T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 86 Armi, in genere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Col presente ricorso, notificato il 27 novembre 2008 e depositato il 22 dicembre successivo, R.F. ha impugnato il decreto in epigrafe indicato contenente il divieto di detenere armi e munizioni.

Formula i seguenti motivi di ricorso:

1. Violazione artt. 7 ed 8 L. n. 241 del 1990, violazione del contraddittorio e del giusto procedimento amministrativo: sono mancate le ragioni di celerità ed urgenza tali da giustificare l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento;

2. Violazione degli artt. 11 e 43 del R.D. n. 773 del 1931 (Testo unico leggi pubblica sicurezza – TULPS), eccesso di potere per sviamento, difetto d’istruttoria, violazione del principio del contraddittorio e del giusto procedimento amministrativo: nella fattispecie in discussione non ricorre alcuna ipotesi che le norme citate sanzionano con la revoca automatica né alcuna delle condizioni, indicate dall’art. 11, comma 3, per la revoca di autorizzazioni.

3. Violazione art. 3 L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per difetto di motivazione.

Per i denunziati vizi, il ricorrente ha chiesto in accoglimento del ricorso, l’annullamento del decreto impugnato ed il risarcimento dei danni subiti, vinte le spese.

Si è costituita in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato per conto delle amministrazioni intimate, depositando documenti e producendo memoria difensiva nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

Con ordinanza cautelare n. 5 dell’8 gennaio 2009, questo TAR ha respinto la domanda di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

All’udienza pubblica del 16 dicembre 2010, la causa è passata in decisione.
Motivi della decisione

1.- Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.

2.- Il secondo ed il terzo motivo di ricorso, considerati i profili di omogeneità delle contestazioni negli stessi sollevate, possono essere trattati congiuntamente.

Il ricorrente richiama a sostegno delle proprie ragioni gli artt. 11 e 43 del richiamato R.D. n. 773 del 1931. Il richiamo tuttavia non è pertinente al caso in esame, posto che non si versa in alcuna delle ipotesi che le norme citate contemplano, le quali prevedono l’applicazione automatica della revoca nel caso di determinate condanne penali o sottoposizione a determinate misure preventive di polizia o di sicurezza personale.

La fattispecie di cui si controverte rientra invece nell’ipotesi prevista dall’art. 39 del TULPS, il quale attribuisce al Prefetto la facoltà di vietare la detenzione di armi, munizioni e materie esplodenti alle persone che possano abusarne.

Il potere del Prefetto di vietare il rilascio del titolo di polizia – o di disporne la revoca- si basa su apprezzamenti ampiamente discrezionali delle situazioni di fatto esistenti, soggetti al sindacato di legittimità per i soli profili di illogicità ed incoerenza manifesta, di difetto dei presupposti, ovvero per assoluto difetto di motivazione (Cons. St., sez. VI, n. 2576 del 10.5.2006), elementi che non si ravvisano nel caso in esame.

Al riguardo la giurisprudenza amministrativa ha più volte chiarito che la facoltà di detenere le armi non corrisponde ad un diritto il cui affievolimento debba essere assistito da garanzie di particolare ampiezza. Il nostro ordinamento in materia di pubblica sicurezza rimane infatti ispirato alla concezione monopolistica dello Stato ed il carattere fortemente vincolistico della legislazione sulle armi rivela la tendenza ad escludere ogni favore all’impiego dei mezzi che agevolano l’autotutela dei singoli, evitando la loro diffusione tra la collettività, in quanto fonte potenziale di minaccia per la salvaguardia dell’ordine pubblico e della sicurezza collettiva.

L’art. 39 citato fonda infatti la possibilità per l’amministrazione di negare o revocare le autorizzazioni di polizia relative ad armi, munizioni e materie esplodenti anche per fatti e circostanze diverse da quelle poste direttamente dalla legge, ma apprezzabili dall’amministrazione competente.

Secondo una valutazione ampiamente discrezionale, l’autorità di pubblica sicurezza deve considerare l’esistenza di un pericolo per l’ordine o la sicurezza pubblica, sulla base di un giudizio prognostico ex ante circa la possibilità e la capacità di un soggetto di abusarne, tenendo presente che l’abuso può concretizzarsi anche in comportamenti omissivi, consistenti nel mancato assolvimento di quegli oneri di diligente custodia che l’ordinamento pretende, per evidenti ragioni di prevenzione, a chi detenga armi e esplosivi (Cons. St., sez VI, n. 2438/2006; 1528/2007; 6288/2007).

Ne consegue che il divieto di detenzione di armi, munizioni, esplosivi, così come il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto d’armi, non richiedono la sussistenza di un abuso concreto ed accertato, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento, sulla base delle circostanze concrete, circa il corretto impiego delle armi medesime.

Nel caso in discussione, il Prefetto ha disposto la revoca della licenza del porto d’armi in quanto esiste una condizione di convivenza con soggetto sottoposto agli arresti domiciliari la quale, tra l’altro, secondo informazioni assunte d’ufficio e riportate nell’impugnato decreto del Questore, risulta essere "Persona di cattiva condotta, capace di fare uso indebito delle armi".

Queste circostanza appaiono da sole sufficiente a sorreggere il provvedimento impugnato che, in relazione alla delicatezza del settore delle autorizzazioni di polizia per l’uso da parte di privati cittadini di armi, risulta del tutto ragionevole.

3.- Appare ininfluente la circostanza che il provvedimento contestato non sia stato preceduto da una preventiva comunicazione di avvio del procedimento, poste le preminenti esigenze di celerità e tempestività per l’esercizio di un potere discrezionale che valuta, secondo un giudizio probabilistico ex ante, il venire meno dell’affidamento del soggetto in ordine alla mancanza del futuro abuso delle armi, a tutela dell’ordine pubblico e della collettività.

4.- In conclusione, pertanto, il ricorso dev’essere respinto.

Sussistono, comunque, giusti motivi in relazione anche alla natura del provvedimento impugnato per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sede di Salerno, Sezione prima, definitivamente pronunciando in merito al ricorso in epigrafe R. G. n. 2137/2008, proposto da R.F., lo respinge.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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