Cass. civ. Sez. II, Sent., 07-03-2011, n. 5387 Esecuzione forzata per consegna o rilascio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 13.7.1999 l’Azienda ULSS (OMISSIS) riassumeva davanti al Tribunale di Venezia, sezione di Chioggia, la causa promossa davanti alla Pretura nei confronti di F.M. per ottenere la condanna al rilascio del fabbricato in (OMISSIS), strada (OMISSIS) di cui era proprietaria. Esponeva che ai sensi del D.Lgs. n. 512 del 1992, art. 5 e successive modificazioni la Giunta regionale del Veneto aveva trasferito alla Azienda ULSS tutti i beni mobili, immobili e le attrezzature sia degli enti soppressi sia dei Comuni e delle Province, aventi vincolo di destinazione al servizio sanitario nazionale e gestiti sino al 31.12.1994 dalle disciolte ULSS (OMISSIS) e tra i beni trasferiti vi era l’intero fabbricato situato in (OMISSIS), occupato senza titolo dalla F., che, diffidata al rilascio, aveva riferito di abitare precedentemente in una casa costruita dal marito in via (OMISSIS); che nel settembre 1969 una commissione del Comune, affermando che la casa doveva essere abbattuta per terminare i lavori dell’ospedale, le aveva offerto in pennuta la casetta in questione;

che nei 25 anni successivi non era avvenuta la concordata regolarizzazione cui aveva diritto. La convenuta resisteva, contestando la domanda ed aggiungendo trattarsi di bene patrimoniale suscettibile di usucapione ed era incontroversa l’occupazione da oltre 27 anni; in tal senso svolgeva domanda riconvenzionale ed in subordine chiedeva la condanna dell’attrice al risarcimento delle spese di conservazione, miglioramento e trasformazione in L. 77.200.000.

Con sentenza 98/2001 il Tribunale ordinava alla F. il rilascio e condannava l’ULSS al pagamento di L. 10.000.000, e la convenuta a 3/4 delle spese. Proponeva appello la F., resisteva l’ULSS proponendo appello incidentale e la Corte di appello di Venezia, con sentenza 1949/04, respingeva la domanda, dichiarava l’acquisto per usucapione della F. e condannava l’ULSS alle spese.

La Corte territoriale, premesso che incombeva sull’attrice l’onere della prova della proprietà e della occupazione senza titolo e sulla convenuta del titolo che la legittimava, ha ritenuto non condivisibile l’assunto del primo giudice della sussistenza di un vincolo di destinazione all’uso pubblico, operante fin dal 1979, che rendeva il bene non usucapibile, trattandosi, stando alla ctu, di modesto edificio di civile abitazione, del quale era positivamente comprovato dalle emergenze istruttorie la F. godeva come proprietaria dal 1969.

L’animus possidendi non era escluso dalla richiesta di regolarizzazione, posto che la F. aveva riferito di averlo ricevuto in permuta e mancava la concreta destinazione del bene ad un pubblico servizio.

Ricorre l’ULSS (OMISSIS) con due motivi, illustrati da memoria, resiste la F., proponendo ricorso incidentale condizionato per l’eventuale rinvio sulle questioni non giudicate perchè ritenute assorbite dalla pronuncia di appello.
Motivi della decisione

Col primo motivo si lamenta violazione degli artt. 826 e 828 c.c. posto che l’atto di destinazione al patrimonio indisponibile non è figlio di un provvedimento amministrativo bensì di un atto legislativo; non esistendo la sola determinazione dell’ente pubblico di imprimere al bene il carattere di patrimonio indisponibile, nessuna incidenza poteva avere il provvedimento amministrativo giacche la destinazione del bene non traeva origine da questo ma da un provvedimento avente natura legislativa. Solo la legge, nella specie regionale, poteva disciplinare lo svincolo di destinazione.

Col secondo motivo si denunziano violazione di legge ed omessa, insufficiente motivazione in relazione agli artt. 1141 e 1350 c.c..

Il titolo dell’occupazione non può coincidere con le modalità di acquisto e per titolo idoneo si intende un negozio astrattamente capace di produrre l’effetto del trasferimento della proprietà.

Nella specie mancava il reciproco trasferimento della proprietà di cose, nulla avendo ottenuto il Comune di C. ed, in ogni caso, trattandosi di beni immobili, occorreva la forma scritta ad substantiam.

Le censure, come proposte, non meritano accoglimento.

In ordine alla prima, la sentenza impugnata alle pagine 17, 18, 19 e 20 ha dedotto che con delibera del presidente della Giunta regionale era stata costituita la ULS (OMISSIS) e ad essa trasferite al 1 luglio 1980 le funzioni esercitate dall’Ospedale civile di (OMISSIS) nonchè i relativi beni mobili ed immobili attrezzature e personale.

La delibera prevedeva che la individuazione dei beni che il detto ente doveva trasferire al patrimonio del Comune con vincolo di destinazione alla ULS fosse oggetto di successivo decreto in base alle risultanze della deliberazione con la quale si sarebbe effettuata la ricognizione straordinaria di cui alla L.R. n. 78 del 1979, art. 37.

Con deliberazione della giunta del Comune di (OMISSIS) del 2.10.1980 n. 2379, visto il verbale di ricognizione del 27.9.1980, si deliberava di confermare consistenza, caratteristiche e destinazione in atto dei beni di pertinenza comunale destinati ai servizi igienico sanitari evidenziati all’elenco allegato e, significativamente, nell’elenco provvisorio non era compreso il bene oggetto di causa, che ininterrottamente continuava ad essere adibito non già a servizi sanitari ma a privata abitazione dell’appellante.

Successivamente, con delibera della Giunta regionale, venivano trasferiti alla ULSS (OMISSIS) di Chioggia i beni che alla data di entrata in vigore del decreto facevano parte del patrimonio dei comuni con vincolo di destinazione alle unità socio sanitarie e tra i beni era inserito quello in questione che non aveva mai avuto una effettiva e concreta destinazione a pubblico servizio, donde nessun ostacolo alla usucapibilità. Non giova alla ricorrente la tesi che solo il provvedimento legislativo poteva provvedere allo svincolo di destinazione, posto che il vincolo riguardava in via generale ed astratta i beni degli enti disciolti , dei comune e delle province, aventi vincolo di destinazione al servizio sanitario nazionale e già gestiti dalla disciolte ULSS dato che, nella particolare situazione oggetto della controversia, già dal 1969 la F. occupava l’immobile, ricadente in un complesso oggetto di negoziazioni private cui "non fece seguito alcun tipo di intervento da parte dell’ente pubblico acquirente onde in concreto imprimere la destinazione prevista al bene entrato nel patrimonio dell’ente" (pagina 17).

La precedente appartenenza del bene al Comune e la pacifica occupazione della F. dal 1969 esclude che la ULS ne abbia avuto la disponibilità e che ci sia mai stata una concreta ed effettiva destinazione a servizi sanitari (Cass. 30.1.2007 n. 1957. S.U. 28.6.2006 n. 14865).

Quanto al secondo motivo, è significativo che non si neghi l’esistenza di un accordo di pennuta nei termini indicati dalla F. ma si deduca l’inesistenza di una controprestazione e la nullità per mancanza di forma senza rilevare che la controprestazione sta nella ottenuta disponibilità del precedente immobile della odierna resistente e la dedotta nullità non esclude il possesso uti dominus della stessa, che si presume.

Donde il rigetto del ricorso principale, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato e compensazione delle spese, attesa la singolarità della vicenda.
P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito l’incidentale condizionato e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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