T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-01-2011, n. 802 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in date 05/02/10 e 06/02/10 S.G., S.Q. e S.D. hanno impugnato la determinazione dirigenziale n. 3444 del 06/05/09 con cui il Comune di Roma, sulla base dell’accertamento tecnico prot. n. 47771 del 06/05/09 (anch’esso gravato), ha disposto la demolizione d’ufficio dell’opera ivi indicata e consistente nella recinzione di un lotto di terreno mediante paletti di castagno e rete metallica.

Il Comune di Roma, costituitosi in giudizio con memoria depositata il 04/03/10, ha chiesto il rigetto del ricorso.

Gli altri enti intimati non si sono costituiti in giudizio.

Con ordinanza n. 1252/10 del 18 marzo 2010 il Tribunale ha parzialmente accolto l’istanza cautelare formulata dai ricorrenti.

All’udienza pubblica del 21 dicembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato nei limiti di quanto in prosieguo specificato.

S.G., S.Q. e S.D. impugnano la determinazione dirigenziale n. 3444 del 06/05/09 con cui il Comune di Roma, sulla base dell’accertamento tecnico prot. n. 47771 del 06/05/09 (anch’esso gravato), ha disposto la demolizione d’ufficio dell’opera ivi indicata e consistente nella recinzione di un lotto di terreno mediante paletti di castagno e rete metallica.

Con la quinta censura, avente carattere preliminare, i ricorrenti lamentano l’insufficienza motivazionale dell’atto impugnato che si limiterebbe ad un generico richiamo degli artt. 24 e 26 l.r. n. 15/08 e all’affermazione della sussistenza dell’illecito edilizio senza specificare le ragioni che hanno indotto l’amministrazione ad irrogare la sanzione demolitoria.

Il motivo è fondato.

Dall’esame dell’atto impugnato si evince che la demolizione d’ufficio è stata disposta perché sono stati accertati "in corso di esecuzione lavori edilizi illeciti consistenti in recinzione di un lotto di terreno mediante paletti di castagno e rete metallica…in assenza del permesso di costruire su aree destinate ad opere e spazi pubblici" il tutto sulla base del richiamo, tra l’altro, degli artt. 24 e 26 l. r. n. 15/08.

L’opera in concreto realizzata dai ricorrenti, costituita da una recinzione metallica e paletti di legno, però, per costante giurisprudenza (TAR Campania – Napoli n. 22291/10; TAR Piemonte n. 950/10; TAR Veneto n. 1547/10), non necessita di permesso di costruire costituendo manifestazione dell’esercizio di proprietà che comprende lo ius excludendi alios e, comunque, la facoltà di delimitare la proprietà stessa.

Pertanto, il riferimento alla nozione di "lavori edilizi illeciti" e alla carenza di permesso di costruire, unitamente al generico richiamo al d.p.r. n. 380/01, appaiono non comprensibili e, comunque, eccessivamente generici sottintendendo una qualificazione dell’illiceità della fattispecie alla luce della normativa edilizia non pienamente congruente con lo stato dei luoghi e con il riferimento, pure presente nel provvedimento impugnato, alla "sede stradale" come luogo ove sarebbe stato realizzato l’abuso.

Né il richiamo agli artt. 24 e 26 d.p.r. n. 380/01 risulta, nella sua genericità, idoneo a fornire adeguata contezza delle ragioni poste a base della prescrizione demolitoria se si considera che il citato articolo 24 riguarda interventi "non ultimati" e "senza titolo", condizioni che non risultano univoche nella fattispecie (se non altro perché nell’accertamento del 06/05/09, richiamato nell’atto impugnato, si parla di opere compiutamente realizzate), laddove il successivo articolo 26 concerne interventi "su beni paesaggistici", circostanza che, in fatto, non risulta evidenziata nella fattispecie.

L’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione risultano, poi, confermate dal richiamo all’accertamento tecnico prot. n. 47771 del 06/05/09, presente nell’atto impugnato, da cui risulta una circostanza, ovvero che l’intervento sarebbe in contrasto con le N.T.A. del piano particolareggiato, che prevede come destinazione dell’area quella di "sede stradale", non del tutto congruente con l’asserita mancanza di titolo edilizio abilitativo posta dall’atto impugnato a fondamento della demolizione.

Tale carenza motivazionale è, poi, confermata dalla stessa memoria conclusionale depositata il 16/06/10 in cui il Comune di Roma evidenzia che il provvedimento di demolizione sarebbe stato emesso per l’illegittima occupazione di suolo pubblico ovvero per una ragione diversa da quella indicata nell’atto impugnato e, allo stato, non supportata da adeguato riscontro probatorio a fronte della rivendicazione – da parte dei ricorrenti – della proprietà dell’area.

La mancata dimostrazione della correttezza sostanziale dell’atto impugnato, poi, induce a ritenere fondato anche il quarto motivo, con cui è stata dedotta la violazione dell’art. 7 l. n. 241/90.

L’incontestata omissione della comunicazione di avvio del procedimento culminato con l’adozione dell’atto impugnato, infatti, assume, nella fattispecie, efficacia viziante non operando la preclusione all’annullamento giurisdizionale, prevista dall’art. 21 octies comma 2° l. n. 241/90, proprio in ragione della carenza di prova circa la correttezza sostanziale del provvedimento gravato.

La fondatezza delle censure in esame, aventi carattere preliminare, comporta l’accoglimento della domanda caducatoria (previa declaratoria di assorbimento degli ulteriori motivi) e l’annullamento della gravata determinazione dirigenziale di demolizione, unica tra i provvedimenti impugnati lesiva dell’interesse posto dai ricorrenti a fondamento della domanda, con salvezza degli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione riterrà di adottare sulla base delle indicazioni provenienti dalla presente sentenza.

Non può, invece, allo stato essere accolta la domanda di risarcimento, formulata dai ricorrenti, per mancanza del requisito dell’ingiustizia del danno, costituente profilo che potrà essere compiutamente valutato solo all’esito del riesercizio del potere da parte dell’autorità amministrativa.

Il Comune di Roma, in relazione alla sua prevalente soccombenza, deve essere condannato al pagamento delle spese del presente giudizio il cui importo, liquidato come da dispositivo, va attribuito ex art. 93 c.p.c. ai difensori del ricorrente;
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) accoglie la domanda caducatoria e, per l’effetto, annulla la gravata determinazione dirigenziale di demolizione facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione;

2) rigetta la domanda di risarcimento del danno;

3) condanna il Comune di Roma a pagare, in favore del ricorrente, le spese del presente giudizio il cui importo si liquida in complessivi euro millecinquecento/00, per diritti ed onorari, oltre IVA e CPA come per legge, con attribuzione ex art. 93 c.p.c. della somma in esame agli avv.ti Flavio Maria Polito e Laura Sabbatini, difensori del ricorrente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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