispettive conclusioni.

Alla pubblica udienza del 9 dicembre 2010, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare va scrutinata l’eccezione, proposta dal Comune di Mornago, di inammissibilità del ricorso per mancanza di lesività dell’atto adottato dalla Conferenza di servizi in data 18 febbraio 2010 e in questa sede impugnato.

1.1. L’eccezione è fondata.

Come statuito anche dalla più recente giurisprudenza, che il collegio condivide, "il provvedimento finale non rappresent(a) soltanto una sorta di momento meramente riepilogativo (e dichiarativo) delle determinazioni assunte in sede di Conferenza, ma (…) esso rappresent(a) un vero e proprio momento costitutivo delle determinazioni conclusive del procedimento" (Consiglio di Stato, VI, 15 luglio 2010, n. 4575; 3 dicembre 2009, n. 7570).

Ciò appare confermato dalla stessa lettera dell’art. 14ter della legge n. 241 del 1990 che, al comma 6 bis, stabilisce espressamente che, all’esito dei lavori della conferenza, l’Amministrazione procedente adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento.

In tal modo il legislatore ha inteso accrescere "la valenza sistematica e la piena autonomia concettuale, nell’ambito dell’agere amministrativo, del momento provvedimentale, (lasciando) inalterato il complessivo sistema di garanzie trasfuso nel nuovo Capo IVbis della l. 241 del 1990, con particolare riguardo all’onere di comunicazione, all’acquisto di efficacia e – sussistendone le condizioni – al carattere di esecutorietà del provvedimento" (Consiglio di Stato, VI, 15 luglio 2010, n. 4575).

2. La necessità dell’adozione di un provvedimento finale conclusivo appare tanto più necessaria laddove, come nel caso di specie, si pongano dei dubbi in ordine alla correttezza dell’iter procedimentale seguito nell’indizione e nello svolgimento della Conferenza di servizi. Difatti, in tal senso, appare evidente l’illegittimità del modus procedendi utilizzato in sede di svolgimento dei lavori della Conferenza, visto che nel corso degli stessi non è stata coinvolta assolutamente la Regione, come invece richiesto esplicitamente dall’art. 242 del D. Lgs. n. 152 del 2006 e dalla normativa regionale.

3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per mancanza di lesività dell’atto impugnato, in quanto avente natura endoprocedimentale.

4. In ragione dell’arresto della controversia ad una fase preliminare, le spese di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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