Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-03-2011, n. 5422 Confini

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

V.G., nel giugno 1999, intraprese un’azione di regolamento di confini, chiedendo al confinante M.S. il rilascio di parte di un fondo, offrendo allo stesso tempo di retrocedere la porzione che erroneamente deteneva; il convenuto, costituendosi, negò che potesse affermarsi la sussistenza dei presupposti dell’azione esercitata e in particolar modo della situazione di incertezza obiettiva, dal momento che la linea confinaria sarebbe stata coincidente con l’andamento di una rete metallica apposta a seguito di un frazionamento operato da esso teste, nel 1972.

Contro la sentenza che aveva accolto la domanda il M. propose appello, che fu respinto dalla Corte distrettuale che osservò: 1 – che non sarebbe stata fondata la contestazione relativa all’incertezza nella determinazione dei confini in quanto la testimonianza del geom. C., officiato del frazionamento dell’intero fondo dagli originari proprietari – teste che aveva affermato che la rete metallica (sostituita, poco prima dell’instaurazione del giudizio, da blocchi di cemento) era stata posta in esatta corrispondenza del confine di frazionamento – non era utilizzabile a sostegno della tesi dell’appellante in quanto, la coincidenza tra manufatto confinario e limite catastale, sarebbe stata smentita per tabulas dai rilievi del CTU che appunto al frazionamento del 1972 del C. si erano riferiti -: Dunque legittimamente, secondo la Corte distrettuale, il Tribunale aveva fatto riferimento al criterio residuale desumibile dall’esame delle mappe catastali; 2 – che del pari infondata era la doglianza relativa al mancato accoglimento della eccezione di usucapione, atteso che, se doveva dirsi non accertata l’apposizione della rete secondo il confine catastale, allora non erano attendibili neppure le testimonianze che, prendendo spunto da tale coincidenza, avevano attestato la diuturnità del possesso utile ad usucapire sulla striscia di terreno in contestazione; 3 – che non vi sarebbero state altre prove da cui risalire per determinare l’epoca dell’apposizione della rete (la V. acquistò nel 1997); in ogni caso poi il M. sarebbe stato immesso nel possesso del fondo solo dal 1984, poi acquistandolo nel 1998; 4 che poi, sarebbe stata infondata la doglianza in merito alla negata compensazione sulle spese.

Contro tale sentenza il M. ha proposto ricorso in cassazione sulla base di quattro motivi, cui ha resistito con controricorso la V.; entrambe le parti hanno presentato memorie.
Motivi della decisione

1 – Con il primo motivo il M. deduce: – "violazione e falsa applicazione dell’art. 950 c.c., comma 1; omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione degli artt. 948 e 2697 cod. civ.; violazione dell’art. 113 c.p.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5", assumendo che l’azione promossa dalla V. doveva qualificarsi come rivendica – investendo una contestazione su titoli, con la conseguenza del mancato assolvimento dell’onere probatorio: tale motivo è inammissibile in quanto la questione della diversa qualificazione dell’azione, con effetti sul regime probatorio è stata proposta – per quanto emerge dalla lettura degli atti consentita dalla produzione in questa fase di giudizio- solo con il ricorso in sede, di legittimità; non è comunque condivisibile il presupposto da cui parte il ricorrente, secondo il quale l’affermazione della difformità dello stato di possesso rispetto a quello che sarebbe legittimo aspettarsi dalla lettura dei titoli di provenienza, rispecchiati dai dati catastali, involgerebbe pur sempre e necessariamente la contestazione dei titoli medesimi:

ciò in quanto la V. ha appunto negato la rispondenza della situazione di fatto al dato catastale e non ha minimamente affrontato il rapporto tra quest’ultimo ed il titolo di provenienza avversario:

costituisce prova dell’assunto anche il fatto che il ricorrente ha sempre sostenuto che il confine attuale corrispondeva a quello oggetto di frazionamento e non già che il frazionamento collidesse con il titolo della contro ricorrente.

2 – Con il secondo motivo la parte ricorrente assume l’"omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; violazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, nonchè dell’art. 950 c.c., commi 2 e 3; violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 2721 c.p.c., comma 1 e art. 950 c.p.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3", affermando che non correttamente la Corte distrettuale avrebbe posto a fondamento della decisione di dar rilievo alle risultanze catastali la ritenuta contraddittorietà della deposizione del geom. G. – confermata pedissequamente dalla teste Me., non accorgendosi della fallacia del dato di partenza: il ricorrente infatti sottolinea che le risultanze dei rilievi del CTU posti come raffronto della verifica della situazione di fatto, non si riferivano affatto al frazionamento del 1972 del G. bensì a quello del 1978, eseguito dal geom S..

2/a – Il motivo è inammissibile perchè nuovo – come riconosciuto dal ricorrente a fol. 15 dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità: ne consegue che non vi è stata alcuna violazione della gerarchia delle prove in merito all’accertamento dello stato di fatto ex art. 950 cod. civ., comma 3:

2/b – Ancor meno fondato si appalesa il motivo in esame allorchè il ricorrente si duole della difettosa motivazione della Corte distrettuale che avrebbe ritenuto inattendibile la testimonianza di Me.Gr. sol perchè confermativa di quanto affermato dal geom. G.: deve in questa sede ribadirsi il vizio del presupposto di riferimento che, come dato di fatto erroneamente tenuto presente, rendeva non riscontrata l’affermazione anche di tale teste.

2/c – Del tutto nuova è poi altresì la tesi, ed inammissibile del relativo motivo, secondo la quale vi sarebbe stato un errore nella trasposizione grafica al catasto del frazionamento: sol per completezza va evidenziato che, come emerge dalla narrativa del ricorso, la difformità delle risultanze mappali non seguiva parallela la linea confinaria ma era da essa divergente su un lato e su quello opposto – che l’originaria attrice si era offerta di retrocedere al fine di ricollocare in termini i dati confinati – rendendo difficilmente condivisibile la tesi dell’errore di ritrascrizione.

3 – Con il terzo motivo il ricorrente si duole di "violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1142 c.c., art. 1140 c.c., comma 2, art. 1143 c.c., nonchè art. 113 c.p.c., comma 1 e art. 115 c.p.c., comma 1 e art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3;

omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia prospettati dalla parte, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, sostenendo, attraverso l’esame degli atti di provenienza degli immobili, che la Corte erroneamente non avesse ritenuto sussistenti i presupposti per affermare maturato il termine ventennale per l’usucapione della piccola estensione del terreno, unendo il possesso delle proprie danti causa a quello proprio – iniziato come detenzione del 1984. 3/a – Il motivo è inammissibile perchè imporrebbe a questa Corte una non consentita delibazione degli elementi di fatto in contrasto con quella compiuta dal giudice di merito che, essendo compiutamente motivata, sfugge ad un nuovo scrutinio; sotto diversa prospettiva la censura è infondata in quanto è da escludersi che la mancata contestazione, da parte della contro ricorrente, dell’esistenza di un possesso utile ad usucapire potesse far ritenere incontestabile la circostanza, essendo al contrario vero che sarebbe stato il deducente a dover dimostrare l’esistenza dei predetti presupposti, anche in ossequio al principio di vicinanza della prova al farro da dimostrare che sfuggiva invece alla percezione – in ipotesi, a fini oppositivi – della V.: sul punto non vi è stata veruna conferma istruttoria – non potendosi attribuire valore alle già richiamate testimonianze.

4 – Con il quarto motivo il ricorrente censura la "violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.: art. 360 c.p.c., n. 3": il rigetto del precedenti motivi impedisce di ritener soccombente la V. e quindi di valutare come erronea la statuizione di condanna del M. al pagamento delle spese.

5 – Il M., in ragione della sua soccombenza, va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la quantificazione indicata in dispositivo.
P.Q.M.

LA CORTE Respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *