Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-03-2011, n. 5198 detrazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, riformando con sentenza 22 marzo 2005 la sentenza di primo grado, ha confermato la legittimità dell’avviso di rettifica relativo a diniego di detrazione IVA per l’anno 1993, con intimazione di pagamento di L. 478.992.000 oltre sanzioni, emesso nei confronti della CI.PRO s.p.a. con riferimento a fattura del (OMISSIS) emessa dalla SIDAC s.p.a.

(poi ARANCA Industria) per "acconto" su future forniture, considerate operazioni inesistenti, non sussistendo nè l’esibizione delle bolle di accompagnamento, nè il mancato storno, ed essendo la documentazione relativa insufficiente a provare l’effettività delle operazioni genericamente descritte. La Commissione Regionale, disattendendo le argomentazioni dei giudici di primo grado secondo cui la CI.PRO faceva parte del gruppo SIDAC e che le operazioni infragruppo avevano comunque successivamente pareggiato l’ammontare della fattura in contestazione, ha in particolare ribadito che la CI.PRO non ha mai chiarito l’oggetto dell’operazione omettendo di indicare che cosa avesse acquistato dalla SIDAC. La CI.PRO Sicilia s.p.a. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di quattro motivi, senza resistenza dalla parte dell’Amministrazione intimata.
Motivi della decisione

Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 2, art. 53, comma 2 e art. 20, comma 1 anche in combinato disposto, oltre a vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta ammissibilità dell’appello dell’Agenzia, notificato a mezzo del Messo dell’Ufficio, modalità non consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 20.

Il motivo e infondato.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. 13969/2001; 21516/2005; 3433/2008) i Messi degli Uffici finanziari hanno il potere di effettuare notifiche oltrechè degli atti dell’Amministrazione finanziaria, anche nell’ambito del procedimento speciale avanti alle Commissioni tributarie, e le loro attestazioni fanno piena prova, fino a querela di falso, al pari di quelle compiute dall’ufficiale Giudiziario, con la sola esclusione di potere notificatorio nel processo per cassazione (Cass. 18291/2004).

Col secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, che avrebbe confuso una fattura di "acconto su future forniture", quindi titolo giustificativo di una mera movimentazione di danaro, con una fattura per vendita di merci, solo successivamente acquistato, come dimostrato con lo "stralcio del registro acquisti" allegato alla memoria di 2^ grado.

In tal modo la ricorrente avrebbe adempiuto all’onere della prova, mentre le contestazioni nei confronti del la CI.PRO erano state dedotte da un verbale redatto nei confronti di terzi, di cui la ricorrente non ha mai avuto conoscenza.

Peraltro l’emissione di fatture infragruppo avrebbe dovuto comportare la prova di un qualche vantaggio dell’operazione da parte delle società partecipanti, essendo stata smentita la originaria ipotesi dell’Ufficio secondo cui l’operazione avrebbe riguardato l’acquisizione di partecipazioni CI.PRO da parte della SIDAC, che invece già dal settembre 1993 (cioè prima della emissione della fattura in contestazione) possedeva l’intero capitale sociale della CI.PRO. Anche tale motivo è infondato.

La ricorrente continua infatti, anche in questa sede, a non indicare quali merci avrebbe acquistato attraverso fatture di "acconto" su future forniture, limitandosi a rinviare la prova di tali acquisti ad uno stralcio del registro merci non riprodotto nel ricorso per cassazione, e ciò rende plausibile e logica la motivazione dei giudici d’appello secondo cui a tale fatture – prive di oggetto – corrisponderebbe un’operazione di finanziamento, presumibilmente fattibile infragruppo, ma non realizzabile attraverso l’utilizzazione di fatturazioni inesistenti. In ogni caso grava sul contribuente l’onere di dimostrare la regolarità delle operazioni effettuate senza che possa essere invocata l’apparente regolarità delle scritture contabili (Cass. 11599/2007; 951/2009) soprattutto in relazione ai validi argomenti forniti dall’Amministrazione (mancanza di bolle di accompagnamento, di storni, descrizione generica dei beni) addotti dall’Amministrazione (Cass. 15395/2008).

Col terzo motivo, si denuncia la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2 oltre a vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’assoluta carenza ci motivazione dell’avviso di accertamento, che si è richiamato integralmente al P.V. della G. di F., a sua volta incentrato su una segnalazione riguardante terzi, mai portata a conoscenza della ricorrente.

Il motivo e inammissibile, perchè non riproduce l’atto proviene dall’A.F. – il quale il giudice di legittimità non può direttamente conoscere – e che non è stato trascritto nè allegato al ricorso.

Peraltro, la contribuente non può lagnarsi dell’acquisizione di dato riportati nell’avviso presso terzi (acquisizione peraltro operata nel corso dell’attività ispettiva nei confronti delle società infragruppo, in epoca precedente (1997) all’entrata in vigore della L. n. 212 del 2002, che ha introdotto l’obbligo di allegazione al PVC degli atti di riferimento (cfr. Cass. 4989/2003) poichè il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 espressamente prevede che l’Ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni presso terzi; e comunque l’avviso di accertamento non richiede un’autonoma attività istruttoria, il cui svolgimento contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell’attività amministrativa nonchè con le norme (artt. 51 e 52 cit. D.P.R.) che consentono all’Amministrazione di avvalersi dell’attività di altri organi (Cass. 13486/2009; 8344/2001;

10205/2003; 14 058/2006).

In conclusione pertanto i primi, tre motivi di ricorso vanno rigettati.

Col quarto motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. in ordine alla omessa pronuncia circa la rideterminazione delle sanzioni del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 12, comma 5 richiesta nel ricorso introduttivo e riproposta nelle controdeduzioni e in appello incidentale.

Il quarto motivo è fondato.

La Commissione Regionale ha omesso qualsivoglia pronuncia in ordine alla rideterminazione delle sanzioni, che la contribuente aveva tempestivamente richiesto nel ricorso introduttivo, reiterando la domanda in sede d’appello. La rideterminazione delle sanzioni, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1995, art. 12 dovrà essere quindi operata – previa cassazione sul punto della sentenza impugnata – dal giudice di rinvio, che si indica in altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, la quale liquiderà anche le spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia, anche per le spese ad altre Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *