Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 16-12-2010) 31-01-2011, n. 3339 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 2 Luglio 2010, il Tribunale di Pesaro, sezione penale, confermava il decreto del GUP del Tribunale di Orbino, con il quale era stato disposto il sequestro preventivo di 28 buoni fruttiferi del valore di Euro 5000,00 ciascuno emessi il 5 luglio 2007 per il valore complessivo di Euro 140.000,00 intestati a C.G. (nonchè alla moglie G.M. e ala figlia C.M.L.) a norma dell’art. 321 c.p.p., comma 2 e D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies in relazione a reati di usura ascritti al C..

Il Tribunale, rigettate le eccezioni difensive al rilievo che il GUP era competente ad emettere la misura dopo la pronuncia del decreto che dispone il giudizio ma prima della trasmissione degli atti al tribunale sulla base di documentazione prodotta dal PM ancorchè successivamente alla chiusura delle indagini a nulla rilevando che analoga richiesta di sequestro fosse stata rigettata in diverso procedimento, nel merito, dato atto che l’intervenuto rinvio a giudizio rendeva evidente la sussistenza del fumus commissi delicti, riteneva esistente la prova della sproporzione tra i beni oggetto di sequestro e la situazione reddituale dell’interessato al rilievo che per l’anno 2007 il reddito lordo complessivo dell’imputato era stato di Euro 28506,00 e quello della moglie di Euro 27797,00 e non dissimile era stato quello del 2006. Per altro verso escludeva che fosse stata fornita la prova della provenienza legittima del cospicuo investimento al rilievo che la documentazione dell’Ufficio Postale di Frontone prodotta dalla difesa si riferiva a diverse operazioni risalenti al 2005; che non era stata offerta la prova dell’asserita "conversione interna" di detti titoli in quello oggetto di sequestro.

Ma anche a voler dar credito a tale operazione, mancava la prova della lecita provenienza della provvista, perchè le vendite o le donazioni indicate erano di importi modesti ovvero non dimostrate.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: 1- nullità del provvedimento emesso dal GUP per incompetenza dello stesso, il quale aveva già disposto il rinvio a giudizio l’1.4.2010; 2- nullità dell’ordinanza del Tribunale per mancato rispetto dei termini di cui al combinato disposto dell’art. 309 c.p.p., commi 9 e 10 ed art. 324 c.p.p., comma 7; 3- nullità del provvedimento emesso dal GUP per irritualità dell’acquisizione documentale posta a base della misura cautelare; 4- nullità del provvedimento emesso dal GUP del Tribunale di Urbino e dal Tribunale per il riesame di Pesaro per contrasto con precedente giudicato cautelare; 5- nullità del provvedimento emesso dal GUP per aver gravato l’imputato della probativo diabolica di dover dimostrare la legittimità della provenienza dell’intero suo patrimonio.
Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso sub 1), 3) e 4) sono manifestamente infondati e costituisco mera reiterazione di analoghi motivi già oggetto di riesame e correttamente respinti del Tribunale. Ed invero:

1.1. Lo stesso ricorrente, che cita giurisprudenza di legittimità, riconosce che è competente il G.I.P. ad emettere decreto di sequestro preventivo dopo il rinvio a giudizio ma prima che gli atti siano trasmessi al giudice del dibattimento;

1.2. ancora lo stesso ricorrente riconosce che è legittima l’acquisizione, da parte del PM, di documentazione finalizzata al richiesta di sequestro, ancorchè compiuta dopo la chiusura delle indagini preliminari.

Va invero condiviso il canone ermeneutica secondo il quale "al fine dell’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo (nel caso di specie, funzionale alla confisca di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies), sono utilizzabili gli accertamenti patrimoniali finalizzati ad individuare i beni da sottoporre al vincolo d’indisponibilità, anche se espletati in epoca successiva alla scadenza dei termini delle indagini preliminari (Cass. Sez. 6, 28.5- 15.9.2008 n. 35376). A nulla rileva che i relativi accertamenti fossero stati disposta in un diverso procedimento, perchè il dato rilevante è costituito dalla formale acquisizione dei dati probatori, di natura documentale, nel procedimento in esame;

1.3. la circostanza che in diverso procedimento sia stata rigettata la richiesta di sequestro preventivo non ha incidenza alcuna, perchè il c.d. giudicato cautelare ha rilievo "allo stato degli atti" ed ha un’efficacia meramente interna al singolo procedimento. Peraltro lo stesso ricorrente da atto che nel diverso procedimento era stata esclusa la sussistenza del fumus commissi delicti per un fatto di usura diverso da quelli per i quali è stato disposto il rinvio a giudizio.

2. Anche il motivo di ricorso sub 2) è manifestamente infondato.

Va invero ribadito, secondo l’insegnamento di questa Corte anche a sezioni unite, che "in tema di sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. e D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies, convertito dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, il richiamo all’art. 309 c.p.p., commi 9 e 10, comporta che anche per tale misura cautelare reale, così come previsto per le misure cautelari personali, nel termine di dieci giorni deve essere depositato il dispositivo della pronuncia del tribunale del riesame e non già la motivazione che deve essere, invece, depositata nel termine ordinatorio di cinque giorni previsto dall’art. 128 c.p.p." (Cass. Sez. 6, 18.10.1999 n. 3265; Cass. SS.UU. 25.3-2.6.1998 n. 11, ric. Manne e altro). 3. L’ultimo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Ribadito che "in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, convertito con modificazioni nella L. 7 agosto 1992, n. 356, la necessaria valutazione della sproporzione tra i beni oggetto della misura cautelare e la situazione reddituale dell’interessato, deve essere condotta avendo riguardo al reddito dichiarato o alle attività economiche esercitate non al momento della applicazione della misura e rispetto a tutti i beni presenti nel patrimonio del soggetto, bensì a quello dei singoli acquisti e al valore dei beni di volta in volta acquisiti" (Cass. Sez. 6, 12.1.2010 n. 5452), va osservato che nel caso in esame l’assunto, secondo il quale i titoli dei quali è stato disposto il sequestro sarebbero stati oggetto di acquisto per effetto di un’operazione di conversione interna all’Ufficio Postale di Frontone, ha avuto da parte del Tribunale una compiuta valutazione di inattendibilità, perchè sfornito di prova, di essa conversione non essendovi alcun cenno nella missiva delle Poste Italiane. La motivazione successiva, che si prende lo scrupolo di seguire la ricostruzione patrimoniale offerta dalla difesa per dedurne l’infondatezza, è residuale e quindi irrilevante. Il ricorrente si sforza di criticare tale parte residuale delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata, ma nulla osserva sulla parte significativa e decisiva dell’iter giustificativo adottato dal Tribunale.

Non si tratta di contestare una pretesa richiesta di probatio diabolica.

Nel caso in esame il Tribunale ha osservato che non è stata fornita la prova dei cespiti dell’acquisto di buoni fruttiferi per valore complessivo di Euro 140.000,00. Il ricorso si limita a ribadire "che in data 5.7.2007 i buoni postali sopra detti (cioè quelli dell’investimento risalente al 2005 n.d.e.), furono convertiti in altri e diversi titoli ed è per questo motivo che essi appaiono come acquisiti solamente in data 5.7.2007", ma di tale "conversione" non è data prova alcuna.

4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente deve essere in conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali e di somma in favore della Cassa delle ammende, che in ragione dei profili di colpa rinvenibili nei rilevati motivi di inammissibilità, si liquidare in Euro 1000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

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