Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 24-11-2010) 02-02-2011, n. 3834 Diritti d’autore

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Svolgimento del processo

La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 24.4.2009, confermava la sentenza 8.3.2007 del Tribunale monocratico di S. Maria Capua Vetere, che aveva affermato la responsabilità penale di C. P. in ordine ai reati di cui:

– alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1 – lett. c), per avere abusivamente posto in commercio n. 113 CD per play station illecitamente riprodotti (acc. in (OMISSIS));

– alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1 – lett. d), per avere abusivamente posto in commercio gli anzidetti CD non contrassegnati dalla S.I.A.E.;

– all’art. 648 cpv. c.p., per avere acquistato o comunque ricevuto i supporti audiovisivi anzidetti, di provenienza delittuosa, in quanto abusivamente riprodotti e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, unificati tutti i reati nel vincolo della continuazione ex art. 81 cpv. c.p., lo aveva condannato alla pena complessiva di mesi 8 di reclusione ed Euro 400,00 di multa, concedendo il beneficio della sospensione condizionale.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il C., il quale – sotto i profili della violazione di legge e del vizio della motivazione – ha eccepito:

– la nullità della sentenza di primo grado, avendo il primo giudice utilizzato per la propria decisione la deposizione del teste D. G., raccolta in violazione dell’art. 525 c.p.p., comma 2;

– mancanza di prova in ordine al contenuto dei supporti sequestrati.
Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso non merita accoglimento, perchè infondato.

Il ricorrente ha eccepito l’irrituale utilizzazione, da parte del giudice di primo grado, della deposizione resa dal teste D.G. M. (uno dei due verbalizzanti escussi), argomentando in proposito che:

– la testimonianza fu assunta all’udienza del 13.10.2005, tenuta dalla dr.ssa B.;

– alla successiva udienza dell’8.6.2006, tenuta dal dr. M., essendo mutata la persona del giudice monocratico, la difesa si oppose all’utilizzazione del relativo verbale;

– successivamente il processo è stato trattato e deciso nuovamente dalla dr.ssa B., che aveva personalmente già sentito quel teste.

Quest’ultima circostanza, però, non avrebbe alcuna efficacia sanante e violerebbe comunque il principio di immutabilità del giudice, sancito dall’art. 525 c.p.p., comma 2, in quanto non sarebbe stata in ogni caso osservata la sequenza procedimentale prescritta dalla legge. La dr.ssa B., infatti, dopo che il processo era regredito al momento della dichiarazione di apertura del dibattimento, in seguito ad un mutamento del giudice, avrebbe dovuto procedere ad un nuovo esame del teste, anche se da lei stessa già sentito.

L’eccezione è infondata, perchè – secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedi Cass.: sez 6, 23.10.2008, n. 39904; sez. 1, 17.9.2003, n. 35669) – il principio di immutabilità del giudice non è violato qualora – come nella vicenda in esame – l’istruzione dibattimentale sia stata condotta da un magistrato temporaneamente sostituito da un altro magistrato che non abbia proceduto ad alcuna attività istruttoria bensì a meri atti a contenuto ordinatorio, finalizzati solo all’ordinato svolgimento del processo.

2. Deve essere esaminata di ufficio, a questo punto, la questione della configurabilità delle fattispecie di reato previste dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter alla stregua delle regole fissate dalla sentenza Schwibbert, emessa l’8/11/2007 dalla Corte di Giustizia europea nel procedimento C-20/05; questione in relazione alla quale questa Sezione – con le sentenze 12/2/2008 a 13816, Valemmo e 12/2/2008 n. 13818, Ndiaye, alle cui articolate motivazioni si rimanda e che, in questa sede, devono intendersi integralmente recepite ~ ha fissato alcuni fondamentali principi interpretativi.

In particolare è stato evidenziato che la Corte di Giustizia europea – con sentenza resa ai sensi dell’art. 234 del Trattato CJEE, emessa l’8/l 1/2007 nel procedimento C-20/05, Schwibbert – ha stabilito che l’obbligo di apporre sui dischi compatti, contenenti opere d’arte figurativa, il contrassegno S.I.A.E, in vista della loro commercializzazione nello Stato membro interessato, rientra nel novero delle "regole tecniche" che, ai sensi delle direttive europee 83/189/CEE e 98/34/CEE, devono essere notificate dallo Stato alla Commissione della Comunità Europea. Con la conseguenza che, qualora tali regole tecniche non siano state notificate alla Commissione, non possono essere fatte valere nei confronti dei privati e devono essere disapplicate dal giudice nazionale.

