Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 03-02-2011, n. 3883 Esercizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Roma, con sentenza del 21/1/2010, dichiarava B. A. responsabile del reato di cui al D.P.R. n. 303 del 1956, art. 8 perchè attivava un pubblico esercizio di ristorazione in un locale interrato, ubicato in (OMISSIS), in difetto di richiesta della prescritta autorizzazione sanitaria, e lo ha condannato alla pena di Euro 800,00 di ammenda, con concessione della sospensione condizionale.

Propone ricorso per cassazione la difesa del prevenuto, con i seguenti motivi:

-immotivata revoca della ordinanza del 28/9/09, con cui era stata disposta la assunzione del teste N.E., rappresentante legale della Creit s.r.l. originario gestore della attività di ristorazione, esercitata nell’immobile di (OMISSIS);

-la revoca della predetta ordinanza, dispositiva, ex art. 507 c.p.p. di sentire un teste, ritenuto determinante al fine del decidere, fa riemergere la lacunosità delle risultanze della istruttoria dibattimentale.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato inammissibile.

Il discorso giustificativo, adottato dal giudice di merito, per pervenire alla affermazione di colpevolezza dell’imputato si palesa del tutto logico e corretto.

Rilevasi che il Tribunale, dopo avere sottoposto ad esame valutativo le emergenze istruttorie, che hanno permesso di accertare che il prevenuto, per oltre un anno, ha gestito una attività in locali interrati senza avere richiesto ed ottenuto la necessaria autorizzazione in deroga, ha, a giusta ragione, dichiarato lo stesso responsabile del reato in contestazione.

Le censure mosse in impugnazione si rivelano assolutamente prive di pregio, perchè, qualora il giudice ritenga non più necessario acquisire la prova ammessa e non ancora espletata e le parti, invitate a rassegnare le conclusioni, nulla eccepiscano in ordine alla completezza della istruttoria, le stesse non possono, successivamente, nulla obiettare in merito alla predetta revoca (Cass. 19/9/08, n. 35986): nella specie la difesa del B., alla udienza del 23/11/09, non mosse alcuna eccezione in ordine alla revoca della ordinanza di ammissione del teste N.E., di tal che è inibito alla stessa difesa di sollevare la contestazione de qua.

Quanto, peraltro, alla "decisività" di tale prova, dal vaglio di legittimità a cui stata sottoposta la sentenza impugnata, emerge, in maniera inequivoca, che il giudice di merito ha ritenuto pienamente esaustivo il quadro istruttorio e tale da permettergli di attingere la verità processuale.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il B. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 c.p.p., va, altresì, condannato a versare una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *