Cass. civ. Sez. V, Sent., 28-02-2011, n. 4785 Imposta incremento valore immobili – INVIM

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato (nel domicilio eletto nel giudizio di appello) a S.P., l’AGENZIA delle ENTRATE – premesso che: (1) "con atto pubblico reg.to il 21 giugno 1993 … S.P. e altri ponevano in essere un atto di integrazione della scrittura privata reg.ta il 28 settembre 1992 con la quale si era attuata la trasformazione dell’impresa familiare in società in accomandita semplice"; (2) "il fine di tale atto era integrare la situazione patrimoniale descritta nella menzionata scrittura privata, dal cui attivo i contribuenti sostenevano essere stato escluso, per mero errore tecnico, l’albergo in Sorrento denominato "(OMISSIS)"; (3) "nell’atto venivano pertanto invocati i benefici, fiscali di cui alla L. n. 413 del 1991 che prorogava i termini della L. n. 75 del 1993" ("tali normative, ricollegandosi al D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, convertito nella L. 17 febbraio 1985 n. 17, prevedono l’esenzione dall’imposta di registro e la riduzione dell’INVIM al 50% per gli immobili compresi nell’azienda"): "l’atto pertanto scontava la sola tassa fissa e l’INVIM ridotta nella misura di cui sopra"; 4) "con avviso di accertamento … notificato in data 29 novembre 1995" l’Ufficio "riduceva il solo valore iniziale, riferito al 1977, da L. 3.605.000.000 dichiarati a L. 1.611.500.000"; (5) "successivamente, con avviso di liquidazione notificato alle parti tutte" l’Ufficio "revocava le … agevolazioni fiscali rappresentando che le stesse non potevano applicarsi alla fattispecie in quanto l’albergo " (OMISSIS)" non era compreso tra i beni dell’impresa familiare ma faceva parte del patrimonio di … S.P., come dimostrato dalla mancata contabilizzazione dello stesso nei detti beni dell’impresa e da quanto emerso in sede di verifica documentale svolta da funzionar dell’Ufficio" stesso -, in forza di un solo motivo, chiedeva di cassare la sentenza n. 76/24/05 della Commissione Tributaria Regionale della Campania (depositata il 4 maggio 2005) che aveva recepito parzialmente ("elevando il valore iniziale accertato dall’Ufficio a L. tre miliardi") l’appello del contribuente avverso la decisione (164/29/02) con cui la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli aveva accolto anch’ essa in parte ("aumentando del 20% il valore iniziale accertato dall’Ufficio") il ricorso con cui lo S. aveva eccepito "carenza di motivazione dell’atto e infondatezza nel merito dei valore iniziale accertato, contestando inoltre la revoca delle agevolazioni relative alla tassazione principale".

Il 2 dicembre 2010 lo S. depositava "procura ad litem" conferita in Sorrento all’avv. Benedetto CASTELLANO con atto per notar Dente (notaio in Napoli) del 29 ottobre 2010.
Motivi della decisione

1. La Commissione Tributaria Regionale premette: " S.P. … impugnava l’avviso di accertamento" ("con il quale l’Ufficio …, in relazione all’atto … registrato il 21 giugno 1993, fermo restando ai fini INVIM il valore finale dichiarato di L. 4.597.000.000, riduceva quello iniziale da L. 3. 605.000.000 a L. 1.611.500.000") (a) lamentando "la mancanza di una valida motivazione che avrebbe prodotto la nullità dell’atto", (b) precisando, "nel merito", che "la realizzazione in economia del cespite conferito (Albergo (OMISSIS)) era iniziata in epoca anteriore al 1973 (precisamente nel 1968, cioè immediatamente dopo la concessione della licenza edilizia, e quindi senza vincolo di documentazione per le spese di costruzione D.P.R. n. 643 del 1912, ex art. 18 come indicato nell’atto) e che successivamente al 1977 erano stati effettuati ingenti lavori di miglioria per la realizzazione della piscina e relativa zona attrezzata come da licenza edilizia del 5.5.80, nonchè l’aggiunta di due livelli per complessivi mq.

1.176.90, che avevano portato il totale dell’opera a sei piani fuori terra (compreso il seminterrato), per i quali è era stata domanda di condono come allegata all’atto" e (c) "contestando infine la revoca dei benefici di cui alla L. 41 del 1991 (prorogata con L. n. 75 del 1993) operata dall’Ufficio senza motivazione" per cui "chiedeva dichiararsi la nullità dell’atto, e in via gradata di confermarsi il valore iniziale dichiarato e in via ancora più gradata attenuare congruamente l’esagerata e vessatoria svalutazione operata dall’Ufficio".

Tanto premesso, il giudice di appello ha accolto parzialmente l’impugnazione del contribuente ("elevando il valore iniziale accertato dall’Ufficio a L. tre miliardi") osservando:

"tenendo conto dei valori ambientali, della effettiva entità del bene e della svalutazione monetaria già sopravvenuta nel 1911, ritiene congruo stimare il valore iniziale dell’albergo conferito in L. tre miliardi".

Il medesimo giudice, "inoltre", ha "dichiara(to) spettante l’agevolazione prevista per chi trasforma in società l’impresa familiare ( L. n. 413 del 1991, art. 29), atteso che dalla documentazione agli atti risulta che l’immobile rientrava tra i beni di cui la multiforme impresa si avvaleva, sia che l’albergo fosse diretto in proprio, che gestito da terzi". 2. Con il suo ricorso l’Agenzia impugna (solo) quest’ ultimo punto ("comprensione o meno dell’albergo "(OMISSIS)" nel complesso aziendale trasformatosi, nel 1992 in società in accomandita semplice") e denunzia "violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 29" (il quale "prevede un’ agevolazione fiscale per le imprese familiari ai fini della loro trasformazione in società in nome collettivo o in accomandita semplice, mediante conferimento di azienda"), oltre che "insufficienza della motivazione" e "violazione dell’art. 230 bis c.c. e dei criteri ermeneutica ( art. 1362 c.c.)", esponendo:

"un’altra sentenza pronunciata tra le medesime parti da altra sezione della Commissione tributaria di Napoli", "passata in giudicato", "di segno opposto a quella impugnata", "evidenzia in modo semplice e chiaro la situazione di fatto e giuridica, con una triplice constatazione": (1) "la dichiarazione di impresa familiare del 28.12.1991 aveva ad oggetto esercizio pubblico di bar-tabaccheria e stabilimento balneare", 2 "l’atto del 25 settembre 1992 relativo alla trasformazione di impresa familiare in s.a.s. con il quale la parte ha usufruito dei benefici fiscali di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 29, comprende la gestione di un complesso alberghiero " (OMISSIS)" per il quale si esibisce un contratto di fitto di azienda alberghiera"" e (3) "in data 2 giugno 1993 con atto integrativo si inserisce nello stato patrimoniale di detta società un cespite immobiliare per un valore di L. 1.151.910.000 affermando che non era stato compreso nello stato patrimoniale dell’atto precedente per mero errore"; "dagli atti si rileva perciò che la gestione di detto albergo non faceva parte dell’impresa familiare alla data della richiesta di dette agevolazioni fiscali, essendo concessa in fitto d’ azienda" perchè "l’immobile suddetto era incluso, invece, nel patrimonio personale del contribuente e non nello stato patrimoniale della detta impresa familiare"; "ciò premesso, non potevano concedersi i richiesti benefici fiscali, ed è perciò legittima la pretesa fiscale contenuta nell’impugnato avviso di liquidazione".

Secondo la ricorrente:

– "non vi è dubbio che l’iter argomentativo della sentenza riportata, peraltro passata in giudicato, enuncia con precisione i termini della questione: nell’atto di trasformazione dell’impresa familiare, infatti, si cita il contratto di affitto stipulato tra …

S. e tale … D.M.U., relativo all’"esercizio alberghiero, bar e ristorante, corrente in (OMISSIS), sotto l’insegna Hotel (OMISSIS) contratto registrato a Castellammare di Stabia in data 20 marzo 1985 n. 7/7";

– "tale dichiarazione, contenuta nell’atto di trasformazione dell’impresa familiare, evidenzia che la gestione dell’albergo era stata data in affitto a terzo soggetto, secondo lo schema dell’affitto di azienda previsto dall’art. 2562 c.c.".

Per l’Agenzia "tale circostanza risulta decisiva per escludere il diritto all’agevolazione fiscale, atteso che la gestione dell’albergo non rientrava nell’attività dell’impresa familiare" avendo la "giurisprudenza pacifica di questa … Corte afferma(to) che: "con l’affitto a terzi dell’azienda, il locatore perde la qualità di imprenditore, per cui non ha più diritto a portare in deduzione le spese edilizie straordinarie, necessarie per la ristrutturazione radicale degli immobili costituenti l’azienda e per rendere questa utilizzabile per gli scopi della società affittuaria" (Cass. 5^ sez. 21583/2005)": "nel caso di specie la concessione a terzi della gestione dell’albergo "(OMISSIS)" non aveva estinto l’attività dell’impresa familiare, la quale aveva ad oggetto anche la gestione di bar-tabaccheria, ma ne aveva però delimitato i confini, sicchè la gestione dell’albergo non poteva considerarsi rientrante nell’attività e pertanto beneficiarla dei benefici fiscali previsti dalla L. 413 del 1991" per cui "erra … la Commissione di secondo grado laddove, nella sentenza impugnata, attesta che "dalla documentazione agli atti risulta che l’immobile rientrava tra i beni di cui la multiforme impresa si avvaleva, sia che l’albergo fosse diretto in proprio che gestito da terzi"".

"Tale affermazione", aggiunge l’ente pubblico, ".risulta insufficiente in relazione alle conclusioni prese" perchè "del tutto apodittica e non esamina in alcun modo il punto decisivo della controversia, ovvero la presenza di un contratto di affitto di azienda che aveva eliminato tale attività da quella gestita dai familiari dello … S., tale da qualificarla, appunto, impresa familiare" mentre ("viceversa") "non vi possono essere dubbi sul fatto che la interpretazione corretta da darsi all’atto di trasformazione non può che comportare alla esclusione del beneficio di legge, concesso dalla legge evidentemente solo per incoraggiare le attività svolte dai familiari e non quelle gestite da terzi". 3. Il ricorso è fondato.

A. L’art. 29 (come modificato dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 4, convertito nella L. 24 marzo 1993, n. 75) L. 30 dicembre 1991, n. 413 disponeva che "le imprese familiari, ai fini della loro trasformazione in società in nome collettivo o in accomandita semplice, mediante conferimento d’azienda, possono avvalersi, fino al 30 settembre 1993, delle disposizioni di cui al D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 3, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 febbraio 1985, n. 17, purchè costituite e risultanti da atto pubblico o da scrittura privata autenticata ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5, ultimo comma e successive modificazioni, alla data del 31 dicembre 1991".

Per il comma 16 (come modificato dall’articolo unico della L. 17 febbraio 1985, n. 17, in sede di conversione) del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 3 "se tra l’imprenditore e i collaboratori familiari di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5, comma 4, indicati nell’atto pubblico o nella scrittura privata ivi previsti, venga costituita, con atto sottoposto a registrazione entro il 30 settembre 1985, una società in nome collettivo o in accomandita semplice con contestuale conferimento dell’azienda da parte dell’imprenditore, il conferimento stesso è soggetto alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa e non è considerato cessione agli effetti delle imposte sul reddito;

l’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili compresi nell’azienda è ridotta alla metà. Il riferimento a quarto comma del suddetto art. 5 si intende fatto al testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto".

Dall’esame delle norme riprodotte si evince che: – la possibilità di avvalersi delle "disposizioni di cui al D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 3, comma 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 febbraio 1985, n. 17" è stata concessa unicamente alle "imprese familiari, ai fini della loro trasformazione in società in nome collettivo o in accomandita semplice, mediante conferimento d’azienda";

l’"azienda" da conferire (ovverosia, giusta la "nozione" data dall’art. 2555 cod. civ., "il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa") è quella "familiare", ovverosia, giusta il rinvio "al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5, comma 4", all’impresa da cui il titolare ed i familiari (in proporzione "alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell’impresa") ricavano il rispettivo reddito.

B. Il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51 (ora art. 55) ( TUIR), poi, considera "redditi di impresa" (oltre ad altri, anche per i quali è comunque costante il riferimento all’"esercizio" di una specifica "attività") "quelli che derivano dall’esercizio di imprese commerciali": i "redditi" qualificabili come "di impresa", quindi, sono unicamente quelli che "derivano dati esercizio di imprese" ("commerciali"; "prestazione di servizi"; "agricole").

C. Dal combinato disposto di tale norma e di quelle richiamate al punto D.l. discende che:

(1) un "reddito" può essere qualificato d’"impresa" soltanto se prodotto nell’"esercizio" di un’impresa, quindi è tale solamente per il soggetto che esercita effettivamente l’attività economica che lo produce;

(2) un’impresa va qualificata come "familiare" se i soggetti legati da "rapporto di parentela o di affinità con l’imprenditore" prestino concretamente il proprio "lavoro" nell'(attività esercitata dall’)impresa stessa, per cui il reddito complessivo viene ripartito in misura proporzionata alla "qualità e quantità di lavoro effettivamente prestato nell’impresa" da ognuno dei partecipanti;

(3) il "conferimento d’azienda" considerato nella L. n. 413 del 1991, art. 29 "ai fini della … trasformazione in società in nome collettivo o in accomandita semplice" di una "impresa familiare" è solo quello che abbia ad oggetto l’"azienda" (o parte di essa) nella quale i parenti e/o gli affini dell’imprenditore partecipi dell’impresa familiare prestino la loro opera effettiva al momento del "conferimento", divisato per operare la "trasformazione" dell’impresa in società.

L’evidente finalità di rafforzamento della posizione dei partecipi dell’impresa familiare conseguente all’acquisto, da parte degli stessi, dello status di soci: cfr., Cass., lav. 20 giungo 2003 n. 9897, secondo cui "mentre l’impresa collettiva esercitata per mezzo della società semplice appartiene per quote, eguali o diverse, a più persone (art. 2251 e segg. cod. civ.), l’impresa familiare di cui all’art. 230 bis cod. civ. appartiene solo al suo titolare, mentre i familiari partecipanti hanno diritto ad una quota degli utili" e "tale regime" non è "escluso qualora uno dei beni aziendali sia di proprietà di alcuno dei familiari" perseguita dalla norma agevolativa, quindi, esclude ogni rilevanza giuridica alla distinzione (disconoscimento del beneficio in questione solo in "ipotesi di fitto "dell’unica azienda" da parte dell’imprenditore individuale" e non anche in quella di affitto di un ramo di azienda) proposta dal contribuente perchè un ramo di azienda dato in affitto (quindi imprenditorialmente gestito da altri), giuridicamente, non fa più parte dell’"azienda" (solo per il cui conferimento le disposizioni richiamate apprestano il beneficio fiscale negato dall’Ufficio) dell’impresa familiare perchè nessuno dei partecipi presta (o può prestare) il suo lavoro in quel "ramo" unicamente in forza del rapporto di parentela (insussistente con l’affittuario estraneo): conseguentemente viene meno qualsiasi giustificazione (anche logica) per il riconoscimento del trattamento fiscale di cui all’art. 29 della legge.

D. In definitiva deve affermarsi che per l’atto registrato il 21 giugno 1993 il contribuente non può beneficiare dell’agevolazione prevista dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 29. 4. La novità della questione consiglia di compensare integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione e, decidendo sul punto la causa nel merito, dichiara non spettare al contribuente l’agevolazione prevista dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 29; compensa integralmente tra le parti le spese processuali dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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