Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 17-01-2011) 04-02-2011, n. 4437 Sequestro conservativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1 .-. Il Tribunale di Pescara, adito ex art. 324 c.p.p., con l’ordinanza indicata in epigrafe ha annullato il sequestro conservativo disposto in data 7-7-2010 dal GIP di Pescara, nell’ambito del procedimento n. 3472/07 RG GIP, nei confronti di C.G. in relazione ai beni mobili ed immobili del predetto fino alla concorrenza di Euro 5.000.000,00 in favore delle parti civili costituite, Regione Abruzzo, ASL Lanciano-Vasto-Chieti, ASL Teramo e ASL Pescara.

Il Tribunale ha ritenuto che il periculum in mora, presupposto del sequestro conservativo, ricorreva solo qualora il rischio di perdita delle garanzie del credito fosse apprezzabile in relazione a concreti e specifici elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura dei beni oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore da porsi in relazione con la composizione del patrimonio, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo, concludendo che non era, pertanto, sufficiente, ai fini della configurabilità del periculum, l’inadeguatezza del patrimonio o delle fonti reddituali del debitore rispetto all’ammontare del credito fatto valere, essendo necessaria anche la sussistenza di concrete circostanze di fatto riferibili alla condotta processuale o extraprocessuale dell’imputato, dalle quali fosse possibile desumere, secondo l’id quod plerumque accidit, l’eventualità di un possibile depauperamento del suo patrimonio o la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento del credito.

Ad avviso del Tribunale, con riferimento alla posizione del C. nessuna di queste concrete circostanze era riscontrabile in base agli atti processuali in quanto: – non risultava che il patrimonio del C. fosse composto esclusivamente o prevalentemente da beni di elevata volatilità, quali denaro o valori mobiliari, tali da farne presumere un’oggettiva probabilità di depauperamento;

– non risultava che il C. avesse posto in essere o stesse per porre in essere, sui propri beni, condotte distrattive;

– le parti civili istanti si erano limitate a sottolineare l’insufficienza dell’ammontare del patrimonio dell’imputato rispetto alla entità complessiva del danno asseritamene loro cagionato;

– dalla documentazione prodotta dalla difesa dell’imputato era emerso unicamente che l’indagato aveva provveduto a donazione in favore del figlio di due porzioni di fabbricato, adibite a civile abitazione, in adempimento degli obblighi su di lui gravanti nei confronti del figlio a seguito di separazione personale tra coniugi.

2 .-. Avverso la suindicata ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite i rispettivi difensori, le parti civili costituite, Regione Abruzzo, ASL Lanciano-Vasto-Chieti, ASL Teramo e ASL Pescara, chiedendone l’annullamento.

3 .-. La Regione Abruzzo deduce:

– Nullità dell’ordinanza impugnata per mancanza della motivazione con riferimento alla sussistenza del fumus boni iuris quale presupposto del sequestro conservativo ex art. 316 c.p.p., comma 2.

La totale omissione della motivazione sul fumus si sarebbe tradotta nella mancata motivazione in ordine a plurimi elementi, tra cui l’atteggiamento processuale ed extraprocessuale, soprattutto in relazione alla natura degli addebiti, dai quali nel caso di specie sarebbe stato possibile desumere, secondo l’id quod plerumque accidit, l’eventualità di un possibile depauperamento del patrimonio del debitore o la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento del credito, e cioè il periculum in mora.

– Nullità dell’ordinanza impugnata ex art. 325 c.p.p. per erronea applicazione e violazione dell’art. 316 c.p.p., comma 2, con riferimento alla sussistenza del periculum in mora. L’interpretazione dell’art. 316 c.p.p. fornita dal Tribunale sarebbe certamente applicabile al concetto di "dispersione delle garanzie", ma non alla ipotesi di mancanza delle garanzie, in riferimento alla quale il legislatore avrebbe attribuito rilevanza ex se alla inadeguatezza del patrimonio. A parte il fatto che, in riferimento alla posizione dell’imputato C., il Tribunale di Pescara avrebbe fatto rilievi del tutto generici, limitandosi ad osservare che i beni dell’imputato non erano di elevata volatilità, che il medesimo non aveva posto in essere condotte distrattive e che non era nota la composizione del suo patrimonio, senza mettere in alcun modo in luce il comportamento processuale ed extraprocessuale del prevenuto, anche con riferimento alla natura dei fatti addebitatigli denotanti quanto meno destrezza lucrativa (riciclaggio ex art. 648 bis c.p., effettuato mediante occultamento ed ostacolo alla identificazione dei denari di provenienza delittuosa truffati da A. in concorso con altri alla Regione Abruzzo). Inoltre non si sarebbe tenuto conto in alcun modo del fatto che il C. non aveva mai offerto una cauzione a garanzia dell’inadempimento della propria obbligazione, come sarebbe stato nelle sue facoltà ai sensi dell’art. 319 c.p.p..

– Nullità dell’ordinanza impugnata ex art. 325 c.p.p. per violazione dell’art. 316 c.p.p., comma 2, e dell’art. 185 c.p.. Erroneamente il Tribunale avrebbe utilizzato il richiamo all’art. 185 c.p. per sovrapporre il regime di applicazione delle tutele a garanzia del credito in ambito processual-civilistico a quello disegnato nell’ambito processual-penalistico. In proposito basterebbe ricordare che l’art. 316 c.p.p. è applicato non solo e non tanto nei confronti del condannato, ma soprattutto nei confronti dell’imputato, figura processuale nei cui confronti non si è ancora consolidata la qualifica di debitore.

4 .-. La ASL Lanciano-Vasto-Chieti, la ASL Teramo e la ASL Pescara denunciano:

– La erronea impostazione del Tribunale di Pescara nell’affermare sostanzialmente la coincidenza del sequestro conservativo penale con l’analogo istituto civilistico, con la conseguente svalorizzazione dell’oggetto dell’imputazione, che nel caso di specie denotava chiaramente la valenza criminosa e pericolosa del C..

– Erronea interpretazione da parte del Tribunale dell’art. 316 c.p.p. con conseguente riduzione ad unità della valutazione del periculum in mora, assorbendo nella nozione di dispersione anche quella di mancanza delle garanzie.

5 .-. Tanto premesso, i ricorsi sono fondati.

Il Tribunale di Pescara ha affermato che il periculum in mora, presupposto del sequestro conservativo, ricorre solo qualora il rischio di perdita delle garanzie del credito sia apprezzabile in relazione a concreti e specifici elementi riguardanti, da un lato, l’entità del credito e la natura dei beni oggetto del sequestro e, dall’altro, la situazione di possibile depauperamento del patrimonio del debitore da porsi in relazione con la composizione del patrimonio, con la capacità reddituale e con l’atteggiamento in concreto assunto dal debitore medesimo, concludendo che non è pertanto sufficiente, ai fini della configurabilità del periculum, l’inadeguatezza del patrimonio o delle fonti reddituali del debitore rispetto all’ammontare del credito fatto valere, essendo necessaria anche la sussistenza di concrete circostanze di fatto riferibili alla condotta processuale o extraprocessuale dell’imputato, dalle quali sia possibile desumere, secondo l’id quod plerumque accidit, l’eventualità di un possibile depauperamento del suo patrimonio o la sua intenzione di sottrarsi all’adempimento del credito.

In definitiva, secondo il Tribunale di Pescara il pericolo richiesto per l’applicazione della misura cautelare in esame consiste, necessariamente ed esclusivamente, nel pericolo di una diminuzione del patrimonio dell’imputato a questi addebitabile. Si tratta però di opzione ermeneutica che trascura il dato normativo e la funzione della misura e che non è perciò condivisibile.

L’art. 316 c.p.p., nel declinare al comma 2 i presupposti per l’applicazione del sequestro (conservativo) su richiesta del creditore privato, espressamente si riferisce a situazioni in cui "manchino" ovvero (in alternativa) "si disperdano" le garanzie a quello riservate, così ripetendo la formula già adottata dell’art. 189 c.p., comma 3, oggetto di consolidata e condivisa interpretazione (vedi per tutte la sentenza 30326 del 2004, Dal Cin).

Stando alla definizione normativa, il periculum consiste dunque, tradizionalmente, nell’obiettivo e non apparente ("vi è fondata ragione") timore di una insufficienza – iniziale ovvero sopravvenuta – del patrimonio dell’imputato (o del responsabile civile) rispetto alle obbligazioni nascenti dal reato, alle quali si riconosce perciò e tramite il sequestro conservativo titolo a una soddisfazione in via privilegiata (ex art. 316 c.p.p., comma 4). Due sono dunque i modi attraverso cui può manifestarsi il pericolo: a) la mancanza (anche relativa, assorbendo tale nozione quelle di inadeguatezza o insufficienza) dell’oggetto della garanzia patrimoniale; b) il rischio di sua dispersione. In entrambi i casi l’accertamento deve vertere su un confronto tra l’entità del patrimonio del debitore o del responsabile civile – iniziale ovvero a seguito della sua possibile erosione – e l’insieme delle ragioni creditorie gravanti sul medesimo.

Coerentemente alle finalità della misura l’insorgenza dell’esigenza cautelare può di conseguenza (come avverte autorevole dottrina) essere ravvisata: a) in relazione all’inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’ammontare dei crediti da reato e alla conseguente necessità di costituire un privilegio a favore dei creditori privati; a1) in relazione, in alternativa, all’insufficienza di quel medesimo patrimonio nei riguardi di una più vasta massa di creditori e alla necessità perciò di costituire un privilegio a favore dei crediti da reato; ovvero b) quando sorga un rischio di diminuzione-dispersione delle garanzie patrimoniali, capace di determinare, in riferimento ai medesimi parametri indicati sub a) e sub a1), l’esigenza di un vincolo reale idoneo ad assicurarne la conservazione. Queste conclusioni sono del resto confermate da recenti approdi della giurisprudenza civile di legittimità in materia di sequestro conservativo, avendo questa Corte puntualizzato che la motivazione del provvedimento di convalida del sequestro conservativo può far riferimento a precisi, concreti fattori tanto oggettivi che soggettivi, poichè il requisito del "periculum in mora" può essere desunto sia da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi, idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio Sez. 3, Sentenza n. 2081 del 13/02/2002, Rv. 552250, Pellegrino ed altri (Francescon) contro SAI SpA (Perilli). Ben avrebbero potuto, pertanto, i Giudici del merito valutare e porre a base della misura l’obiettiva inadeguatezza del patrimonio dell’imputato-debitore a fronte della pretesa risarcitoria delle parti civili, sottolineando altresì l’imponenza della entità dei crediti e, dunque, l’obiettiva insufficienza di quello stesso patrimonio a soddisfarli.

Con ciò, per altro, come correttamente sottolineato dalle parti civili ricorrenti, il Tribunale del Riesame avrebbe avuto modo di prendere in considerazione anche lo scarso "affidamento" che offriva l’imputato, attesa la natura distrattiva e fraudolenta degli illeciti dei quali era chiamato a rispondere e la destrezza lucrativa a lui attribuita.

Ne deriva l’errore in cui è incorso il Tribunale di Pescara nel ridurre sostanzialmente ad unità la valutazione del periculum in mora, assorbendo nella nozione di dispersione anche quella della mancanza delle garanzie.

6 .-. In conclusione, deve ribadirsi che, ai fini dell’adozione del sequestro conservativo, il periculum in mora può essere integrato anche dalla condizione di inadeguatezza del patrimonio dell’imputato rispetto all’entità delle pretese creditorie, indipendentemente da un depauperamento allo stesso ascrivibile (v. da ultimo: Sez. 6, Sentenza n. 26486 del 06/05/2010, Rv. 247999, Barbieri; Sez. 5, Sentenza n. 43246 del 26/09/2008, Rv. 241933, Ronco).

Ne deriva l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Pescara per una nuova deliberazione, al fine di una più corretta valutazione dei presupposti correlati alla misura cautelare reale e in applicazione dei principi sopra enunciati.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Pescara per nuovo esame.

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