Cass. civ. Sez. V, Sent., 09-03-2011, n. 5565 Imposta reddito persone fisiche Imposta locale sui redditi – ILOR

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La controversia ha per oggetto l’impugnazione, da parte di V. L.W. e V.V.M., con separati ricorsi riuniti in primo grado, degli avvisi di accertamento notificati loro dall’Ufficio imposte dirette di Milano in qualità di eredi di V.V. e relativo al reddito dell’impresa Vivi Metalli accertato in capo al de cuius, ai fini IRPEF e ILOR, per l’anno 1994.

I contribuenti sostenevano di non essere eredi del padre per aver rinunciato all’eredità con dichiarazione ricevuta dal notaio Olivares di Milano il 12 aprile 2006.

La C.T.P. di Milano accoglieva il ricorso.

Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate che rilevava come i fratelli V. avessero compiuto atti e tenuto comportamenti incompatibili con la volontà di rinunciare all’eredità e anzi integrativi dell’accettazione tacita della stessa. In particolare non avevano restituito alla massa ereditaria somme prelevate dal conto corrente del padre, avevano continuato a custodire i libri contabili esibendoli alla Guardia di Finanza, avevano continuato a gestire la contabilità presentando la dichiarazione I.V.A. per l’anno 1995, erano rimasti in possesso di beni del de cuius o a lui attribuibili, nonostante la intestazione formale alla sua convivente, come immobili e imbarcazioni.

La C.T.R. ha respinto l’appello rilevando che secondo le deduzioni dell’amministrazione finanziaria la famiglia V. aveva un vero e proprio accordo interno per gestire congiuntamente il commercio di metalli e dividere gli utili percepiti in gran parte in nero fra i tre gruppi familiari. La C.T.R. ha dedotto da ciò che le somme riscosse negli anni 1994 e 1995 non erano di pertinenza del padre ma utili, anche in nero, spettanti ai figli in relazione al suddetto accordo. La C.T.R. ha poi rilevato che la documentazione contabile è stata rinvenuta dalla Guardia di Finanza in parte presso la sede della Vi.Vi. Metalli e in parte presso la sede W.M. Rottami s.r.l. e in parte presso lo studio di un ragioniere mentre non vi era la prova della presentazione della dichiarazione per l’anno 1995 da parte dei fratelli V.. Nè vi era la prova che i pagamenti dal conto corrente della Vi.Vi Metalli per la manutenzione dell’imbarcazione fossero destinati a favorire la sua utilizzazione da parte di V.V.M.. Infine la C.T.R. per tutte le ragioni sin qui esposte ha escluso che i fratelli V. fossero nella detenzione di beni ereditari e che si siano sottratti alla redazione dell’inventario.

Ricorrono per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate affidandosi a un unico articolato motivo con il quale si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p. c., e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 e art. 111 Cost.

(omissione di pronuncia e di motivazione) in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4; degli artt. 459, 476, 485, 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omessa o insufficiente motivazione su punti di fatto, anche come omesso esame di documenti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Si difende con controricorso i contribuenti.
Motivi della decisione

Preliminarmente va dichiarata l’inammissibilità del ricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze in quanto, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle entrate, divenuta operativa dal 1 gennaio 2001, si è verificata una successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, per effetto della quale deve ritenersi che la legittimazione "ad causam" e "ad processum" nei procedimenti introdotti successivamente alla predetta data spetti esclusivamente all’Agenzia (ex multis, Cass. civ. SS.UU. n. 3118 del 14 febbraio 2006).

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è fondato per le seguenti ragioni.

La motivazione della C.T.R. è viziata dalla insufficienza dell’esame delle evidenze probatorie e delle deduzioni dell’amministrazione finanziarie e dalla incongruità logica delle deduzioni che i giudici di appello hanno ricavato dall’esame di tali evidenze e deduzioni. In primo luogo dalla presunzione dell’esistenza di una società occulta fra il V.V. e i figli la C.T.R. deduce arbitrariamente una presunzione causale di prelievo dal conto corrente del padre degli utili della società occulta spettanti ai figli. Tali prelievi che dimostrano in realtà la sola appartenenza in comune di tale conto non sembrano essere cessati dopo la morte del padre con ciò dimostrando semmai la confusione del patrimonio dei figli con quello ereditario. La C.T.R. non attribuisce alcun rilievo alla circostanza per cui la sede della Vi.Vi Metalli e quella della società W.M. Rottami (di cui V.V.M. era amministratore) fossero almeno in parte comuni con confusione anche della contabilità, rinvenuta, come si è detto, in parte presso la società W.M. Rottami. Non si comprende per iniziativa di chi se non dei figli fu presentata la dichiarazione I.V.A. nel 1995 ma la C.T.R. impone sul punto un onere probatorio a carico dell’amministrazione finanziaria che appare contra legem. I versamenti dal conto della Vi. Vi. Metalli destinati al pagamento del canone di locazione di un posto barca per l’imbarcazione in possesso del V.V.M. non sono ritenuti sufficienti dalla C.T.R. a provare la destinazione di beni appartenenti al de cuius in favore del figlio. Nessuna considerazione viene spesa nella motivazione della sentenza impugnata riguardo al possesso da parte dei fratelli V. e delle loro famiglie di immobili intestati alla convivente del padre ma presumibilmente frutto dei proventi dell’attività di impresa.

Nel complesso deve ritenersi che l’esame della dedotta accettazione tacita dell’eredità da parte della C.T.R. sia stato superficiale e logicamente incongruo cosicchè la sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della C.T.R. Lombardia che riesaminerà le emergenze istruttorie al fine di verificare se vi sia stata una continuità nel possesso, da parte dei figli, di beni appartenenti al V.V. prima e dopo la sua morte, e se possa ritenersi che i fratelli V. abbiano compiuto atti e posto in essere comportamenti dai quali possa desumersi l’accettazione tacita dell’eredità paterna.

Il ricorso va pertanto accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia che deciderà anche in merito alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’Economia, e delle Finanze, accoglie il ricorso, dell’Agenzia delle Entrate, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della C.T.R. della Lombardia che deciderà anche sulle spese processuali del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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