La sentenza Schwibbert, pur riferendosi specificamente ai contrassegni relativi ai CD contenenti opere d’arte figurativa, ha stabilito un principio generale, secondo il quale la violazione dell’obbligo di comunicare alla Commissione ogni istituzione di contrassegno S.I.A.E. successiva alla direttiva 83/189/CEE per supporti di qualsiasi genere (cartaceo, magnetico, plastico etc.) e di qualsiasi contenuto (musicale, letterario, figurativo etc.) rende inapplicabile l’obbligo del contrassegno stesso nei confronti dei privati e le relative disposizioni interne debbono essere disapplicate dal giudice.

3. Da ciò deriva che:

a) l’obbligo di comunicare alla Commissione le "regole tecniche" introdotte nell’ordinamento italiano vale per tutte le regole istituite dopo l’entrata in vigore della citata direttiva 83/189/CEE, ossia dopo il 31 marzo 1983;

b) devono essere dichiarati non sussistenti i fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. d), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), che punisce appunto chiunque detiene per la vendita supporti musicali, audiovisivi, cinematografici etc. privi del contrassegno S.I.A.E, risultando accertato che, fino alla data di emanazione della sentenza Schwibbert, lo Stato italiano era rimasto inadempiente all’obbligo di notificazione delle regole tecniche. Eventuali sentenze di condanna debbono, pertanto, essere annullate senza rinvio;

c) nessun effetto viene prodotto dalla citata sentenza Schwibbert sui fatti di reato previsti dalla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1, lett. c), (nel testo modificato dalla L. 18 agosto 2000, n. 248), sicchè restano in sè punibili le condotte di chiunque detiene a fini commerciali e di commercio di supporti illecitamente duplicati o riprodotti, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione.

In questi casi la mancanza del contrassegno può essere semmai valutata come mero indizio della illecita duplicazione o riproduzione, ma non assurge al ruolo costitutivo della condotta.

3.1 L’obbligo di apposizione del contrassegno – come si è detto – doveva essere previamente notificato alla Commissione Europea.

Tale notifica deve ritenersi effettuata successivamente dallo Stato italiano, attraverso un iter avviato con la comunicazione del 24 aprile 2008, che ha avuto il suo epilogo con l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23/2/2009, n. 31, recante "Regolamento di disciplina del contrassegno da apporre sui supporti, ai sensi della L. 22 aprile 1941, n. 633, art. 181 bis".

Detto decreto, entrato in vigore in data 21/4/2009, costituisce il testo definitivo della regola tecnica; ciò comporta la "ripenalizzazione" delle condotte ricollegabili alla mera carenza del contrassegno S.I.A.E. poste in essere a decorrere dal 21/4/2009, ma non può rendere penalmente illecite condotte nel frattempo "scriminate" dalla non opponibilità ai privati del contrassegno mancante.

4. Nella vicenda che ci occupa, conseguentemente, alla stregua dei principi anzidetto, l’imputato deve essere assolto – perchè il fatto non sussiste – dal reato di cui al L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, comma 1 – lett. d), per avere abusivamente posto in commercio i CD non contrassegnati dalla S.I.A.E., e deve essere eliminata la relativa pena pari a mesi uno di reclusione ed Euro 25,00 di multa.

5. Deve essere confermata, invece, la pronuncia di responsabilità (oltre che per il delitto di ricettazione) per il reato di cui al L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. c), ritenuto sussistente in relazione alla commercializzazione di supporti frutto di abusiva duplicazione del loro contenuto, in relazione al quale nessun effetto viene prodotto dalla citata sentenza Schwibbert.

I giudici del merito hanno adeguatamente valutato, anche sotto il profilo soggettivo, gli elementi costituivi di tale fattispecie delittuosa e la struttura razionale della decisione è sorretta da logico e coerente apparato argomentativo.

A fronte dell’effettuato accertamento, il ricorrente, con doglianza non ammissibile, ha soltanto ipotizzato, con congettura quanto meno azzardata, che potrebbero essere stati messi in vendita "supporti privi di contenuto".

Va rigettato, pertanto, anche il secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 620 c.p.p., annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171 ter, lett. d), perchè il fatto non sussiste ed elimina la pena pari a mesi uno di reclusione ed Euro 25,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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