Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 22-12-2010) 03-02-2011, n. 4111

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E.R. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 24.04.2009, della Corte d’Appello di Bologna di conferma della sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti l’11.09.2008 dal Tribunale dello stesso capoluogo in ordine al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, con l’aggravante prevista dall’art. 61 c.p., n. 11 bis.

Si denunciano, con più motivi, violazione di legge e vizio di motivazione.

Si premette che l’imputato aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado lamentando la sussistenza dello stato di necessità ed il Tribunale non aveva affatto motivato in ordine al giudizio di colpevolezza, e, comunque, la sentenza nella parte motiva era da ritenersi contraddittoria. In ordine a queste due censure il giudice di appello nulla rileva ed omette qualsiasi motivazione.

Si era eccepita la insussistenza della contestata aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11, ed anche su tale punto la Corte territoriale non si è pronunciata.

Il ricorso va accolto parzialmente con riferimento all’ultimo motivo.

Manifestamente inammissibile è, infatti, il motivo relativo al vizio di motivazione.

La Corte territoriale ha ben precisato il principio di diritto secondo cui il giudice di appello non potrebbe mai disporre l’annullamento della sentenza di primo grado per vizio di motivazione, semmai, ove ne ricorressero i presupposti, potrebbe integrare l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione.

Ed ha, altresì, evidenziato che, quanto al giudizio di colpevolezza, deve ritenersi che la sinteticità della motivazione non equivale alla sua carenza o insufficienza ed ha rappresentato gli elementi probatori in base ai quali il Tribunale ha espresso il convincimento di responsabilità penale dell’imputato.

Dunque, alcuna censura avente ad oggetto vizio di motivazione può muoversi alla sentenza impugnata, tra l’altro così come esposti i motivi sono privi del requisito di specificità consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata, essendosi fatto ricorso a formule di stile.

E il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cfr. ex plurimis Cass. 5^, 21 aprile 1999, Macis, RV 213812; Cass. 6^, 1 dicembre 1993, p.m. in c. Marongiu, RV 197180;

Cass. 4^, 1 aprile 2004, Distante, RV 228586).

Quanto al motivo relativo alla contestata sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, questa va esclusa poichè ritenuta illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 249/2010.

La sentenza va, quindi, annullata relativamente a tale punto con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna che dovrà formulare un nuovo giudizio in ordine alla quantificazione della pena su cui l’aggravante in parola ha indubbiamente influito, in considerazione del giudizio di equivalenza con essa della riconosciuta attenuante speciale di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 bis, ed al conseguente trattamento sanzionatorio con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Bologna.

Rigetta nel resto il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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