Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-01-2011) 04-02-2011, n. 4408

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e Claudio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catanzaro ha ribadito la responsabilità di P.M. per il delitto di maltrattamenti commesso in danno della convivente M.E. e dei figli di quest’ultima, nonchè del figlio M. avuto da un precedente matrimonio. Ha dichiarati estinti per prescrizione i delitti di ingiuria e minaccia contestatigli.

2. Ricorre il difensore nell’interesse del condannato e deduce che la pronuncia, in violazione di legge e senza adeguata motivazione, non ha individuato l’elemento soggettivo del reato in capo all’imputato, ha errato nel valutare la credibilità della persona offesa, non ha considerato che il clima familiare era caratterizzato dalla reprocicità delle offese, peraltro confermate dai testi escussi.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Con i motivi di ricorso, il P. sotto la veste della violazione di legge e del difetto di motivazione tende ad introdurre una rivisitazione della vicenda, contraria alla ricostruzione operata dalla pronunzia dei giudici distrettuali ed a sè favorevole.

3. Innanzitutto e nell’ordine logico delle decisione, è manifestamente infondato il motivo relativo alla inattendibilità della M., viziato da genericità. Il ricorrente si è infatti limitato ad enunciare i principi affermati da questa corte in tema di valutazione della credibilità soggettiva ed oggettiva del parte offesa, senza tener conto dialetticamente, della pronuncia dei giudici distrettuale, che hanno rimarcato, con iter motivazionale adeguato, come la donna non solo aveva reso dichiarazioni precise, lineari e costanti, ma anche come avesse trovato riscontro nelle dichiarazioni dei testi escussi a dibattimento.

4. Parimente per quanto riguarda gli altri motivi, centrati sulla valutazione del materiale probatorio e la configurabilità della abitualità della condotta tenuta, la decisione del giudice distrettuale, contrariamente a quanto sostenuto con il ricorso, si è largamente diffusa nella ricostruzione della vicenda che ha interessato l’imputato, mettendo in evidenza i tratti salienti della sua condotta vessatoria nei confronti dei familiari e rispondendo a tutte le censure avanzate dall’appellante.

5. Ha affermato che gli episodi di violenza non fossero affatto nè sporadici nè reciproci e che l’imputato aveva instaurato un vero e proprio clima di penosa sottomissione della donna e dei figli con essa conviventi, al punto che il nucleo familiare si era rifugiato sovente presso una vicina per sottrarsi alle violenza.

6. Detta motivazione, logica ed esaustiva, centrata sulla valorizzazione non solo delle dichiarazioni delle parti offese, ma anche delle testimonianze di persone estranee al nucleo familiare, è stato contestata dal P. mediante il richiamo delle dichiarazioni dei testi, riportate per esteso nella impugnazione, proponendo una diversa quanto inammissibile rilettura di merito.

Peraltro, egli non ha spiegato quale illogicità manifesta mostrasse il ragionamento del giudice adottato per spiegare la sistematica prevaricazione subita dalla donna e dai minori, desunta non solo dalla analisi dei ricorrenti episodi, ma anche dalla logica considerazione che i bambini avevano riportato dei disagi di origine psicologica, non altrimenti spiegabili se non con il clima di paura in cui vivevano.

7. Posto dunque che l’imputato – ricorrente si appunta su apprezzamenti di fatto, è da ribadire che nel giudizio di legittimità il controllo delle ragioni del decidere è intrinseco alla stessa motivazione e ne consegue che una volta che il giudice, come nel caso di specie, abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si prestavano a una diversa lettura o interpretazione, munite di eguale crisma di logicità. 8. In conclusione è da pronunciare la inammissibilità del ricorso ed in conseguenza il ricorrente è da condannare al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *