T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, Sent., 27-01-2011, n. 77 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ncesco Caput per l’Amministrazione resistente;
Svolgimento del processo

Con atto del 5 ottobre 1999 n. 8579, il Comune di San Teodoro, nell’esercizio delle funzioni delegate dalla legge regionale n. 28/1998, autorizzava paesaggisticamente il ricorrente alla realizzazione di una stradina, di due piccole piazzole di sosta pavimentate ed alla recinzione di un piccolo lotto di terreno nell’ambito di un piano di lottizzazione convenzionato in località "Coda cavallo".

Tale autorizzazione veniva rilasciata a condizione:

che il muretto di recinzione non superasse l’altezza di 56/60 cm;

che venissero conservate le essenze arboree del sito, effettuando solo la pulizia del sottobosco e il taglio naturale.

Il 20 ottobre 1999 il medesimo Comune rilasciava al ricorrente anche l’autorizzazione edilizia, ed i lavori venivano ultimati il 20 aprile 2000.

Espone il sig. A. che l’intervento realizzato risulterebbe ubicato all’interno di una pineta adulta, sarebbe invisibile dall’alto e non avrebbe comportato la distruzione né della macchia mediterranea, né dei pini esistenti, né delle formazioni rocciose.

Sennonchè, col provvedimento impugnato, la Soprintendenza intimata annullava l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di San Teodoro evidenziando, sotto diversi profili, che le opere in questione non sarebbero compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici riconosciuti dal decreto ministeriale del 14 ottobre 1967.

Avverso tale provvedimento è insorto il ricorrente che, con ricorso notificato il 17 luglio 2000 e depositato il successivo giorno 25, ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi:

Violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 e del D.M. 13 giugno 1995 n. 495: in quanto, con pregiudizio delle garanzie procedimentali, non gli sarebbe stata data comunicazione dell’avvio del procedimento di controllo;

Violazione dell’art. 2 del decreto 18 dicembre 1996 del Direttore Generale dell’Ufficio centrale per i Beni Ambientali e Paesaggistici: in quanto il provvedimento impugnato gli sarebbe stato comunicato oltre i 60 giorni previsti dal decreto di cui sopra;

Eccesso di potere per falsità dei presupposti, difetto di istruttoria, difetto ed illogicità della motivazione: in quanto il provvedimento impugnato descriverebbe una situazione di fatto, incisa dall’intervento del ricorrente, del tutto diversa da quella realmente esistente;

Falsa applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 – Eccesso di potere per illogicità e difetto di motivazione: in quanto non si sarebbe considerato che le opere in questione, di lievissima entità, sulle quali era già intervenuto il parere favorevole della Commissione edilizia in composizione integrata, sarebbero in realtà inserite in un contesto tale da renderle sostanzialmente invisibili da terra e dal mare;

Concludeva quindi il ricorrente chiedendo, previa sospensione, l’annullamento del provvedimento impugnato, con vittoria delle spese, nonché la condanna del Ministero e della Soprintendenza intimata al risarcimento del danno subito e subendo per effetto dell’adozione dell’impugnato decreto.

Alla camera di consiglio del 22 agosto 2000 l’esame dell’istanza cautelare è stato rinviato per essere deciso unitamente al merito della causa.

Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione intimata che, con memoria depositata il 10 novembre 2010, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2010, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione d’improcedibilità del ricorso sollevata dalla difesa dell’amministrazione con l’ultima memoria depositata.

Si sostiene, infatti, che la mancata impugnazione della nota comunale del 17 maggio 2000 n. 4636, con la quale si comunicava al ricorrente l’annullamento dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza, nonché la conseguente sopravvenuta inefficacia dell’autorizzazione edilizia, avrebbe determinato il venir meno dell’interesse del sig. A. alla caducazione del decreto oggi impugnato perché quest’ultimo, stante la perdurante vigenza degli effetti dell’atto non contestato, non potrebbe conseguire alcun concreto vantaggio da una decisione favorevole.

L’eccezione è infondata.

Rileva infatti il Collegio che la nota n. 4636/2000 è un atto privo di autonoma lesività per il ricorrente, limitandosi essa ad informarlo dell’intervenuto annullamento dell’autorizzazione paesaggistica e della conseguente sopravvenuta automatica inefficacia del titolo edilizio, con diffida all’immediata sospensione dei lavori.

Essa, cioè, assolve esclusivamente la funzione di portare a conoscenza del sig. A. il decreto n. 162/200, prot. n. 7575 del 9 maggio 2000 (di annullamento dell’autorizzazione paesistica), indicando le conseguenze verificatesi ex lege per effetto della sua adozione.

Con la conseguenza che l’eventuale rimozione in sede giurisdizionale dell’atto negativo della Soprintendenza, rispetto al quale l’impugnazione in esame è stata tempestivamente proposta, lungi dal subire preclusioni insuperabili per effetto del contenuto della nota n. 4636/2000, comporterà in via automatica la riespansione del diritto del ricorrente al mantenimento delle già realizzate opere edilizie in contestazione (già autorizzate, anche sotto il profilo urbanistico, dall’amministrazione comunale).

