T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-01-2011, n. 799 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I Sigg.ri N. e M., odierni ricorrenti, proprietari dell’immobile sito in Ariccia in Via omissis, hanno realizzato su di esso, in assenza di titolo edilizio, la tamponatura di un portico, avente la superficie di 25 mq, conseguendo in tal modo un ampliamento.

In relazione a detta tamponatura, allora ancora allo stato grezzo, nonché ad un manufatto in legno di 9 mq posizionato nel giardino, il Sig. N. ha presentato in data 10.12.2004 domanda di condono edilizio, allegandovi le ricevute dell’avvenuto versamento della prima rata degli oneri concessori e dell’oblazione, nonché della maggiorazione regionale dell’oblazione.

Successivamente, nel corso del 2005, lo stesso ha eseguito il versamento delle ulteriori rate degli oneri concessori e dell’oblazione, giusta ricevute in atti.

A seguito del sopralluogo effettuato dalla Polizia municipale di Ariccia in data 16.1.2006, con ordinanza 1.2.2006, n. 15/06, notificata il 2.2.2006, è stata ingiunta la demolizione dell’ampliamento del fabbricato di 25 mq, ottenuto mediante tamponatura del preesistente portico, ivi rinvenuto.

Avverso il richiamato provvedimento è stato proposto il presente gravame, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di doglianza:

1) eccesso di potere per manifesta illogicità e contraddittorietà del provvedimento amministrativo: il locale abusivo contestato avrebbe costituito oggetto di una domanda di condono, di cui il Comune intimato era perfettamente a conoscenza, rispetto al quale si sarebbero eseguiti unicamente lavori di ordinaria manutenzione, regolarmente comunicati con denuncia del settembre 2005; l’illogicità e la contraddittorietà si manifesterebbero anche laddove nell’ordinanza si comunica la possibilità di presentare domanda di accertamento di conformità per un abuso già oggetto di istanza di condono, con grave pregiudizio per i destinatari, che, in assenza di esecuzione dell’ordine di demolizione, si vedrebbero attuata l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, disposizione in concreto applicata;

2) violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10 e 31 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380: l’opera contestata non integrerebbe un intervento di nuova costruzione, in quanto, per caratteristiche essenziali e per modalità di realizzazione, deriva dalla tamponatura di un portico già esistente ed avrebbe carattere accessorio rispetto al complesso edilizio principale, con funzione servente;

3) eccesso di potere per difetto di motivazione e per violazione e falsa applicazione di norme di legge e, segnatamente, dell’art. 44 della L. 28.2.1985, n. 47, e dell’art. 36 del d.P.R. 6.6.2001, n. 380: l’ordinanza gravata sarebbe ispirata unicamente alla logica del controllo del territorio ed alla repressione degli abusi e non già alla finalità di recupero degli abusi realizzati, secondo quanto previsto dalle invocate disposizioni; l’ordine di demolizione, ove adeguatamente motivato, si sarebbe dovuto emanare congiuntamente al diniego di sanatoria, atteso che per l’abuso de quo era stata presentata relativa domanda in data 10.12.2004 ed il procedimento sanzionatorio si sarebbe dovuto sospendere;

4) violazione dell’art. 7 della L. 7.8.1990, n. 241 e s.m.i. – violazione del principio del giusto procedimento: l’evidenziata mancata comunicazione di avvio del procedimento avrebbe impedito ai ricorrenti di parteciparvi e di rilevare, perciò, l’avvenuta presentazione della domanda di condono edilizio e la circostanza che l’ordinanza demolitoria non si sarebbe potuta adottare sino all’eventuale diniego rispetto a detta istanza;

5) violazione dell’art. 32 del D.L. 30.9.2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla L. 24.11.2003, n. 326: tale disposizione prevede espressamente l’applicabilità delle disposizioni dei Capi IV e V della L. n. 47/1985, per le opere ultimate entro il 31.3.2003, con conseguente sospensione dei procedimenti sanzionatori sino alla scadenza dei termini ivi previsti.

Il Comune di Ariccia si è costituito in giudizio, sostenendo la non coincidenza dell’opera contestata con quella oggetto della rilevata domanda di condono edilizio.

Con ordinanza collegiale 27.2.2007, n. 289, è stata disposta un’istruttoria tesa a chiarire la sussistenza o meno di detta corrispondenza.

A seguito del deposito di documentazione, da parte del Comune resistente, in esecuzione della menzionata ordinanza, nonché di documentazione, ad opera dei ricorrenti, con ordinanza 24.4.2007, n. 1926, è stata accolta in parte qua la domanda cautelare, proposta in via incidentale.

L’Ente civico ha revocato il mandato nei confronti dell’Avv. Loria, senza tuttavia mai conferire nuovo mandato ad altro avvocato.

Nella pubblica udienza del 10.1.2011 il ricorso è stato introitato per la decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame si censura il provvedimento indicato in epigrafe, con cui, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, si ingiunge la demolizione dell’ampliamento di un fabbricato avente la superficie di circa 25 mq e l’altezza media di 2,70, adibito a soggiorno, ottenuto mediante tamponatura di un portico preesistente.

1.1 – Il ricorso è fondato e va accolto, per quanto di seguito evidenziato.

2 – Dalla documentazione versata in atti si deduce inequivocabilmente la perfetta coincidenza tra l’oggetto della domanda di condono edilizio, al quale si accenna pure nell’ordinanza gravata, e quello di tale provvedimento.

Infatti, si legge nella perizia giurata concernente detta istanza che al piano terra di un fabbricato esistente, ubicato in Ariccia Via Caio Scatinio n. 1/a, è stato realizzato un ampliamento, per una superficie di 24,60 mq, conseguito mediante chiusura di un porticato, e nel provvedimento impugnato che nel corso del sopralluogo eseguito in data 16.1.2006 è stato individuato un ampliamento, per una superficie di circa 25 mq, ottenuto attraverso la tamponatura del portico preesistente. Anche dal raffronto delle fotografie, raffiguranti i due oggetti, si evince tale corrispondenza, rilevandosi soltanto che, al momento della presentazione dell’istanza di condono, l’opera era allo stato grezzo, mentre successivamente era stata rifinita, con lavori di ordinaria manutenzione, regolarmente comunicati al Comune, integranti attività libera, ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 380/2001.

2.1 – Correttamente è stata, pertanto, dedotta la violazione dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 326/2003: detta disposizione, al comma 25, stabilisce l’applicabilità, per le opere ultimate entro il 31.3.2003, dei Capi IV e V della L. 28.2.1985, n. 47.

2.2 – Orbene, stante detta previsione, a fronte dell’avvenuta tempestiva presentazione della domanda di condono edilizio, corredata delle ricevute relative al versamento, ormai, di quanto interamente dovuto, a titolo di oneri concessori e di oblazione (con onere naturalmente, per l’Amministrazione, di verificarne l’esattezza), non si sarebbe potuta adottare l’ordinanza demolitoria impugnata in questa sede.

Il Comune resistente avrebbe dovuto, infatti, dapprima concludere l’iter procedimentale attivato da tale istanza e, solo ove avesse ritenuto insussistenti le condizioni per accordare la sanatoria, emanare il relativo diniego e comminare la sanzione.

3 – Con l’emissione del provvedimento qui censurato, l’Ente comunale è incorso, altresì, nell’eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, menzionandovi l’avvenuta presentazione della domanda di condono, che, per una qualche ragione, non condivisa dal Collegio in quanto priva di fondamento, probabilmente riteneva non corrispondesse a quella contestata, e comunicando che gli interessati avrebbero potuto proporre istanza, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

4 – Se avesse in precedenza comunicato l’avvio del procedimento conclusosi con l’ordinanza impugnata, ai sensi dell’art. 7 della L. n. 241/1990 e s.m.i., di cui correttamente nel presente giudizio si lamenta la violazione, gli interessati, odierni ricorrenti, avrebbero potuto parteciparvi ed evidenziare detta coincidenza, impedendo in tal modo che si pervenisse al provvedimento finale illegittimo.

5 – Deve concludersi che il gravame è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato, potendosi assorbire i motivi di censura che non hanno costituito precipuo oggetto della presente disamina.

6 – Per quanto concerne le spese, i diritti e gli onorari, essi seguono la soccombenza e si pongono, perciò, a carico del Comune di Ariccia e vanno quantificati come in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Condanna il Comune di Ariccia alle spese di giudizio, forfetariamente quantificate in Euro 1.000,00 (mille/00), oltre I.V.A. e C.P.A..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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