Cass. civ. Sez. V, Sent., 04-03-2011, n. 5191

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La contribuente F.F., titolare di un esercizio di vendita al minuto di articoli di profumeria, proponeva opposizione all’avviso di rettifica con il quale l’Ufficio IVA di Roma (OMISSIS), basandosi su un p.v.c. della Guardia di Finanza che aveva constatato, per l’anno 1994, movimenti di denaro superiori al volume di affari dichiarato, aveva elevato il volume di affari e accertato una maggior imposta IVA. La C.T.P. di Roma accoglieva il ricorso.

Tale decisione è stata riformata dalla C.T.R. sul rilievo della mancata prova da parte della contribuente della corrispondenza dei dati risultanti dalla contabilità rispetto alla dichiarazione IVA. Ricorre per cassazione la contribuente deducendo, con due motivi di impugnazione, insufficiente contraddittoria motivazione. La ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Si difende con controricorso l’Amministrazione finanziaria.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso costituisce una generica e indeterminata contestazione del merito della decisione della C.T.R. che la ricorrente sintetizza nell’apodittica affermazione secondo cui l’accertamento dell’infedeltà della dichiarazione non è fondato su elementi indiziari gravi, precisi e concordanti. La deduzione è peraltro basata su un assunto erroneo dato che in tema di accertamento delle imposte sui redditi, è legittima, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 l’utilizzazione da parte dell’amministrazione finanziaria (anche attraverso un puntuale richiamo, nell’avviso di accertamento, al verbale di ispezione redatto dalla Guardia di finanza) dei dati relativi ai movimenti bancari del contribuente, che costituiscono valida prova presuntiva, anche senza l’indicazione analitica delle singole annotazioni utilizzate per la ricostruzione dell’imponibile (Cass. Civ., sez. 5 n. 7329 del 13 maggio 2003).

Ugualmente generico e indeterminato è il secondo motivo di ricorso con il quale la ricorrente lamenta che la C.T.R. non ha motivato la sua decisione in merito alla operatività delle presunzioni legali riconosciute dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51 senza chiarire non solo il significato di tale affermazione ma quali allegazioni probatorie, portate dalla sua difesa, sarebbero state trascurate dalla C.T.R.. A tale proposito va, comunque, rilevato che in tema di IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 51 consente all’amministrazione finanziaria di rettificare su basi presuntive la dichiarazione del contribuente utilizzando i dati relativi ai movimenti su conti bancari dallo stesso intrattenuti. La presunzione, di cui al citato art. 51, di omessa fatturazione di ricavi conseguiti dalla società contribuente, correlata agli accertati prelevamenti operati sui conti correnti bancari, ritenuti "uscite di cassa", deve ritenersi superata qualora gli assegni siano stati regolarmente contabilizzati dalla medesima società e la stessa, come suo onere, fornisca giustificazioni in ordine al transito ed al conteggio in contabilità dei dati in questione (Cass. Civ., sez. 5, n. 14420 dell’8 luglio 2005).

Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.100, di cui 1.000 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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