T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 26-01-2011, n. 736 Sanzione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A fronte di una richiesta di chiarimenti alla ricorrente rivolta da ISVAP in data 27 maggio 2008 – avente ad oggetto l’attività di mediazione riassicurativa che MS avrebbe svolto in assenza della necessaria iscrizione all’Albo di categoria – quest’ultima evidenziava le ragioni che escludevano la configurabilità dell’ipotesi illustrata dall’Istituto di Vigilanza.

Nondimeno, ISVAP notificava alla ricorrente stessa, in data 910 ottobre 2008, formale contestazione di addebiti, con la quale veniva sottolineato che l’attività di intermediazione in questione sarebbe stata svolta da A. s.r.l. con la collaborazione di MS.

Replicava quest’ultima sottolineando la distinzione fra attività di intermediazione ed attività di consulenza anche nello specifico settore del brokeraggio/mediazione assicurativa (ed escludendo che il proprio ruolo potesse essere ricondotto alla prima delle indicate fattispecie).

Avverso l’irrogata sanzione amministrativa pecuniaria deduce, ora, i seguenti argomenti di censura:

1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 28 novembre 1984 n. 792. Omessa motivazione. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento di fatti decisivi. Contraddittorietà intrinseca. Difetto di istruttoria e di motivazione.

Nel ribadire di aver svolto attività qualificabile esclusivamente come consulenza – e non già quale intermediazione – evidenzia parte ricorrente di aver espletato attività di mero monitoraggio per conto degli assicurati Levante Assicurazioni e Norditalia Assicurazioni (poi Levante Norditalia e, oggi, Carige Assicurazioni) al fine di verificare eventuali carenze del riassicuratore AIDE Assistance.

Contesta quindi l’affermazione di ISVAP secondo cui l’attività di consulenza di MD avrebbe contribuito, anche se marginalmente, alla conclusione del trattato di riassicurazione fra Carige R.D. Assicurazioni ed E.A. (rispetto al quale l’unico intermediario andrebbe individuato in A. s.r.l.).

2) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 2 della legge 28 novembre 1984 n. 792. Eccesso di potere per carenza dei presupposti, difetto e/o contraddittorietà della motivazione e difetto di istruttoria.

Quanto poi al difetto di "terzietà" che, secondo ISVAP, avrebbe connotato lo svolgimento, ad opera di MD, dell’attività di intermediazione, quest’ultima sottolinea che se tale requisito rileva nei confronti di soggetti terzi, non rivelerebbe, al contrario, valenza preclusiva ove la stessa intermediazione venisse occasionalmente svolta in favore di soggetto (come Levante/Carige Assicurazioni) al quale la stessa MD era legata da rapporto di agenzia.

3) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 della legge 689/1981 in materia di prescrizione dell’illecito amministrativo. Difetto di presupposti, violazione dei principi normativi in materia di illecito permanente. Eccesso di potere per difetto di motivazione e contraddittorietà intrinseca.

Rileva parte ricorrente di aver già sollevato nel corso del procedimento eccezione di prescrizione dell’illecito, atteso che all’epoca della relativa contestazione (9 ottobre 2008) il relativo termine quinquennale era ampiamente decorso con riferimento alla data di stipulazione del contratto di riassicurazione (14 novembre18 dicembre 1997).

Viene, conseguentemente contestato, l’assunto – esplicitato da ISVAP – secondo cui si verterebbe in ipotesi di illecito permanente, con conseguente individuabilità del dies a quo al momento in cui cessi la permanenza o l’azione illegittima prolungata nel tempo: osservandosi, in proposito, come un corretto inquadramento della fattispecie condurrebbe alla ravvisabilità di un illecito istantaneo con effetti permanenti (con riveniente decorrenza del termine prescrizionale al momento della commissione dell’illecito, indipendentemente dalla protrazione dei relativi effetti).

4) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 3, del Regolamento ISVAP n. 1 del 15 marzo 2006. Eccesso di potere per difetto dei presupposti. Radicale assenza di motivazione.

