Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-11-2010) 02-02-2011, n. 3835 Diritti d’autore

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale monocratico di Campobasso, con sentenza del 17.11.2009 pronunciata nella fase degli atti preliminari all’apertura del dibattimento, assolveva F.G. dal delitto di cui:

– alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), per avere detenuto per la vendita ad occasionali acquirenti n. 62 CD musicali e n. 3 DVD palesemente contraffatti e non contrassegnati dalla S.I.A.E. (acc. in (OMISSIS));

"perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato", alla stregua di quanto enunciato dalla sentenza resa della Corte di Giustizia europea l’8/11/2007, nel procedimento C-20/05, Schwibbert.

Avverso tale sentenza ha preposto ricorso il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Campobasso, il quale ha eccepito violazione dell’art. 469 c.p.p., prospettando che la decisione assolutoria è stata pronunciata per motivi di merito, laddove la norma consente solo il proscioglimento per estinzione del reato o per improcedibilità dell’azione penale, e nonostante l’opposizione del P.M., vincolante per il giudice.
Motivi della decisione

Il ricorso del P.G. deve essere rigettato, perchè infondato.

1. L’art. 469 c.p.p. assolve ad una funzione deflativa, partendo dalla considerazione che, se emergono evidenti circostanze che latu sensu rendono improcedibile il reato, la celebrazione del dibattimento costituirebbe un inutile dispendio di lavoro giudiziario.

Tale disposizione consente, infatti nella fase predibattimentale, la sola pronuncia, sentite le parti, di sentenza di non doversi procedere per improcedibilità o improseguibilità dell’azione o per estinzione del reato, e non dunque il proscioglimento nel merito dell’imputato.

La stessa norma, però, fa salva l’ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p., comma 2, e, nello specifico, proprio tale norma è stata applicata in una situazione in cui la carenza di responsabilità emergeva positivamente dagli atti, senza necessità di ulteriori accertamenti da effettuarsi doverosamente con le garanzie del pieno contraddittorio; nè la natura e il contenuto di accertamenti siffatti – del resto – vengono specificati in alcun modo dal P.G. nell’atto di gravame.

Anche il P.M. di udienza non aveva prospettato la necessità dell’approfondimento dibattimentale, limitandosi erroneamente a rilevare che sul reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), contestato all’imputato, non produrrebbe alcun effetto la sentenza Schwibbert della Corte di Giustizia europea.

2. L’assunto del P.M. di udienza, invece, è errato, perchè questa Sezione – con le sentenze 12/2/2008 n. 13816, Valentino e 12/2/2008 n. 13818, Ndiaye – ha fissato, in relazione ai fatti di reato previsti con riferimento alla utilizzazione di supporti privi del contrassegno S.I.A.E., alcuni fondamentali principi interpretativi delle disposizioni incriminatrici della L. n. 633 del 1941.

In particolare è stato evidenziato che la Corte di Giustizia europea – con sentenza resa ai sensi dell’art. 234 del Trattato CEE, emessa l’8/l 1/2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert – ha stabilito che l’obbligo di apporre sui dischi compatti, contenenti opere d’arte figurativa, il contrassegno S.I.A.E. in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, rientra nel novero delle "regole tecniche" che, ai sensi delle direttive europee 83/189/CEE e 98/34/CEE, devono essere notificate dallo Stato alla Commissione della Comunità Europea. Con la conseguenza che, qualora tali regole tecniche non siano state notificate alla Commissione, non possono essere fatte valere nei confronti dei privati e devono essere disapplicate dal giudice nazionale.

La sentenza Schwibbert, pur riferendosi specificamente ai contrassegni relativi ai CD contenenti opere d’arte figurativa, ha stabilito un principio generale, secondo il quale la violazione dell’obbligo di comunicare alla Commissione ogni istituzione di contrassegno S.I.A.E. successiva alla direttiva 83/189/CEE per supporti di qualsiasi genere (cartaceo, magnetico, plastico etc.) e di qualsiasi contenuto (musicale, letterario, figurativo etc.) rende inapplicabile l’obbligo del contrassegno stesso nei confronti dei privati e le relative disposizioni interne debbono essere disapplicate dal giudice.

3. Da ciò deriva che:

a) l’obbligo di comunicare alla Commissione le "regole tecniche" introdotte nell’ordinamento italiano vale per tutte le regole istituite dopo l’entrata in vigore della citata direttiva 83/189/CEE, ossia dopo il 31 marzo 1983;

b) devono essere dichiarati non sussistenti i fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. d), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), che punisce appunto chiunque detiene per la vendita supporti musicali, audiovisivi, cinematografici etc. privi del contrassegno S.I.A.E, risultando accertato che, fino alla data di emanazione della sentenza Schwibbert, lo Stato italiano era rimasto inadempiente all’obbligo di notificazione delle regole tecniche. Eventuali sentenze di condanna debbono, pertanto, essere annullate senza rinvio;

c) nessun effetto viene prodotto dalla citata sentenza Schwibbert sui fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), sicchè restano in sè punibili le condotte di chiunque detiene a fini commerciali e di commercio di supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione.

In questi casi la mancanza del contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta.

3.1 L’obbligo di apposizione del contrassegno – come si è detto – doveva essere previamente notificato alla Commissione Europea.

Tale notifica deve ritenersi effettuata successivamente dallo Stato italiano, attraverso un iter avviato con la comunicazione del 24 aprile 2008, che ha avuto il suo epilogo con l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23/2/2009, n. 31, recante "Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti, ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 181 bis".

Detto decreto, entrato in vigore in data 21/4/2009, costituisce il testo definitivo della regola tecnica; ciò comporta la "ripenalizzazione" delle condotte ricollegabili alla mera carenza del contrassegno S.I’.A.E. poste in essere a decorrere dal 21/4/2009, ma non può rendere penalmente illecite condotte nel frattempo "scriminate" dalla non opponibilità ai privati del contrassegno mancante.

4. Nella vicenda che ci occupa, all’imputato è stata contestata la assenza del contrassegno S.I.A.E. sui supporti da lui detenuti per la vendita, ritenendosi "palese" la contraffazione degli stessi soltanto per la mancanza del contrassegno.

Tale condotta è contemplata dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), anche secondo la qualificazione giuridica originariamente fissata dal pubblico ministero, e – come si è detto dianzi – devono essere dichiarati non sussistenti i fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. d), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), commessi dopo l’entrata in vigore della direttiva 83/189/CEE e fino al 21/4/2009.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 608 e 615 c.p.p., rigetta il ricorso del P.G. Così deciso in Roma, il 24 novembre 2010.

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