Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 21-12-2010) 02-02-2011, n. 3850 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 16,4.2009 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Cassino, in composizione monocratica, con la quale M.G.D., previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, comma 5, era stato condannato alla pena di mesi 8 di reclusione ed Euro 2.200,00 di multa per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 ascritti ai capi a) e b), unificati sotto il vincolo della continuazione; pena sospesa alle condizioni di legge.

Rilevava la Corte territoriale che la prova della cessione della sostanza stupefacente emergeva dalle dichiarazioni dei militari operanti, confermate da quelle degli acquirenti (pienamente utilizzabili, trattandosi di soggetti non indagati); era irrilevante, invece, che la cessione fosse avvenuta dietro corrispettivo o gratuitamente.

Il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto era, poi, idoneo a determinare effetti stupefacenti in soggetti non abituali assuntori.

2) Ricorre per Cassazione il M., denunciando, con il primo motivo, la inutilizzabilità ex art. 63 c.p.p., comma 2 delle dichiarazioni del P. e del Pa., i quali, inseguiti, perquisiti e condotti presso la Caserma dei CC, avrebbero dovuto essere sentiti con le garanzie difensive, a prescindere dal fatto che fossero o meno formalmente indagati (dovendosi dare rilievo alla qualità oggettivamente attribuibile al soggetto nel momento in cui rende le dichiarazioni). Con il secondo motivo denuncia la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione, non avendo la Corte territoriale tenuto conto che il brig. T. aveva escluso di aver intercettato il M. nell’atto della cessione della sostanza stupefacente; nè ha tenuto conto che, in ordine al materiale rinvenuto nell’abitazione, si prospettavano questione di inutilizzabilità ex art. 350 c.p.p., comma 6 e, comunque, di irrilevanza (trattandosi di bilancia per uso alimentare); ha omesso, infine, di valutare la prospettazione difensiva in relazione alla inefficacia farmacologica della sostanza. Con il terzo motivo denuncia la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e del sistema tabellare di cui al D.M. di riferimento, nonchè la mancanza di motivazione; il dato quantitativo implicitamente valorizzato in sentenza non raggiunge neppure la soglia di una dose drogante (tutt’al più rientra nella previsione di cui all’art. 75, in quanto compatibile con il fabbisogno dell’imputato).

3) Il ricorso è infondato.

3.1) E’ pacifico che la qualità di indagato si assume anche quando un soggetto venga a trovarsi sostanzialmente in tale condizione, pur non risultando iscritto nel registro delle notizie di reato di cui all’art. 335 c.p.p..

A norma dell’art. 63 c.p.p., comma 2, infatti, se la persona doveva essere sentita fin dall’inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate. La norma non distingue tra dichiarazioni sollecitate e dichiarazioni spontanee, nè limita l’inutilizzabilità alle dichiarazioni di imputato o di indagato interessato o a quelle di imputato o di indagato in reato connesso e, neppure alle dichiarazioni di chi abbia già la veste formale di imputato o di indagato.

La giurisprudenza di questa Corte deve ritenersi ormai consolidata, a partire dalla decisione a sezioni unite del 1996, che, risolvendo il contrasto in precedenza esistente, ha affermato che le dichiarazioni della persona, che fin dall’inizio avrebbe dovuto essere sentita come indagata o imputata, sono inutilizzabili ex art. 63 c.p.p., comma 2, anche nei confronti dei terzi, quando questi assumono la veste di coimputati dello stesso reato o di imputati di reato connesso o collegato. La "ratio" è evidente: nel momento in cui il soggetto rende dichiarazioni accusatorie nei confronti di altri che si trovano in una posizione processuale in qualche modo legata alla propria (concorso nel reato, attribuzione di reato connesso o collegato), può riferire circostanze che per l’intima connessione e l’interdipendenza tra il fatto proprio e quello altrui, possono coinvolgere la sua responsabilità ed indurlo, anche per questo solo motivo, ad esercitare il diritto al silenzio (cfr. Cass. sez. un. 9.10.1996 – dep.13.1.1997- Campanelli ed altri).

Le sezioni unite di questa Corte, in relazione alla "posizione" dell’acquirente di modiche quantità di sostanze stupefacenti, hanno, poi, affermato il condivisibile principio che quando non siano emersi elementi indizianti di uso non personale, il predetto "deve essere sentito, nel corso delle indagini preliminari come persona informata dei fatti, essendo irrilevante, a tal fine, che egli possa essere soggetto a sanzione amministrativa per l’uso personale" (cfr. Cass. sez. un. n. 21832 del 22.2.2007-Morea). Il Pa. ed il P., acquirenti di una dose di sostanza stupefacente per loro uso personale, correttamente sono stati sentiti come persone informate sui fatti e, pertanto, le loro dichiarazioni sono pienamente utilizzabili.

Tali dichiarazioni, in una a quelle dei carabinieri operanti, costituiscono la prova indiscutibile dell’avvenuta cessione di sostanza stupefacente da parte del M. (irrilevante, come sottolinea la Corte, è che la sostanza stupefacente sia stata o meno ceduta gratuitamente).

3.2) I giudici di merito (cfr. anche sent. Tribunale) desumono, poi, la destinazione allo spaccio anche dell’altra sostanza rinvenuta addosso al M. dalla avvenuta contestuale cessione al Pa. e al P. e dalla divisione in dosi, nonchè dal rinvenimento nell’abitazione di materiale utilizzato per la preparazione delle dosi medesime (trattandosi di corpo di reato, è utilizzabile a prescindere dal fatto che il sequestro sia avvenuto su indicazione del soggetto indagato, per cui improprio è il richiamo all’art. 350 c.p.p., comma 6).

3.3) Quanto all’effetto drogante della sostanza sequestrata, la Corte di merito ha rilevato, sulla base della consulenza tecnica, che il quantitativo trovato è sufficiente a determinare effetti stupefacenti specialmente in soggetti che non siano abituali assuntori. E’, secondo la giurisprudenza più recente di questa Corte, "il reato di cessione di sostanze stupefacenti è configurabile anche in relazione a dosi inferiori a quella media singola di cui al D.M. 11 aprile 2006, con esclusione soltanto di quelle condotte afferenti a quantitativi di stupefacente talmente tenui da non poter indurre, neppure in maniera trascurabile, la modificazione dell’assetto neuropsichico dell’utilizzatore" (cfr.

Cass. pen. sez. 4 n. 21814 del 12.5.2010).

Infatti, in tema di sostanze stupefacenti, il raggiungimento della soglia drogante non è necessario per la configurazione della fattispecie criminosa di detenzione a fini di spaccio" (Cass. pen. sez. 4 n. 32317 del 3.7.2009).
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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