Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 22-10-2010) 03-02-2011, n. 3886 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Roma – con ordinanza del 27.1.2010 (depositata l’1.2.2010) – rigettava l’appello proposto nell’interesse di L. M.L. avverso il provvedimento 6.11.2009 con cui il G.I.P. del Tribunale di Tivoli aveva respinto l’istanza di dissequestro di un immobile facente parte del c.d. "borghetto n. 7" sito in agro del (OMISSIS), assoggettato a sequestro preventivo in relazione agli ipotizzati reati di cui:

a) al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30 e art. 44, lett. c), per la lottizzazione abusiva di un’area ubicata in (OMISSIS).

Ciò in quanto – su area ricadente nella zona E) agricola regolata dall’art. 34 delle NTA della variante di aggiornamento del PRG per la salvaguardia del territorio, approvata dalla Regione Lazio con DGR n. 5842 del 14/12/1999, nella quale è consentita la sola edificazione correlata all’attività agricola dei suoli ed allo sviluppo delle imprese agricole e dove è altresì prevista, a specifiche e tassative condizioni, la possibilità di accorpamento della cubatura in "borghetti agricoli o ""atelier d’artista" – veniva effettuata la realizzazione di costruzioni che, sebbene qualificate nei titoli abilitativi come borgo agricolo previsto dal PRG, mancavano di ogni presupposto diretto, connesso e dipendente dal processo di coltivazione agricola dei terreni, configurandosi, al contrario, come un complesso residenziale completamente avulso da tale processo, sicchè veniva in tal modo conferito al territorio un assetto urbanistico differente da quello pianificato, in violazione agli strumenti pianificatori, determinandosi una definitiva trasformazione dell’area da agricola a residenziale;

b) al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) perchè gli interventi dianzi descritti venivano eseguiti in assenza del possesso del prescritto permesso di costruire o di altro valido titolo abitativo, stante l’illegittimità di quello rilasciato.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso il difensore della L. (usufruttuaria di una unità immobiliare facente parte del "borghetto agricolo n. 7" acquistata dalle sue figlie P. E. e P.F.) ed ha prospettato che la ricorrente, in favore della quale era stato costituito usufrutto contestualmente all’acquisto della proprietà dell’immobile, sarebbe "estranea al reato di lottizzazione" ed avrebbe agito "in assoluta buonafede", avendo fatto razionale affidamento nella concessione edilizia rilasciata e nella professionalità del notaio che ha stipulato l’atto di vendita.

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

1. Gli aspetti essenziali della vicenda.

1.1 La vicenda che ci occupa si inquadra nella complessiva realizzazione, in territorio agricolo del (OMISSIS), di 16 "borghi rurali" composti da circa 100 villini, alcuni dei quali "a schiera".

In detto territorio sono state rilasciate concessioni edilizie per edifici riuniti in borghetti agricoli ed atelier per artisti, che dovevano essere connessi allo sviluppo agricolo dell’agro romano;

risultano realizzati, invece, fabbricati residenziali in nessun modo ricollegatoli all’attività agricola ed allo sviluppo agricolo anzidetto, poi venduti a soggetti non addetti all’agricoltura.

Anche nel c.d. "borghetto n. 7" tutti gli edifici sono stati concepiti per essere adibiti a villini residenziali; essi sono stati localizzati in ambito ben delineato con accesso in comune e strade interne che disimpegnano in modo autonomo le singole unità immobiliari; nella tipologia edilizia non vi è alcuno spazio destinato ad attività agricola, che possa far presupporre un qualsiasi rapporto di chi vi abita con detta attività legittimante l’edificazione medesima. Sebbene sia stato stipulato atto d’obbligo di vincolo dell’intero fondo a servizio delle costruzioni progettate, le vendite effettuate riguardano i singoli villini ed una limitata area rispettivamente circostante, con scorporo di fatto di tali ridotte estensioni territoriali compravendute da quelle necessarie per legittimare l’edificazione della residenza agricola, senza il rispetto del lotto minimo e del rapporto piano – volumetrico connesso all’indice fondiario.

