Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 22-12-2010) 03-02-2011, n. 4134 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

M.D. ricorre in cassazione avverso l’ordinanza, in data 3.09.2010, del Tribunale di Milano – sezione riesame – di rigetto della richiesta di riesame riguardante l’ordinanza applicativa della misura cautelare nei suoi confronti emessa dal GIP del Tribunale di Varese il 9.07.2010, in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Con un primo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. a). Si argomenta che il pericolo di inquinamento probatorio è stato giustificato dal Tribunale sul rilievo che la concessione degli arresti domiciliari avrebbe consentito al M. di concordare con la moglie versioni a lui più favorevoli. Il Tribunale dimentica, però, che subito dopo la convalida degli arresti in carcere il M. ha goduto dei colloqui con i familiari ivi compresa la moglie. E’ evidente l’illogicità della motivazione sul punto.

Con un secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione all’art. 274 c.p.p., lett. c) in ordine al pericolo di reiterazione del reato. Il Tribunale ha ritenuto la sussistenza di tale esigenza cautelare sulla base della circostanza del rinvenimento di 1 Kg. di marijuana, nonchè sulla inaffidabilità dell’indagato dedotta dai suoi precedenti penali. Con memoria depositata il 15.12.2010 il ricorrente nel ribadire le richieste avanzate con il ricorso produce documentazione a conforto delle argomentazioni esposte.

Il ricorso va rigettato.

Quanto alla sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di inquinamento delle prove l’argomentazione del ricorrente è da ritenersi fondata sulla base della documentazione esibita (permessi di colloqui del M. con la moglie sin dal 13.03.2010); infatti, appare incongrua la motivazione posta a base del ritenuto pericolo che il M., se posto in libertà o agli arresti domiciliari, potesse inquinare le prove, atteso che, se questa era la sua determinazione, ben avrebbe potuto il M. concordare con la moglie la sua versione difensiva nel corso dei colloqui in carcere.

Ciò nonostante l’apparato motivazionale dell’impugnata ordinanza, comunque, regge tenuto conto che essa ha fatto anche riferimento alla sussistenza del pericolo di reiterazione del reato della stessa specie.

Invero, questa Corte ha costantemente affermato che in tema di misure cautelari personali, pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di fuga e di reiterazione del reato sono i tre requisiti che, ai sensi dell’art. 274 c.p.p., condizionano il potere di disporre la misura cautelare, ma essi non devono "concorrere insieme" per legittimare quel provvedimento (V. sez. 3, sentenza n. 937 del 29.5.1993, rv. 194729). Per altro è stato anche affermato che le esigenze cautelari previste dall’art. 274 nuovo c.p.p. sono tra loro alternative, nel senso che, una volta indicato un elemento che giustifica la scelta del giudice di merito, quest’ultimo non è tenuto a dimostrare anche l’esistenza delle altre condizioni cui la privazione della libertà personale dell’indagato può essere subordinata (in tal senso sez. 2 sentenza n. 394 del 26.02.1992, rv.

189168).

E dunque, il Tribunale del riesame con motivazione più che congrua ha ritenuto sussistente anche il pericolo di recidiva evidenziando il dato ponderale del sequestro di un kg. di marijuana, e le modalità del suo occultamento, che oggettivamente escludono l’uso personale dello stupefacente (sul corretto rilievo che il notevole quantitativo è incompatibile con un uso personale che dovrebbe risolversi in poco tempo in ragione del rapido deterioramento cui è soggetto tale tipo di stupefacente) ma che è anche indice di una capacità di procurasi quantitativi non modesti di droga e, quindi, di avere contatti con ambienti criminali di un certo spessore dediti al commercio sistematico e non occasionale. Aggiunge il Tribunale che il M. era in possesso anche di sette utenze cellulari, ossia di una pluralità di utenze che non trovano alcuna giustificazione con la sua attività lavorativa di cuoco ma che ben si conciliano con le cautele che vengono adottate da chi è dedito allo spaccio di stupefacenti. Con questa doglianza, il ricorrente vorrebbe, inammissibilmente, che la Corte esercitasse un controllo di merito, attraverso una non consentita rilettura della vicenda e una parimenti non consentita rinnovazione del giudizio di adeguatezza e proporzionalità, effettuato dal giudicante in modo rispettoso del disposto normativo ( art. 275 c.p.p., commi 2 e 3). Mentre, come già evidenziato, in modo corretto ed adeguato, il giudicante ha motivato sulla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di recidiva, anche con riferimento ai trascorsi penali del M..

Come è noto, in tema di esigenza cautelare costituita dal pericolo di reiterazione di reati della stessa indole, prevista dall’art. 274 c.p.p., lett. c), la pericolosità sociale dell’indagato deve risultare congiuntamente dalle specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla sua pericolosità. Peraltro, nulla impedisce di attribuire alle medesime modalità e circostanze di fatto una duplice valenza, sia sotto il profilo della valutazione della gravità del fatto, sia sotto il profilo dell’apprezzamento della capacità a delinquere: in vero, le specifiche modalità e circostanze del fatto ben possono essere prese in considerazione anche per il giudizio sulla pericolosità dell’indagato, costituendo la condotta tenuta in occasione del reato un elemento specifico assai significativo per valutare la personalità dell’agente (ex pluribus, Cass., Sez. 1, 14 maggio 2003, Franchi; più di recente, Cass., Sez. 2, 22 giugno 2005, Pezzano).

E’ quanto risulta essere stato fatto nella vicenda de qua, per le ragioni suindicate.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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