Se, alla luce dell’epigrafata disposizione regolamentare, per i procedimenti sanzionatori per i quali alla data dell’11 gennaio 2006 era già stata completata l’istruttoria, la sanzione avrebbe dovuto essere irrogata entro il 31 dicembre 2006, nel caso di specie la decadenza del potere esercitato da ISVAP con l’adozione dell’atto impugnato (intervenuta nel 2009) rileva in presenza del completamento dell’attività istruttoria fin dal 2002.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L’Istituto intimato, costituitosi in giudizio, ha eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 12 gennaio 2011.
Motivi della decisione

1. È opportuno procedere, ai fini di una compiuta delibazione dei dedotti argomenti di doglianza, ad una ricostruzione della vicenda che ha dato luogo alla proposizione del ricorso all’esame.

Va innanzi tutto osservato come il contestato esercizio dei poteri sanzionatori facenti capo ad ISVAP sia stato originato da accertamenti ispettivi condotti dallo stesso Istituto dal 16 gennaio al 27 settembre 2007 presso la sede di E.A. S.p.A. e di E.A. T. S.p.A. (unica agenzia della prima), le cui risultanze sono confluite nel verbale conclusivamente redatto il 30 ottobre 2007.

Sulla base delle evidenze documentali acquisite per effetto dello svolgimento della suindicata attività, emergeva la liquidazione di compensi provvisionali da parte di E.A. T. in favore dell’agenzia A. s.r.l. (mandataria di Carige Assicurazioni) dal 24 febbraio 1998 al 13 settembre 2006, per complessivi Euro 6.835,00.

I rapporti intercorrenti fra E.A. T. ed A. consentivano di appurare che:

– sin dal 1998, la prima operava quale riassicuratrice del ramo assistenza per conto delle imprese Norditalia Assicurazioni e Levante Assicurazioni (confluite, poi, in Carige Assicurazioni);

– fino a tutto il 2002, nessuna provvigione era stata corrisposta dal E.A. in favore delle imprese riassicurate;

– in relazione allo stipulato negozio di riassicurazione ed ai successivi rinnovi, E.A. T. aveva riconosciuto provvigioni non soltanto in favore di A., ma anche nei confronti di B. s.r.l. e della ricorrente M.A..

A fronte di una richiesta di chiarimenti da parte di ISVAP, E.A. precisava (nota del 30 gennaio 2007) che nel 1997 la predetta Società era stata contattata da Norditalia e Levante (in seguito confluite nel gruppo Carige) tramite A. (di proprietà, per il 60% delle quote, del medesimo gruppo Carige) al fine della stipula di un trattato di riassicurazione.

Alla nota anzidetta risultavano allegate tre lettere di riconoscimento delle commissioni, dalle quali emergeva la liquidazione di compensi provvigionali in favore di B. e di M.A.; e, in particolare:

– in forza di lettera del 20 novembre 1997, dal 1° gennaio 2003, il 26,6% dei premi ad A., il 5% a B.. ed il 4% a M.A.;

– in forza di lettera del 25 febbraio 2003, il 15% dei premi ad A., il 3,50% a B.. ed il 2,80% a M.A.;

– in forza di lettera del 7 luglio 2003, il 18,66% dei premi ad A., il 3,50% a B.. ed il 2,80% a M.A..

La comunicazione, nei confronti della ricorrente, dell’esito dei condotti accertamenti ispettivi (per effetto dei quali era emersa una fattispecie di violazione alla legge 28 novembre 1984 n. 792 in relazione allo svolgimento di attività di mediazione in difetto dell’iscrizione all’apposito albo) – avveniva con nota di ISVAP del 27 maggio 2008.

Con successiva nota del 9 ottobre 2008 il Servizio Ispettorato dell’Istituto formulava formale contestazione di violazione dell’art. 2, comma 2, della legge 794/1982 ed invitava la ricorrente a presentare memorie difensive.

Acquisite queste ultime e proceduto all’audizione del legale rappresentante di M.A., il predetto Servizio (nota del 7 agosto 2009) ne accoglieva parzialmente le argomentazioni e proponeva l’applicazione del previsto regime sanzionatorio per violazione dell’art. 9 della legge 794/1982.

Si perveniva, quindi, alla conclusiva adozione della contestata ordinanzaingiunzione, recante applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria avverso la quale parte ricorrente è insorta mediante proposizione dell’odierno mezzo di tutela.

2. Come sopra riassunti i tratti salienti della vicenda portata all’attenzione dell’adito giudice amministrativo, merita prioritaria disamina la doglianza con la quale parte ricorrente ha sostenuto l’intervenuta prescrizione dell’illecito, in quanto all’epoca della contestazione (9 ottobre 2008) il previsto termine quinquennale era decorso avuto riguardo alla data di stipulazione del contratto di riassicurazione; sottolineando, al riguardo, come non si configurerebbe (come da ISVAP sostenuto) la presenza di un illecito permanente, quanto, piuttosto, di un illecito istantaneo con effetti permanenti (con riveniente decorrenza del termine prescrizionale al momento della commissione dell’illecito, indipendentemente dalla protrazione dei relativi effetti).

2.1 Come illustrato in narrativa, la ricorrente confuta, al riguardo, la qualificazione della violazione de qua quale illecito permanente: sostenendo, al contrario, che si tratterebbe di illecito istantaneo ad effetti permanenti e che, conseguentemente, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale andrebbe necessariamente collegato al momento di stipula del contratto di riassicurazione.

Tale tesi merita condivisione.

2.1 È ben vero che, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, l’illecito "permanente" va tenuto distinto dall’illecito "istantaneo con effetti permanenti", ravvisabile laddove la condotta illecita si esaurisca in un fatto unico, o compiuto in un contesto temporale unico, ancorché con effetti destinati successivamente a perdurare o ad ampliarsi autonomamente nel tempo.

In quest’ultimo caso, l’elemento genetico del fatto si esaurisce e coincide con il suo verificarsi, onde la prescrizione comincia a decorrere dal momento stesso del compimento della condotta illecita dell’agente, la quale inizia e si esaurisce in un momento (relativamente) determinato, producendo conseguenze, la cui permanenza o protrazione nel tempo non assume rilevanza ai fini dell’inizio della prescrizione, dovendosi l’istantaneità o la permanenza dell’illecito accertare con riferimento non già alla protrazione temporale degli effetti della condotta, quanto, piuttosto, al rapporto eziologico tra gli effetti medesimi e il comportamento contra jus (cfr. ex multis, Corte cass. civ., sez. II, 21 novembre 2007 n. 24258).

Il discrimen tra atto illecito istantaneo (quantunque con effetti permanenti) ed atto illecito permanente risiede quindi nel rapporto causale tra evento e condotta contra jus del soggetto agente: con la conseguenza che:

– mentre nell’illecito istantaneo tale comportamento si esaurisce con il verificarsi del fatto, pur se l’esistenza di questo si protragga poi autonomamente (c.d. fatto illecito istantaneo ad effetti permanenti)

– nell’illecito permanente la condotta oltre a produrre l’evento dannoso, lo alimenta continuamente per tutto il tempo in cui questo perdura, avendosi così coesistenza dell’uno e dell’altro (cfr. Corte Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2007 n. 5831, 20 dicembre 2000 n. 1609 e 9 febbraio 1991 n. 1346; sez. II, 1° febbraio 1995 n. 1156).

Se gli orientamenti giurisprudenziali dei quali si è innanzi dato conto afferiscono a fattispecie in materia risarcitoria, nondimeno i principi da essi argomentabili rivelano piena utilità ai fini della decifrazione di permanenza o istantaneità dell’illecito anche laddove ne vanga in considerazione la sanzionabilità a fini amministrativi.

In particolare:

– se il carattere "permanente" dell’illecito va ricongiunto, con sicurezza, ad una condotta dell’agente che pone in essere comportamenti, attivi o omissivi, conducenti ad una dilatazione temporanea delle conseguenze del fatto antigiuridico;

– diversamente, la perduranza degli effetti dell’illecito, nel caso in cui il relativo fatto originativo abbia consistenza istantanea, si atteggia quale conseguenza automaticamente indotta dal comportamento contra jus, sì che il relativo verificarsi sfugge alla sfera di volontà dell’agente e si atteggia, piuttosto, quale ricaduta necessariamente indotta dal fatto avente il divisato carattere di istantaneità.

