Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-01-2011, n. 654 Marittima e interna

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Comune di Venezia ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione I, 19 gennaio 2006, n. 89 con la quale sono stati annullati i provvedimenti impugnati dalle parti private ricorrenti e più precisamente: a) i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri dichiarativi dello stato di emergenza in relazione alla situazione determinatasi per effetto di traffico acqueo lagunare nella città di Venezia di data 15 novembre 2001 e di "proroga" dello stesso in data 29 novembre 2002, 16 gennaio 2004, 21 gennaio 2005, e 15 luglio 2005; b) l’ordinanza 27 dicembre 2001 del Ministero dell’Interno, delegato alla protezione civile; c) le ordinanze del commissario delegato nn. 79/2004, 18/2005, 19/2005 e 20/2005.

2. Avverso la medesima sentenza ha proposto appello incidentale autonomo, affidato a motivi in gran parte analoghi a quelli dell’appellante principale, anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Commissario delegato al traffico acqueo della laguna di Venezia.

3. Si sono costituite in giudizio le parti private ricorrenti in primo grado, chiedendo il rigetto dell’appello e riproponendo i motivi assorbiti in primo grado.

4. Con ordinanza cautelare 14 marzo 2006, n. 1338, la Sezione ha disposto la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado.

5. L’appello merita accoglimento.

6. Deve, anzitutto, respingersi l’eccezione, sollevate da alcuni degli originari ricorrenti, di inammissibilità dell’appello principale proposto dal Comune di Venezia per difetto di interesse.

Al contrario, il Collegio ritiene che il Comune abbia interesse ad appellare, anche in considerazione dell’attività di carattere sanzionatorio dallo stesso Comune posta in essere in attuazione delle ordinanze commissariali.

In ogni caso, l’eccezione ha, nel caso di specie, una rilevanza pratica limitata in quanto i motivi contenuti nell’appello proposti dal Comune di Venezia sono in gran parte presenti nell’appello incidentale autonomo proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

7. Nel merito l’appello è, come si diceva, fondato.

Occorre anzitutto rilevare che le ordinanze di necessità ed urgenza impugnate (e i successivi provvedimenti adottati in regime commissariale) risultano ormai in massima parte "sanati" per effetto della previsione contenuta nell’art. 1ter del decretolegge 7 febbraio 2003, n. 15, convertito dalla legge 8 aprile 2003, n. 62.

Tale norma, dopo aver confermato i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri con i quali è stato dichiarato e poi prorogato lo stato di emergenza ambientale nella Regione siciliana (art. 1ter comma 1), e fatti salvi tutti gli effetti derivati dall’attuazione delle ordinanze ministeriali di nomina del Presidente della Regione siciliana a commissario delegato e le conseguenti attività svolte da quest’ultimo (art. 1ter, comma 2), ha stabilito, al terzo comma, che "le disposizioni di conferma e di salvezza, di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, si applicano altresì ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, alle ordinanze di protezione civile ed ai conseguenti provvedimenti emanati in regime commissariale, sul territorio nazionale, inerenti alle situazioni di emergenza ambientale e relativamente allo stato di inquinamento delle risorse idriche nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, speciali e speciali pericolosi, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione".

Tra i provvedimenti oggetto di conferma e salvezza da parte del legislatore rientrano anche i provvedimenti oggetto del presente giudizio, senz’altro diretti a tutelare le acque della laguna di Venezia.

8. In ogni caso, anche a prescindere dall’applicazione della "sanatoria" disposta dal legislatore, gli appelli delle Amministrazioni risultano fondati.

9. Occorre ricostruire brevemente il quadro normativo su cui si basano i provvedimenti impugnati.

Ai sensi dell’art. 5, comma 1, l. 24 febbraio 1992, n. 225, (Istituzione del servizio nazionale di protezione civile),"al verificarsi degli eventi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti".

L’art. 2, comma 1, lett. c), della medesima legge, a sua volta, fa riferimento a "calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari".

L’art. 5, comma 4, prevede che per l’attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, "il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell’articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l’attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio".

10. Le norme appena richiamate confermano, ad avviso del Collegio, la legittimità dei provvedimenti impugnati, a partire dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 15 novembre 2001, concernente la dichiarazione dello stato di emergenza del territorio della città di Venezia, in relazione al traffico acqueo lagunare.

I motivi fatti valere dalle originarie ricorrenti e riproposti in appello possono infatti essere respinti alla luce delle seguenti considerazioni.

10.1. In primo luogo, la circostanza che – come è detto in quel primo decreto – il fenomeno del moto ondoso provocato dalle imbarcazioni a motore ponga in serio pericolo la staticità degli edifici del centro storico della città di Venezia, non irragionevolmente appare riconducibile all’ampio ed innominato novero degli "altri eventi", equiparabili a quelli calamitosi o catastrofici, che a norma dell’art. 2, per intensità ed estensione, vanno fronteggiati con mezzi e poteri più efficaci di quelli, evidentemente inidonei, ordinari, e che perciò legittimano la dichiarazione dello stato di emergenza dell’art. 5. Infatti, l’effetto dannoso sulla consistenza materiale di Venezia del moto ondoso da traffico lagunare, proprio perché costituisce per quella realtà un problema grave quanto cronico, rappresenta una situazione di fatto che, posta in relazione agli specialissimi pregio, configurazione e fragilità dell’eccezionale città lagunare, invera la necessità prevista dalla legge e legittima l’adozione di misure e regolamentazioni, anche generali, extra ordinem per fronteggiare congruamente il pericolo all’integrità dei beni, degli insediamenti e dell’ambiente..

Invero, anche un fenomeno negativo persistente e non adeguatamente fronteggiato con i mezzi amministrativi ordinari – come è quello del moto ondoso provocato dalle imbarcazioni a motore, in cui si correttamente si ravvisa un serio pericolo per la staticità degli edifici del centro storico di Venezia – può, per l’ormai indifferibile urgenza del provvedere, dare effettivamente luogo ad una necessità tale da richiedere l’eccezionale ricorso ai poteri straordinari in questione. E così si è disposto, mediante le ordinanze di cui si discute, per il periodo tra il novembre 2001 e il luglio 2005.

Del resto, la deliberazione dello stato di emergenza ai sensi del ricordato art. 5 esprime l’esercizio di un’amplissima potestà discrezionale, il cui limite sta nell’effettiva esistenza di una situazione di fatto da cui derivi, o possa derivare, un pericolo all’integrità delle persone, o ai beni o agli insediamenti e all’ambiente, oltre nella sua ragionevolezza e nell’impossibilità di poter altrimenti fronteggiare la situazione (Cons. Stato, IV, 19 aprile 2000, n. 2361).

In altri termini, il fatto che non si tratti di situazione nuova ed imprevedibile non è di per sé d’ostacolo al ricorso al detto potere, poiché ciò che rileva non è la circostanza, estrinseca, che il pericolo sia correlato ad una situazione preesistente ovvero ad un evento nuovo ed imprevedibile, ma la sussistenza della necessità e dell’urgenza attuale di intervenire a difesa degli interessi da tutelare, a prescindere sia dalla prevedibilità che dalla stessa imputabilità all’Amministrazione o a terzi della situazione di pericolo che il provvedimento è rivolto a rimuovere (Cons. Stato, V, 9 novembre 1998, n. 1585): si deve dunque aver essenziale riguardo all’oggettiva ricorrenza di una situazione di pericolo non fronteggiabile adeguatamente e tempestivamente con misure ordinarie (Cons. Stato, V, 2 dicembre 2002, n. 6624).

La valutazione circa la sussistenza di tali presupposti è, come detto, ampiamente discrezionale e può essere oggetto di sindacato in sede giurisdizionale in presenza di profili di evidente arbitrarietà e irragionevolezza, che nella specie non appaiono sussistere.

10.2. Anche le censure, accolte dal Tribunale amministrativo, in ordine alla legittimità delle proroghe disposte perché intervenute dopo la scadenza del termine indicato nell’atto che ha inizialmente dichiarato lo stato di emergenza non meritano accoglimento.

Deve, infatti, escludersi che la scadenza del termine indicato nel primo provvedimento escluda il potere del Governo di reiterare il provvedimento emergenziale, atteso che il potere attribuito al Consiglio dei ministri dall’art. 5 l. n. 225 del 1992 non si estingue per decorrenza del termine, ma perdura fino a quando sussiste la situazione di emergenza. È evidente che, indipendentemente dalla denominazione giuridica utilizzata, il provvedimento di reiterazione non sia altro che una nuovo atto dichiarativo dello stato di emergenza.

10.3. Né vale affermare che i provvedimenti di proroga, se intesi come autonomi provvedimenti di dichiarazione emergenziale, sarebbero comunque illegittimi per vizi di motivazione e di istruttoria.

Al riguardo, è sufficiente evidenziare che la valutazione circa la permanenza di una situazione di emergenza già precedentemente accertata richiede una sforzo istruttorio e motivazionale minore, potendo il nuovo provvedimento beneficiare dell’attività istruttoria già precedentemente compiuta dall’Amministrazione.

10.4. Parimenti non ha pregio la censura secondo cui nei provvedimenti impugnati non sarebbero indicati "i tempi" (come richiede l’art. 5, comma 4, l. n. 225 del 1992) della nomina del Sindaco di Venezia quale Commissario delegato. Sotto tale profilo, il Collegio condivide le considerazioni dell’Avvocatura dello Stato, secondo cui quando venga disposto l’avvalimento del commissario delegato senza l’espressa specificazione di diversi e più ristretti limiti temporali, deve intendersi che la durata della delega sia necessariamente correlata alla durata del provvedimento emergenziale.

10.5. Infondato, infine, è l’assunto secondo cui i provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi perché lesivi di alcuni diritti fondamentali dei ricorrenti, quali la libertà di circolazione e la libertà di impresa.

Come questo Consiglio di Stato ha già evidenziato (V, 4 marzo 2008, n. 824), i provvedimenti in questione vietano tout court l’accesso e la circolazione all’intero territorio, ma solo a delimitate, seppur vaste, zone dell’abitato urbano particolarmente esposte all’azione dannosa del moto ondoso.

La parziale limitazione della liberta di locomozione e di iniziativa economica discende quindi dall’esigenza di tutela del particolarissimo patrimonio culturale ed ambientale che fa di Venezia un unicum mondiale.

La gravosità delle limitazioni si giustifica anche alla luce del valore primario ed assoluto riconosciuto dalla Costituzione all’ambiente ed al paesaggio (cfr. da ultimo Corte cost., 7 novembre 2007, n. 367).

11.Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va respinto.

12. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite, anche in ragione dell’opinabilità delle questioni esaminate.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,lo accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso proposto in primo grado

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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