1.2 Alla stregua degli elementi di fatti dianzi compendiati, non soltanto il G.I.P. ma già pure il Tribunale del riesame hanno ritenuto che le costruzioni poste in essere, sebbene autorizzate come borgo agricolo previsto dal P.R.G. – mancando ogni presupposto diretto, connesso e dipendente dal processo di coltivazione agricola dei terreni e viceversa integrando un complesso residenziale completamente avulso da tale processo – hanno conferito un assetto urbanistico differente alla porzione di territorio preso in esame, in violazione agli strumenti pianificatori, concretizzando sostanzialmente un cambio della destinazione di zona, definitivamente trasformata da agricola in residenziale.

Per quanto riguarda poi, specificamente, l’acquisto con costituzione di usufrutto effettuato dalle sorelle P., già in sede di riesame era stato osservato che:

– era nota e chiara alle parti stipulanti la destinazione agricola dell’area interessata dall’intervento edificatorio;

– venditore ed acquirenti avevano la possibilità di verificare tale destinazione attraverso il semplice esame del certificato di destinazione urbanistica ed è impensabile che, anche chi sia completamente ignorante in materia, possa ritenersi in buona fede allorquando vada ad acquistare una villa o un appartamento in un’area classificata come destinata ad usi prevalentemente agricoli. La stessa individuazione degli insediamenti come "borghetti agricoli" e "atelier d’artista", peraltro, avrebbe dovuto indurre sospetti nelle acquirenti.

1.4 Nel presente procedimento la ricorrente non contesta la configurabilità del "fumus" del reato di lottizzazione abusiva.

2.1 possibili soggetti attivi nel reato di lottizzazione abusiva.

Il reato di lottizzazione abusiva – secondo concorde interpretazione giurisprudenziale – nella molteplicità di forme che esso può assumere in concreto, può essere posto in essere da una pluralità di soggetti, i quali, in base ai principi che regolano il concorso di persone nel reato, possono partecipare alla commissione del fatto con condotte anche eterogenee e diverse da quella strettamente costruttiva, purchè ciascuno di essi apporti un contributo causale alla verificazione dell’illecito (sia pure svolgendo ruoli diversi ovvero intervenendo in fasi circoscritte della condotta illecita complessiva) e senza che vi sia alcuna necessità di un accordo preventivo.

La lottizzazione abusiva negoziale – in particolare – ha carattere generalmente plurisoggettivo, poichè in essa normalmente confluiscono condotte convergenti verso un’operazione unitaria caratterizzata dal nesso causale che lega i comportamenti dei vari partecipi diretti a condizionare la riserva pubblica di programmazione territoriale.

La condotta dell’acquirente, in particolare, non configura un evento imprevisto ed imprevedibile per il venditore, perchè anzi inserisce un determinante contributo causale alla concreta attuazione del disegno criminoso di quello vedi Cass., Sez. Unite, 27.3.1992, n. 4708, ric. Fogliarli e, per la cooperazione dell’acquirente nel reato, non sono necessari un previo concerto o un’azione concordata con il venditore, essendo sufficiente, al contrario, una semplice adesione al disegno criminoso da quegli concepito, posta in essere anche attraverso la violazione (deliberatamente o per trascuratezza) di specifici doveri di informazione e conoscenza che costituiscono diretta esplicazione dei doveri di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost. vedi, sul punto, le argomentazioni svolte dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 364/1988, ove viene evidenziato che la Costituzione richiede dai singoli soggetti la massima costante tensione ai fini del rispetto degli interessi dell’altrui persona umana ed è per la violazione di questo impegno di solidarietà sociale che la stessa Costituzione chiama a rispondere penalmente anche chi lede tali interessi non conoscendone positivamente la tutela giuridica.

L’acquirente, dunque, non può sicuramente considerarsi, solo per tale sua qualità, "terzo estraneo" al reato di lottizzazione abusiva, ben potendo egli tuttavia, benchè compartecipe al medesimo decadimento materiale, dimostrare di avere agito in buona fede, senza rendersi conto cioè – pur avendo adoperato la necessaria diligenza nell’adempimento degli anzidetto doveri di informazione e conoscenza – di partecipare ad un’operazione di illecita lottizzazione.

Quando, invece, l’acquirente sia consapevole dell’abusività dell’intervento – o avrebbe potuto esserlo spiegando la normale diligenza – la sua condotta si lega con intimo nesso causale a quella del venditore ed in tal modo le rispettive azioni, apparentemente distinte, si collegano tra loro e determinano la formazione di una fattispecie unitaria ed indivisibile, diretta in modo convergente al conseguimento del risultato lottizzatorio.

Le posizioni, dunque, sono separabili se risulti provata la malafede dei venditori, che, traendo in inganno gli acquirenti, li convincono della legittimità delle operazioni vedi Cass., Sez. 3^ 22.5.1990, Oranges e 26.1.1998, Cusimano.

Neppure l’acquisto del sub – acquirente o la acquisizione di diritti di godimento di natura reale possono essere considerati legittimi con valutazione aprioristica limitata alla sussistenza delle sole anzidette qualità degli aventi causa, allorchè si consideri che l’utilizzazione delle modalità dell’acquisto successivo ovvero della costituzione di diritti reali limitati ben potrebbe costituire un sistema elusivo, surrettiziamente finalizzato a vanificare le disposizioni legislative in materia di lottizzazione negoziale vedi Cass., Sez. 3^, 8.11.2000, Petracchi.

3. L’elemento soggettivo della contravvenzione di lottizzazione abusiva.

3.1 Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema – con la sentenza del 3.2.1990, ric. Cancilleri – avevano affermato che il reato di lottizzazione abusiva si configura come una contravvenzione di natura esclusivamente dolosa, "per la cui sussistenza è necessario che l’evento sia previsto e voluto dal reo, quale conseguenza della propria condotta cosciente e volontaria diretta a limitare e condizionare, con ostacoli di fatto o di diritto, la riserva pubblica di programmazione territoriale".

Tale interpretazione, però, è ormai definitivamente superata da plurime successive sentenze di questa Sezione 3^ con argomentazioni alle quali (per economia di esposizione) si rinvia e che il Collegio pienamente condivide.

In dette decisioni è stato in conclusione rilevato che, dopo che le Sezioni Unite – con la sentenza 28.11.2001, Salvini – hanno riconosciuto (in perfetta aderenza, del resto, al testuale dettato normativo) che il reato di lottizzazione abusiva è a consumazione alternativa, potendo realizzarsi sia per il difetto di autorizzazione sia per il contrasto con le prescrizioni della legge o degli strumenti urbanistici, risulta ad evidenza contraddittorio escludere (alla stessa stregua di quanto pacificamente ritenuto per la contravvenzione di esecuzione di lavori in assenza o in totale difformità dalla concessione edilizia) che la contravvenzione medesima, sia negoziale sia materiale, possa essere commessa per colpa vedi Cass., Sez. 3^ 13.10.2004, n. 39916, Lamedica ed altri;

11.5.2005, Stiffi ed altri; 10.1.2008, Zortea; 5.3.2008, n. 9982, Quattrone; 26.6.2008, Belloi ed altri.

Deve ribadirsi, pertanto, che non è ravvisabile alcuna eccezione al principio generale stabilito per le contravvenzioni dall’art. 42 c.p., comma 4.

Il venditore, come si è detto, non può predisporre l’alienazione degli immobili in una situazione produttrice di alterazione o immutazione circa la programmata destinazione della zona in cui gli stessi sono situati ed i soggetti che acquistano devono essere cauti e diligenti nell’acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona: "il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell’acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all’attività illecita del venditore" così testualmente Cass., Sez.3^, 26.6.2008, Belloi ed altri.

Va ricordato inoltre, al riguardo, che, qualora si ritenesse che il piano regolatore generale abbia natura di strumento normativo ovvero di atto amministrativo generale sostanzialmente normativo, si determinerebbe una presunzione legale di conoscenza ed il dovere legale di conoscenza esclude, per definizione, la possibilità di invocare l’ignoranza incolpevole.

Nel caso in questione – comunque – il Tribunale non ha ravvisato (allo stato) la buona fede della L., in favore della quale le figlie acquirenti, contestualmente all’acquisto, hanno costituito il diritto di usufrutto.