Tale ricostruzione teorica incontra elementi di conferma in quanto ritenuto dalla Sezione giurisdizionale per il Trentino Alto Adige della Corte dei Conti (sentenza 20 maggio 2005 n. 53), secondo la quale "nell’ambito del giudizio amministrativocontabile, ai fini della decorrenza della prescrizione, il fatto illecito permanente – a differenza dell’illecito istantaneo (con effetti istantanei o permanenti) – postula il protrarsi non soltanto della situazione lesiva del diritto altrui ma anche della condotta volontaria che detta situazione determina nel senso che, quest’ultima, cessa col venir meno della condotta stessa".

2.2 Le svolte considerazioni conducono il Collegio a dare atto della condivisibilità della tesi esposta dalla ricorrente, secondo la quale l’illecito di che trattasi, essendo stato sostanziato dalla conclusione di un negozio di riassicurazione (alla quale era preordinata l’attività mediatizia dalla ricorrente stessa svolta), avrebbe carattere istantaneo, quand’anche gli effetti del programma contrattuale si siano protratti nel tempo.

Va rammentato, in proposito, come la condotta asseritamente illecita contestata alla ricorrente trovi fondamento normativo nella previsioni dettata dal comma 1 dell’art. 9 della legge 28 novembre 1984 n. 792, il quale stabilisce che "le persone che svolgono l’attività di mediatore di assicurazione o riassicurazione senza essere iscritte all’albo di cui all’articolo 3 o che, essendovi iscritte, operano in violazione delle disposizioni della presente legge sono soggette ad una sanzione amministrativa non inferiore al 5 per cento e non superiore al 20 per cento del premio di ciascun contratto di assicurazione o di riassicurazione mediato in violazione della presente legge. Analoga sanzione viene irrogata alle imprese assicuratrici o riassicuratrici che accettino mediazioni assicurative da soggetti che operino in violazione della presente legge".

L’illecito di che trattasi viene a configurarsi come una condotta non necessariamente puntuale, in quanto sostanziata da un complesso di comportamenti resi necessari affinché l’attività mediativa possa essere utilmente portata a compimento.

In tal senso, soccorre la stessa individuazione codicistica della relativa fattispecie negoziale, laddove l’art. 1754 c.c. prevede che "è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza"; mentre il successivo art. 1755 fonda il diritto del mediatore alla provvigione (a carico di ciascuna delle parti) in ragione della conclusione dell’affare, ove quest’ultima consegua al "suo intervento".

Ne consegue che la nozione di affare, che, per il combinato disposto dei riportati artt. 1754 e 1755 c.c., fa sorgere in capo al mediatore il diritto alla provvigione, deve essere intesa come un’operazione di natura economica che si risolva in un’utilità patrimoniale, suscettibile, peraltro, di conseguenze giuridiche.

Essa, pertanto, è riferibile non solo ai contratti propriamente detti, ma anche a qualsiasi operazione tale da far sorgere obbligazioni: dovendo per l’effetto argomentarsi che, al fine di riconoscere al mediatore il diritto alla provvigione, l’affare debba ritenersi concluso ogni volta che, tra le parti poste in relazione dal mediatore medesimo, si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione specifica nel negozio, ovvero, anche per il risarcimento del danno.

L’affare può, quindi, ritenersi concluso allorché il negozio sia stipulato in modo giuridicamente idoneo a conseguire il risultato utile perseguito dalle parti, perché solo in tal momento si realizza la funzione della mediazione, e perciò è soltanto da tal momento che il mediatore può far valere il diritto alla provvigione.

Alla stregua di quanto esposto, la necessaria commisurazione alla presente vicenda contenziosa degli illustrati paradigmi normativi ed interpretativi volti a qualificare l’attività di mediazione, impone di ritenere che la condotta posta in essere dalla ricorrente – quand’anche qualificabile come "mediazione" al fine di propiziare la stipulazione di un contratto di riassicurazione (ed impregiudicata la diversa configurabilità della stessa attività come mera "consulenza", secondo quanto dalla medesima parte argomentato nel mezzo di tutela all’esame) – abbia necessariamente avuto compimento con la stipula del relativo negozio, intervenuta fra il 14 novembre 1997 (sottoscrizione di E.A.) ed il 18 dicembre 1997 (sottoscrizione di Carige, già Levante Assicurazioni).

La perduranza degli effetti riguarda non già l’attività di mediazione posta in essere dalla ricorrente, quanto, piuttosto, le conseguenze dello stipulato negozio riassicurativo, intercorrenti esclusivamente inter partes ed estranee, in ogni caso, alla sfera di volontà facente capo al mediatore.

Ne deriva che la contestata attività di mediazione ha avuto compimento (rectius: si è "consumata") al momento della stipula del contratto di riassicurazione la cui conclusione è stata, appunto, propiziata dalla contestata mediazione; mentre i successivi effetti, fuoriuscendo dalla sfera di imputabilità riconducibile al mediatore, escludono la qualificabilità della relativa condotta quale "illecito permanente": piuttosto dimostrandosi quest’ultima annoverabile – alla stregua di quanto osservato al precedente punto 2.2.1 – nella tipologia dell’"illecito istantaneo ad effetti permanenti".

2.3 Intuibili conseguenze scaturiscono dalle considerazioni dianzi svolte.

Deve infatti ritenersi, in accoglimento di quanto sostenuto nel gravame, che l’illecito si sia effettivamente prescritto per inutile decorso del relativo termine quinquennale, atteso che l’art. 28, comma 1, della legge 24 novembre 1981 n. 689 statuisce, come è noto, che "il diritto a riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla presente legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione".

Né rileva, alla stregua di quanto sostenuto dalla difesa di ISVAP, che parte ricorrente abbia continuato a riscuotere le provvigioni anche successivamente, e fino ad epoca compresa nel quinquennio, sì da rendere esercitabile l’azione repressiva del sostenuto illecito.

La liquidazione del compenso provvigionale, infatti, si colloca al di fuori del perfezionamento della fattispecie negoziale (attività di mediazione asseritamente illecita, preordinata alla stipula di un contratto di riassicurazione) che ha dato luogo all’attivazione dei poteri repressivi da parte dell’intimato Istituto: non potendosi, con ogni evidenza, accedere alla tesi della "permanenza" dell’illecito stesso (pur dopo la stipula del negozio giuridico rispetto alla conclusione del quale l’attività mediativa si pone in nesso di necessaria strumentalità), sol perché la controprestazione – riconoscimento delle provvigioni – ha avuto differita e/o prolungata scansione temporale.

Deve quindi escludersi la tempestività dell’azione repressiva intrapresa da ISVAP; e disattendersi quanto in proposito esposto nella gravata determinazione, laddove si sostiene che "il riconoscimento di provvigioni, anche a distanza di anni dalla conclusione del trattato in argomento (id est: riassicurazione), contraddice la tesi della parte che si trattò di una consulenza, i cui effetti si esaurirono a quell’epoca".

Impregiudicata, come dianzi sottolineato, la qualificazione dell’attività posta in essere dalla ricorrente (mera consulenza, piuttosto che vera e propria attività di mediazione), la liquidazione del compenso provvisionale è infatti estranea alla commissione del fatto che si assume illecito (e quindi al perfezionamento della relativa fattispecie), in quanto posto in essere in violazione della surriportata prescrizione ex art. 9 della legge 792/1984.

3. Il ricorso, alla stregua delle sopra condotte considerazioni, merita accoglimento – con inevitabile assorbimento dei rimanenti argomenti di doglianza – in ragione dell’accertato compimento del periodo prescrizionale ex art. 28 della legge 689/1981.

A tali conclusioni necessariamente accede l’annullamento della gravata determinazione.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) accoglie, giusta quanto esposto in motivazione, il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’ordinanza n. 4606/09 prot. n. 1409013300 emessa da ISVAP in data 5 novembre 2009.

Condanna ISVAP – Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo, in persona del Presidente p.t., al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente M.A. s.r.l., per complessivi Euro,00 (euro /00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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