Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 15-12-2010) 03-02-2011, n. 3879 Motivi di ricorso Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Venezia, con sentenza del 15/5/09, dichiarava G.S. colpevole del reato di cui all’art. 674 c.p. e lo condannava alla pena di Euro 206,00 di ammenda; pena condonata.

Ha condannato, altresì, il prevenuto a risarcire il danno cagionato alla p.c. liquidato in Euro 1.500,00.

La difesa del prevenuto ha proposto appello, che ex art. 568 c.p.p., comma 5, è stato rimesso all’esame di questa Corte.

Con la impugnazione il difensore del G. eccepisce la illegittimità della costituzione di parte civile, che doveva essere estromessa dal processo a seguito della remissione della querela per il reato di lesioni; censura la sentenza in punto di evidente errorea valutazione delle emergenze istruttorie e per la lacuna determinata dalla mancata assunzione di un teste essenziale a rappresentare la non credibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa e dei testi a carico.

La difesa di parte civile ha inoltrato in atti memoria nella quale contesta quanto dedotto nell’interesse dell’imputato e chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, vista la manifesta infondatezza dei motivi in esso libellati.

La sentenza si palesa argomentata con logica ed esaustività.

In ordine alla eccezione relativa alla estromissione della parte civile dal processo, dovuta alla remissione di querela, si rileva che la detta remissione aveva ad oggetto il reato di lesioni, ma non quello di cui all’art. 674 c.p., per cui la T.P. restava legittimamente partecipe nel processo, quale parte civile.

In sentenza, infatti, si legge " costituitasi la parte offesa, ritualmente e tempestivamente parte civile, effettuato lo stralcio degli atti relativi al delitto di lesioni colpose a seguito di intervenuta rimessione di querela, debitamente accettata dall’imputato", di tal che emerge con netta evidenza la ritualità della costituzione della T., nonchè la non rinuncia della stessa a perseguire l’imputato per il reato residuo (674 c.p.) e a vederlo condannare al risarcimento del danno invocato.

Del pari priva di fondamento è da ritenere la eccezione di nullità della sentenza per omessa escussione dell’imputato, visto che lo stesso, sempre presente nel corso del processo, ha rilasciato, peraltro, spontanee dichiarazioni.

Tutte le ulteriori censure, formulate con la impugnazione, tendono a riesaminare e rivalutare le emergenze istruttorie, che non possono essere oggetto di nuova analisi estimativa in sede di legittimità.

Sul punto si richiama il principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione essere limitato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare la esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare la adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il proprio convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.

Esula, infatti, dai poteri del giudice di legittimità quello di una rilettura degli elementi di fatto, posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (ex plurimis Cass. S.U. 2/7/97, n. 6402); ciò perchè il compito di questa Corte non è quello di sovrapporre una propria valutazione delle risultanze processuali a quella già compiuta dai giudici di merito, bensì di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno a seguito di una valutazione della prova, eseguita con corretto metodo analitico, visto che il giudice di merito ha preso in considerazione ogni singolo fatto ed il loro insieme, non in modo parcellizzato ed avulso dal generale contesto probatorio, verificando che essi, ricostruiti in sè e posti vicendevolmente in rapporto, potevano essere ordinati in una costruzione logica, armonica e consonante tale da consentirgli, attraverso la valutazione unitaria del contesto di attingere la verità processuale e così potere affermare la colpevolezza del G..

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il prevenuto abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a monna dell’art. 616 c.p.p., deve, altresì, essere condannato a versare una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 1.000.00.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma di Euro 1.000,00; nonchè alla rifusione delle spese del grado, in favore della parte civile, liquidate in Euro 1.500,00, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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