T.A.R. Calabria Reggio Calabria Sez. I, Sent., 28-01-2011, n. 54 Aggiudicazione dei lavori Associazioni mafiose Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Come in altra controversia definita in pari data ed iscritta al R.G. 1164/2008, intercorrente tra le stesse parti, con il presente ricorso i sig.ri B. si dolgono delle determinazioni del Comune di Platì assunte in seguito all’intervenuta informativa prefettizia interdittiva.

In particolare, i ricorrenti, in qualità, il primo (I.A.B.) di imprenditore individuale ed il secondo (D.B.) di institore della suddetta impresa, espongono di aver assunto l’esecuzione dei lavori di " adeguamento e rifacimento della rete idrica del capoluogo", in forza di contratto del 5.5.08, stipulato con il Comune di Platì, redatto, in via amministrativa, in esito ad apposita gara per pubblico incanto con il criterio del prezzo più basso.

Nel corso dei lavori (la cui consegna è avvenuta in via d’urgenza poco prima della formalizzazione del contratto e cioè il 29.4.2008) il RUP, con nota ricevuta il 31.7.2008 n. prot. 4927, comunicava, anche ai sensi dell’art 7 l. 241/90, l’intervenuta deliberazione n.76 del 28.7.08, assunta dalla Commissione Straordinaria con i poteri di G.M. che, quale atto di indirizzo, invitava i competenti organi gestionali a risolvere il contratto.

La deliberazione n.76/2008, aveva come presupposto la nota della Prefettura di Reggio Calabria prot. n. 46579 /08/Area I del 15.7.08, contenente informazione antimafia interdittiva, ai sensi dell’art.10 DPR 252/98, nei confronti della impresa individuale B. I. e del suo institore.

Nella predetta informativa la Prefettura esponeva che la complessiva valutazione di tutti gli elementi acquisiti mediante gli accertamenti disposti per il tramite delle Forze di Polizia, induceva a ritenere sussistente il pericolo di tentativi di infiltrazioni mafiose nell’ambito dell’impresa.

Ciò in quanto era emerso un articolato quadro di significative relazioni dei nominati in oggetto, (B. I. e B. D.) con soggetti gravati da molteplici precedenti penali e appartenenti alla criminalità organizzata.

Il RUP, peraltro, con telegramma del 2.8.08, ordinava, nelle more, la sospensione immediata dei lavori e ad essa seguiva la determinazione n.194/2008 del Responsabile dell’area tecnicomanutentiva, di risoluzione del contratto, adottata il 14.8.2008.

Contro alcuni atti del procedimento (l’informativa, la delibera della Commissione straordinaria, la comunicazione di avvio del procedimento e l’ordine di sospensione dei lavori, ma non la determina di risoluzione del contratto) insorgono i ricorrenti, denunciandone vizi propri e derivati, impugnando altresì la nota indicata in epigrafe con cui la Prefettura di Reggio Calabria ha negato l’accesso agli accertamenti di polizia che hanno condotto all’adozione dell’informativa.

Preliminarmente va dichiarata la cessazione della materia del contendere in merito all’impugnativa del diniego di accesso agli atti in quanto, a seguito degli incombenti istruttori disposti dal Collegio e di cui si darà conto in seguito, gli atti in questione sono stati depositati in giudizio.

La conseguente domanda risarcitoria è infondata, in quanto non risulta dimostrato alcun danno derivante dalla mancata ostensione.

Venendo all’impugnativa degli ulteriori atti, dell’informativa prefettizia n. 46579/08 del 15.7.2008 i ricorrenti censurano l’insufficienza della motivazione (perché non sarebbe indicato puntualmente l’esito degli accertamenti) e contestano, in ogni caso, che si possa desumere un quadro di relazioni quale quello indicato dalla Prefettura, potendosi, al più riscontrare qualche occasionale incontro.

Le doglianze sono infondate.

In particolare dal sintetico contenuto della parte motiva dell’informativa impugnata è chiaramente individuabile il nucleo essenziale delle ragioni che ne hanno determinato l’adozione, rappresentato dall’esistenza di plurime e reiterate frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata.

Tanto soddisfa l’onere di sufficienza motivazionale.

La specificazione in dettaglio degli incontri che hanno fondato tale giudizio non è, infatti, necessaria per integrare il requisito della indicazione dei presupposti di fatto, in primo luogo perché l’ordinamento implicitamente (v. art. 3 c.p.a., rubricato "dovere di motivazione e sinteticità degli atti" e art.133 c.p.c. che, nel disciplinare il contenuto della sentenza, richiede la "concisa" esposizione dei motivi in fatto ed in diritto della decisione) consente -ed anzi induce- alla sinteticità di tale indicazione, imponendo per ciò un procedimento inferenziale di reductio ad unum dei singoli dati di dettaglio.

A ciò si deve aggiungere che l’indicazione specifica (a cui chiaramente l’impianto motivazionale dell’informativa rinvia, laddove richiama gli accertamenti disposti per il tramite delle Forze di Polizia) è sicuramente conoscibile dal destinatario sia a seguito degli incombenti istruttori – disposti anche nella presente controversia- sia a seguito di autonoma istanza di accesso (v. in tal senso T.A.R. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 22 aprile 2009, n. 253), sicchè sotto tale profilo si supera ogni questione inerente la assunta eccessiva sinteticità della motivazione, trattandosi di atti che la integrano per relationem.

In tal senso va ricordata anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui "è legittima l’informativa prefettizia antimafia che omette di citare testualmente i singoli atti dell’istruttoria, essendone sufficiente il mero richiamo per integrare la motivazione "per relationem" ex art. 3 l. 7 agosto 1990 n. 241." (Consiglio Stato, sez. VI, 11 settembre 2001, n. 4724).

Diversa ed ulteriore questione è quella della lamentata erroneità e irragionevolezza e del desunto quadro relazionale con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata.

Sotto tale profilo dirimenti sono stati gli incombenti istruttori disposti con ord. cautelare n. 125/08 con cui si è chiesto di depositare l’esito degli accertamenti svolti.

Orbene, dalla nota della Regione Carabinieri "Calabria" – Comando provinciale di Reggio Calabria- emerge che B. I. è stato notato in varie circostanze (esattamente 7 decorrenti dal 1994 al 2007) con diversi soggetti (tali: R.V.; Z.D.; M.M.; R.R.; M.D. e R.M.), tutti ritenuti esponenti della criminalità organizzata, molti dei quali gravati da condanne (anche se non definitive) o raggiunti da ordinanze custodiali nell’ambito di procedimenti per associazione di stampo mafioso.

A carico di B. D. risultano, invece 5 controlli con B.A., ritenuto elemento collegato alla cosca B. (il numero dei controlli con il medesimo soggetto esclude di per sé l’occasionalità); un controllo con tale R.A., nipote di un capomafia locale ed un altro con il fratello di questo; altri due controlli, in epoca successiva, con altri due soggetti di calibro criminale analogo.

La consistenza numerica delle volte in cui i due soggetti titolari di potestà decisionali nell’ambito dell’impresa sono stati notati in compagnia di persone collegate o contigue ad organizzazioni criminali, già fornisce un elemento difficilmente superabile in merito alla occasionalità degli incontri.

Ma il dato particolarmente dirimente è rappresentato dal fatto, che tutti i soggetti con cui è stato controllato B. I. (cioè il titolare dell’impresa, ovverosia colui che è dotato della potestà decisionale massima, influenzando e determinando le scelte d’impresa, a nulla rilevando la preposizione institoria del figlio che non esclude affatto tali poteri) sono tutti (senza esclusione alcuna) gravitanti nell’ambito della c.d. cosca Belcastro.

Ritenere questo un dato occasionale e non determinante, significherebbe svalutare un elemento, invece, dotato di straordinaria pregnanza, in quanto indicativo della contiguità ad un ben determinato ambiente criminale (non a caso il B. I. non è stato controllato in compagnia di esponenti di alcun altro clan mafioso).

Dunque, la natura degli incontri perde i connotati di equivocità e occasionalità in favore, invece, di un forte elemento indiziario di segno contrario, in ragione della "omogeneità" dell’appartenenza dei soggetti gravati.

Si può ora passare all’esame delle doglianze mosse contro gli atti del Comune che hanno condotto alla risoluzione del contratto ed in particolare avverso:

la deliberazione commissariale nr. 76/2008 (che, quale atto di indirizzo, ha invitato il Responsabile dell’area Tecnico- Manutentiva a risolvere il contratto di appalto);

la comunicazione del RUP di avvio del procedimento di risoluzione, notificata il 31.7.2008;

l’ordine di sospensione dei lavori.

In primo luogo, priva di fondamento è l’eccezione del Comune di difetto di giurisdizione, motivata con l’asserita natura privatistica e negoziale degli atti impugnati.

Essi, pur riguardando formalmente l’esercizio del potere di recesso dal contratto, sono espressione di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, il cui esercizio è consentito anche nella fase di esecuzione del contratto dal D.P.R. n. 252 del 1998, art. 11, comma 2, e che attiene alla scelta del contraente stesso. Tale potere è estraneo alla sfera del diritto privato, a differenza del recesso previsto dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 345, all. F, (in relazione al quale spetta al Giudice ordinario verificarne la sussistenza dei presupposti: Cass. n. 10160/2003).

Il recesso di cui si tratta, in altri termini, non trova fondamento in inadempienze verificatesi nella fase di esecuzione del contratto, ma è consequenziale all’informativa del Prefetto ai sensi del D.P.R. n. 252 del 1998, art. 10 e, quindi, è espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica diretto a soddisfare l’esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali fra i soggetti indicati nel cit. D.P.R. art. 1, e imprese nei cui confronti emergono sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata. Ne consegue la giurisdizione del giudice amministrativo (così testualmente Cassazione civile, sez. un., 29 agosto 2008, n. 21928).

Fondata, invece è l’eccezione di improcedibilità (rectius: inammissibilità) per mancata impugnativa dell’atto conclusivo del procedimento di recesso, rappresentato dalla determinazione n.194/2008 del Responsabile dell’area tecnicomanutentiva, di risoluzione del contratto, adottata il 14.8.2008.

Infatti, deve rilevarsi che nessuno degli atti comunali impugnati risulta immediatamente lesivo, non determinando alcun vulnus nella sfera giuridica dei ricorrenti.

Né nei confronti dell’atto in questione si verificherebbe alcun effetto caducante automatico a seguito dell’eventuale accoglimento delle censure avverso la delibera di indirizzo n.76/2008, stante, appunto la sua insuperata natura di atto programmatico come è dimostrato dalla circostanza che essa non contiene l’atto di risoluzione del rapporto contrattuale.

In ogni caso nel merito il ricorso è infondato, dovendosi a tal fine richiamare le motivazioni già espresse con la sentenza emessa sul ricorso N.G. 1164/2008, in pari data, rispetto al quale quello deciso in questa sede presenta la particolarità che l’esecuzione dei lavori era stata intrapresa solo circa tre mesi prima dell’atto di recesso, sicchè, considerato l’intuibile esiguo stato di avanzamento dei lavori, la determinazione di procedere a risoluzione non richiedeva alcuna motivazione in ordine all’opportunità di mantenere il rapporto negoziale in ragione della quasi ultimata esecuzione dei lavori.

La legittimità degli atti comunali esclude che possa accogliersi la domanda risarcitoria per gli asseriti danni patiti per la sospensione e la successiva risoluzione illegittimamente disposta.

Le spese seguono possono essere integralmente compensate in ragione della parziale soccombenza nei confronti dell’UTG- Prefettura di Reggio Calabria (risultando i ricorrenti virtualmente vittoriosi avverso il diniego di accesso, ma soccombenti rispetto all’impugnazione dell’informativa), seguono, invece, la soccombenza per l’impugnativa proposta nei confronti del Comune resistente e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando dichiara in parte cessata la materia del contendere, in parte il ricorso inammissibile ed in parte infondato, per come precisato in parte motiva.

Rigetta, altresì, la domanda risarcitoria.

Compensa integralmente le spese nei confronti dell’UTG – Prefettura di Reggio Calabria.

Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali nei confronti del Comune di Platì che liquida in omnicomprensivi Euro 3000,00 per diritti, onorari e spese, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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