3.2 In relazione alle misure di cautela reale deve ritenersi preclusa ogni valutazione sulla sussistenza degli indizi di colpevolezza e sulla gravità degli stessi vedi Cass., Sez. Unite, 25.3.1993, n. 4 e la eventuale carenza dell’elemento soggettivo del reato può essere valutata soltanto allorquando emerga ictu oculi in modo macroscopico ed evidente e si riverberi sulla componente materiale, incidendo sulla configurabilità stessa del reato.

Alla stregua di detto principio il Tribunale non era tenuto a verificare la sussistenza di una situazione di "buona fede" che non risultasse immediatamente evidente.

Nella specie comunque, come già si è evidenziato, la pretesa buona fede della ricorrente non è stata affermata e, dalle prospettazioni difensive, non è immediatamente deducibile una condizione di ignoranza incolpevole circa la corretta destinazione urbanistica dell’immobile di cui è stata costituita usufruttuaria.

3.3 I principi dianzi enunciati contrariamente a quanto viene prospettato nel ricorso in esame non contrastano, nella loro sostanza, con i postulati della sentenza n. 42741/08 di questa Sezione 3^ (ric. Silvioli ed altri, depositata il 17.11.2008), le cui statuizioni restitutorie si connettono ad una situazione di fatto in cui il tribunale del riesame aveva espressamente affermato (sia pure con valutazioni ovviamente limitate alla propria cognizione incidentale) che gli acquirenti degli immobili compendio della lottizzazione abusiva valutata in quella sede erano "soggetti in buonafede estranei alla commissione del reato" e che ciò spiegava il mancato esercizio dell’azione penale nei loro confronti.

Quella sentenza, dunque, si è conformata alle peculiarità del caso ma non ha inteso affatto affermare una assiomatica e generalizzata posizione di buona fede dei terzi acquirenti degli immobili in ogni vicenda di lottizzazione abusiva.

4. In questo procedimento la misura di cautela reale è stata adottata dal G.I.P. in relazione ad entrambe le ipotesi di cui all’art. 321 c.p.p., commi 1 e 2 e, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte Suprema, oggetto del sequestro preventivo di cui all’art. 321 c.p.p., comma 1 può essere qualsiasi bene – a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato – purchè esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti vedi Cass.: n. 37033/2006, n. 24685/2005, n. 38728/2004, n. 1246/2003, n. 29797/2001, n. 4496/1999, n. 1565/1997, n. 156/1993, n. 2296/1992.

Nella specie – tenuto conto dei criteri direttivi generali enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema con la sentenza 29.1.2003, n. 2, Innocenti – risulta ad evidenza la concretezza ed attualità della compromissione dei beni giuridici protetti, poichè il godimento e la disponibilità attuale dell’immobile implica una effettiva ulteriore lesione degli interessi tutelati in quanto:

appare evidente l’aggravamento del ed carico urbanistico (sotto i profili del necessario adeguamento dell’urbanizzazione primaria e secondaria), costituendo ogni singolo villino parte di un complesso edilizio residenziale realizzato ex novo, che va integrato con l’aggregato urbano preesistente;

– a fronte di un insediamento non più agricolo ma residenziale, si impone il rispetto dei diversi e maggiori standards correlati alle residenze dal D.M. n. 1444 del 1968, art. 3 e la esigenza di reperimento delle relative aree da parte dell’Amministrazione comunale;

– si pone, per il Comune, la necessità di provvedere ad una nuova complessiva organizzazione del proprio territorio (da attuarsi, in sede di ripianificazione, con il coordinamento delle varie destinazioni d’uso, in tutte le loro possibili relazioni, e con l’assegnazione ad ogni singola destinazione d’uso di determinate qualità e quantità di servizi).

La persistente disponibilità del bene comporta, dunque, perduranti effetti lesivi dell’equilibrio urbanistico ed ambientale e non costituisce "un elemento neutro sotto il profilo dell’offensività" nel senso illustrato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12878/2003. 5. L’ulteriore approfondimento e la compiuta verifica spettano ovviamente ai giudici del merito ma, allo stato, a fronte degli elementi acquisiti, della cui sufficienza in sede cautelare non può dubitarsi, le contrarie argomentazioni della ricorrente non valgono ad escludere la configurabilità del "fumus" delle contravvenzioni contestate.

Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE visti gli arri. 127 e 325 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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