Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-01-2011) 04-02-2011, n. 4432 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 11-8-2010 il GIP del Tribunale di Roma, in accoglimento dell’istanza avanzata dalla difesa di B.L., ha disposto la sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere in atto nei confronti del predetto indagato per i reati di associazione per delinquere e corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio con quella degli arresti domiciliari. Tale provvedimento è stato motivato in considerazione dell’incensuratezza dell’indagato, del tempo trascorso in carcere (quasi sei mesi) e della intervenuta chiusura delle indagini preliminari, con emissione del decreto di giudizio immediato.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Roma, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M., ha sostituito la misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere. In motivazione, esso ha rilevato che dagli atti non sono emersi elementi nuovi tali da giustificare la revoca o la modifica della misura cautelare in atto, in quanto, in particolare:

a) lo stato di incensuratezza dell’indagato costituisce elemento già valutato in sede di riesame;

b) l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelare non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura, in mancanza di altri elementi sintomatici da valutare positivamente;

c) la chiusura delle indagini e remissione del decreto di giudizio immediato sono ininfluenti rispetto al già affermato giudizio di recidiva.

Il B., per mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione, dolendosi della mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 274 e 275 c.p.p.. Deduce che il Tribunale ha omesso di motivare in ordine alla permanenza e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare, alla luce degli elementi sopravvenuti illustrati dal GIP. Sostiene, in particolare, che non si è tenuto conto dell’attenuazione delle esigenze cautelari connessa al tempo trascorso dalla commissione del reato, che non si è considerato che l’instaurazione del giudizio immediato ha comportato il venir meno del pericolo di inquinamento della prova e che non sono state congruamente analizzate le deduzioni svolte dalla difesa.
Motivi della decisione

Le censure mosse dal ricorrente appaiono fondate.

Deve premettersi che, secondo il costante orientamento di questa Corte, una volta formatosi il giudicato cautelare, solo la sopravvenienza di fatti nuovi può giustificare la rivalutazione di quelli già apprezzati e rendere possibile la revoca o la modifica della misura applicata (Cass. Sez. 1, 15-4-2010 n. 19521; Sez. 19-1- 2007 n. 15906).

In applicazione di tale principio, il giudice dell’appello ha legittimamente ritenuto irrilevante, ai fini del dedotto mutamento del quadro cautelare, lo stato di incensuratezza dell’indagato, trattandosi di elemento già valutato in sede di riesame.

L’impugnata decisione appare immune da censure anche nella parte in cui ha ritenuto ininfluente, rispetto al già affermato pericolo di recidiva, la sopravvenuta chiusura delle indagini preliminari e remissione del decreto di giudizio immediato. Le deduzioni svolte al riguardo dal ricorrente non colgono nel segno, facendo riferimento all’attenuazione delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. a), che non vengono in considerazione nel caso di specie, nel quale, per quanto si evince dal provvedimento impugnato, a base dell’ordinanza genetica è stato posto il pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose.

A diverse conclusioni deve pervenirsi con riguardo all’ulteriore valutazione espressa dal Tribunale circa l’irrilevanza del tempo trascorso dall’inizio dell’esecuzione della misura cautelare. E’ vero che, secondo un principio consolidato in giurisprudenza, in tema di misure cautelari personali, l’attenuazione o l’esclusione delle esigenze cautelari non può essere desunta dal solo decorso del tempo di esecuzione della misura, dovendosi valutare ulteriori elementi di sicura valenza sintomatica in ordine al mutamento della situazione apprezzata all’inizio del trattamento cautelare (Cass. Sez. 5, 2-2- 2010 n. 16425; Sez. 26-9-2007 n. 39785; sez. 4, 17-10-2006 n. 39831).

Deve però osservarsi che, nel caso di specie, il giudice dell’appello si è limitato a richiamare apoditticamente tale principio di diritto, senza valutarne le concrete implicazioni nella vicenda in esame, in rapporto ad altri elementi, emergenti dagli atti, potenzialmente sintomatici di un’attenuazione del quadro cautelare a suo tempo apprezzato (quali l’intervenuta sospensione del B. dal servizio, di cui si da atto nell’ordinanza impugnata e alla quale ha fatto riferimento il difensore nel corso della discussione orale, nonchè il rilevante lasso di tempo trascorso dalla commissione dei reati contestati, rappresentato dalla difesa).

Si tratta di circostanze che avrebbero quanto meno dovuto essere prese in considerazione al fine di verificare se da esse fosse possibile attingere, tenuto anche conto del decorso del tempo di esecuzione della misura, indici sintomatici di un’attenuazione della prognosi di pericolosità espressa in occasione dell’imposizione della massima misura custodiate.

Per le ragioni esposte, s’impone l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per nuovo esame, ai fini della eliminazione delle evidenziate carenze motivazionali.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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