Nel merito il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento con riguardo alla prima censura.

Con tale mezzo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 e del D.M. 13 giugno 1995 n. 495, in quanto, con pregiudizio delle garanzie procedimentali, non gli sarebbe stata data comunicazione dell’avvio del procedimento di controllo.

Premesso che, effettivamente, nella specie, non risulta inviato l’avviso di cui sopra, il Collegio non ravvisa motivo per discostarsi dal proprio consolidato orientamento giurisprudenziale che, con riguardo a vicende del tutto analoghe a quella in esame, anche sotto il profilo della disciplina applicabile ratione temporis, ha stabilito "…che, qualora il Sovrintendente decida di attivare il procedimento di annullamento di un’autorizzazione paesaggistica rilasciata da un’altra autorità, l’autorità statale sia tenuta ad avvisare preventivamente colui che aveva ottenuto il provvedimento autorizzatorio, sia per garantirgli la partecipazione, che per consentirgli di avere piena conoscenza dei termini (reali e non meramente astratti) entro i quali l’autorizzazione paesaggistica regionale già rilasciata è sottoposta al rischio di annullamento…" (TAR Sardegna 6 agosto 2003 n. 1010).

Non convincono infatti le contrarie argomentazioni sostenute dalla difesa erariale secondo la quale, da un lato l’onere di comunicazione previsto dalla legge sarebbe stato in realtà assolto, nella specie, dall’amministrazione e, dall’altro, il D.M. n. 495/1994 escluderebbe dall’obbligo di comunicazione i procedimenti in questione.

Entrambe le questioni sono già state esaminate e decise dal Tribunale con la menzionata sentenza n. 1010/2003, le cui argomentazioni, che si condividono, si riportano integralmente.

Sotto il primo profilo, infatti, non può essere ritenuto sufficiente l’avviso contenuto nell’autorizzazione (recante l’indicazione che l’autorizzazione rilasciata è soggetta al potere ministeriale di cui all’art. 1 comma 5° della L. 8.8.1985 n. 431"), in quanto, come correttamente ha evidenziato il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 909/2000, l’apporto partecipativo del privato deve essere comunque garantito e non può essere svilito anche in funzione dell’arricchimento che deriva all’azione amministrativa, sul piano del merito e della legittimità, dal coinvolgimento del destinatario del provvedimento (TAR Campania, Napoli, sez. III, 15 giugno 2009, n. 3280); esso è infatti finalizzato ad una più completa, meditata e razionale formazione della volontà dell’amministrazione, avendo il legislatore modificato la prassi della definizione unilaterale del pubblico interesse col sistema della democraticità delle decisioni e dell’accessibilità dei documenti nel rispetto dei principi di uguaglianza e solidarietà tratteggiati dagli artt. 2 e 3 Cost., dove l’adeguatezza dell’istruttoria si misura alla stregua delle condizioni di contraddittorio assicurate ai privati (TAR Campania, Napoli, sez. III, 6 novembre 2009, n. 6993)..

Sotto il secondo profilo, l’obbligo di preventiva comunicazione (peraltro specificamente prescritto dalla normativa regolamentare attuativa della L. 241/1990 espressamente prevista dal Ministero Beni culturali ed Ambientali, con D.M. n. 495 del 13.6.1994, art. 4 e Tabella A punto 4) dell’avvio del procedimento -fase eventuale ed autonoma rispetto all’autorizzazione paesaggistica già rilasciata- va riconosciuto sussistente, anche perché, altrimenti, il privato non sarebbe "neppure in grado di conoscere il preciso momento di perfezionamento o di integrazione dell’efficacia dell’atto autorizzatorio" (cfr. Cons. St. n. 909/2000), dovendo il termine computarsi solo con decorrenza da quando la Sovrintendenza ha il fascicolo "completo" di tutta la documentazione, e cioè anche di quella eventualmente richiesta, in via istruttoria, alla sola Regione (elemento che rende inidoneo allo scopo la semplice indicazione della soggezione al potere ministeriale contenuta nell’autorizzazione regionale).

In conclusione, dunque, il ricorso si rivela fondato con riguardo al primo motivo di impugnazione, restando assorbita ogni ulteriore censura.

Infine, rilevato che i lavori non autorizzati dalla sovrintendenza venivano comunque ultimati il 20 aprile 2000, va respinta, per assoluta genericità e indeterminatezza la domanda risarcitoria pure contenuta in ricorso, con la quale, a ben vedere, senza indicazioni in ordine alla loro attualità e consistenza, il ricorrente lamenta danni subiti e subendi, omettendo di precisare i profili di concreto pregiudizio sofferti per effetto dell’adozione del provvedimento impugnato.

In ragione della reciproca soccombenza, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Respinge la domanda di risarcimento del danno.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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