Cass. civ. Sez. II, Sent., 08-03-2011, n. 5415

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15 dicembre 2000 il Tribunale di Roma, in parziale accoglimento della domanda di ripetizione di indebito proposta dalla s.p.a. Iritecna nei confronti della s.p.a. I.M. Intermetro, ha condannato la convenuta a pagare all’attrice la somma di L. 368.426.476, oltre agli interessi con decorrenza dal 9 marzo 1998.

Impugnata dall’una parte e dall’altra, la decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Roma, che con sentenza del 26 febbraio 2006 ha rigettato entrambi i gravami.

La s.p.a. Fintecna, quale incorporante della s.p.a. Iritecna, ha proposto ricorso per cassazione, in base a tre motivi. La s.p.a. I.M. Intermetro si è costituita con controricorso, formulando a sua volta tre motivi di impugnazione in via incidentale, cui l’altra parte ha opposto un proprio controricorso. La s.p.a. Fintecna ha anche depositato una memoria.
Motivi della decisione

In quanto proposte contro la stessa sentenza, le due impugnazioni vengono riunite in un solo processo, in applicazione dell’art. 335 c.p.c..

La controversia è insorta tra le parti con riferimento a una vicenda che in sede di merito è stata ricostruita in questi essenziali termini: nel novembre 1988 S.L., dipendente della s.p.a. Italgenco (poi s.p.a. Iritecna e ora s.p.a. Fintecna), fu nominato amministratore delegato della s.p.a. I.M. Intermetro, collegata all’altra società in quanto appartenenti entrambe allo stesso gruppo; per fatti commessi nello svolgimento della nuova attività, lo stesso S.L. fu sottoposto a vari procedimenti penali; le relative spese furono corrisposte ai difensori dell’imputato dalla s.p.a. I.M. Intermetro quanto a L. 368.426.476 e dalla s.p.a. Italgenco quanto a L. 451.439.000; la prima di tali somme fu successivamente rimborsata da quest’ultima società all’altra.

Oggetto della causa è la restituzione, richiesta dalla s.p.a.

Iritecna (già s.p.a. Italgenco) alla s.p.a. I.M. Intermetro, dei due suddetti importi, nel presupposto del carattere indebito del loro pagamento.

La domanda è stata accolta dal Tribunale con riguardo alla prima somma e respinta relativamente alla seconda, essendosi ritenuto: che i reati contestati a S.L. attenevano alla sua funzione di amministratore delegato della s.p.a. I.M. Intermetro e non a quella di dipendente dell’una o dell’altra società, sicchè non vi era luogo all’applicazione dell’art. 15 dei contratto collettivo nazionale per i dirigenti d’azienda, che accolla al datore di lavoro le spese per la loro difesa nei procedimenti penali riguardanti fatti connessi allo svolgimento delle mansioni lavorative; che per i compensi pagati dalla s.p.a. Italgenco direttamente ai difensori dell’imputato difettava la legittimazione passiva della convenuta. La Corte d’appello ha confermato la decisione, ribadendo, sviluppando e meglio esplicitando questi stessi argomenti.

La ratio decidendi della sentenza impugnata per cassazione risiede dunque nel ritenuto carattere oggettivamente indebito dei pagamenti sia della s.p.a. Intermetro sia della s.p.a. Italgenco ai difensori di S.L. e quindi del rimborso, da parte della seconda società alla prima, della somma di L. 368.426.476.

Questo essendo il motivo fondamentalmente posto a base della decisione, la Corte d’appello dichiaratamente solo ad abundantiam ("anche volendo ritenere che … IRITECNA abbia un concreto interesse a far riconoscere, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, l’effettiva esistenza, a carico dell’azienda alle cui dipendenze lavorava lo S. al momento dell’apertura di un procedimento penale a suo carico, di un obbligo di pagamento delle spese di difesa del predetto") ha altresì escluso che il rapporto di lavoro di cui si tratta fosse stato trasferito dall’una all’altra società e ha ritenuto che invece ne era rimasta parte la s.p.a. Italgenco, essendosi trattato di un semplice "distacco".

Su quest’ultima marginale e ultronea affermazione si sono appuntate principalmente le critiche rivolte alla sentenza impugnata dalla ricorrente principale, secondo la quale S.L., seppure nominato amministratore delegato della s.p.a. I.M. Intermetro, di fatto ne era divenuto dipendente, data la limitatezza dei poteri inerenti alla carica e la subordinazione del loro esercizio alle direttive del comitato esecutivo del consiglio di amministrazione, sicchè tutte le somme in questione (compresa quella di L. 451.439.000 corrisposta direttamente ai difensori dell’imputato, come anche altre versate nel corso del giudizio per l’ulteriore ammontare di L. 211.524.394), avrebbero dovuto essere restituite alla s.p.a.

Italgenco, avendo l’altra società assunto l’obbligo di rimborsare il "costo globale" dei "corrispettivi contrattuali" spettanti a S.L., tra i quali si assume essere comprese le spese relative ai procedimenti penali promossi nei suoi confronti.

Queste argomentazioni non investono l’effettiva ratio decidendi che è stata posta a base, come si è prima osservato, della sentenza impugnata. Contrariamente a quanto deduce la ricorrente principale, il giudice a quo non ha affatto negato – ma anzi ha espressamente riconosciuto – la compatibilità e la possibilità di contemporanea sussistenza nella stessa persona delle qualità di amministratore di una società e di suo dipendente; ha tuttavia ritenuto che comunque i reati attribuiti a S.L. – indipendentemente dall’eventualità dell’essersi verificata una tale ipotesi nella specie – inerissero esclusivamente all’esercizio del primo di tali compiti, con conseguente inapplicabilità in radice del menzionato art. 15 del contratto collettivo per i dirigenti d’azienda. Le contestazioni che specificamente in proposito sono state sollevate dalla s.p.a. Fintecna non possono avere ingresso in questa sede a causa del difetto di "autosufficienza" di cui sul punto pecca l’atto di impugnazione: per un verso attengono a temi (il carattere sostanzialmente apparente della qualità di amministratore delegato di S.L. e la configurabilità dei suoi compiti come quelli di un dipendente della s.p.a. I.M. Intermetro, anche se nella posizione apicale di un direttore generale) che non sono stati presi in esame nella sentenza impugnata e che la ricorrente non deduce, come era suo onere, di aver prospettato – e in quali atti e termini – nel giudizio a quo; per altro verso fanno riferimento a documenti (quelli di contestazione delle imputazioni a S.L.) il cui contenuto non è neppure sommariamente indicato nel ricorso, sicchè questa Corte non è stata posta in grado di vagliare la fondatezza della censura in considerazione.

Con il ricorso incidentale la s.p.a. I.M. Intermetro afferma di non aver affatto ricevuto il rimborso della somma di L. 368.426.476, che è stata condannata a restituire alla s.p.a. Iritecna (già s.p.a.

Italgenco): rimborso del quale la società attrice, diversamente da quanto ha ritenuto la Corte d’appello, non aveva dato prova alcuna, non potendo considerarsi idonee le fatture prodotte dall’attrice.

L’assunto va disatteso, poichè non è pertinente a ciò che in realtà si è ritenuto, sul punto, con la sentenza impugnata: la fatturazione a carico della s.p.a. Iritecna delle somme pagate dalla s.p.a. I.M. Intermetro ai difensori di S.L. è stata considerata dalla Corte d’appello soltanto alla stregua di un elemento che avvalorava ciò che già si ricavava dalla totale assenza di contestazioni in tutto il corso del giudizio di primo grado, da parte della convenuta, in ordine all’effettività del rimborso in questione, che l’attrice aveva affermato di aver effettuato "per riguardo all’avv. S.", pur negando di esservi tenuta: le difese della s.p.a. I.M. Intermetro si erano svolte nella diversa prospettiva del proprio diritto a ricevere quel rimborso, nel presupposto che fosse avvenuto. A questo argomento la ricorrente oppone esclusivamente un’assiomatica negazione, senza indicare alcun proprio atto difensivo con cui quel presupposto fosse stato invece in qualche modo contestato.

Sostiene ancora La ricorrente incidentale che erroneamente la Corte d’appello non ha riconosciuto il difetto di consequenzialità esistente tra il ritenuto carattere oggettivamente indebito del versamento dei compensi ai difensori di S.L. e la condanna della s.p.a. I.M. Intermetro a restituire la relativa somma alla s.p.a. Iritecna, che gliela aveva rimborsata.

Neppure questa doglianza – non altrimenti esplicitata, se non in termini puramente assertivi – può essere accolta. Non è contraddittorio, ma è invece logicamente coerente, l’aver escluso che fossero dovuti sia il pagamento effettuato dalla s.p.a. I.M. Intermetro sia il rimborso compiuto dalla s.p.a. Italgenco:

l’insussistenza dell’un debito comporta di necessità l’insussistenza anche dell’altro.

Entrambi i ricorsi debbono essere pertanto essere rigettati.

Le spese del giudizio di cassazione vengono compensate tra le parti, stante la reciproca loro soccombenza.
P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *