Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-01-2011) 04-02-2011, n. 4430 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto in data 14/7/2010 il G.I.P. del Tribunale di Firenze disponeva il sequestro preventivo delle somme depositate sui conti correnti intestati all’indagato, C.F., a G. E., C.E. e Ca.Fr., rispettivamente moglie e figli dell’indagato a far data dal dicembre 2008 ed in ragione dei pagamenti fatti all’indagato dai debitori cambiari.

Si procedeva nei confronti del C.F. per i reati di appropriazione indebita aggravata, avente ad oggetto l’equivalente in danaro di cambiali, affidategli dalla Banca di Credito Cooperativo di Firenze per curare le procedure per l’eventuale protesto, danaro versatogli dal debitore, che le aveva emesse e non versato alla banca, nonchè del reato di peculato continuato in relazione alla appropriazione di numerose cambiali, affidategli da vari istituti di credito per curare la procedura per l’eventuale protesto, ed infine del reato di sottrazione di beni mobili sottoposti a pignoramento.

Con decreto in data 15/7/2010 il P.M. disponeva nell’ambito del medesimo procedimento la perquisizione dell’abitazione dell’indagato e di ogni altro luogo nella sua disponibilità ex artt. 249 – 250 c.p.p. al fine di rinvenire e eseguire il sequestro di cose pertinenti a reato, delegando l’esecuzione anche in tempo di notte alla p.g., la quale procedeva al sequestro di numerosi atti e documenti rinvenuti sia nell’immobile di via (OMISSIS), sede dello studio notarile, nel quale lavorava l’ex segretaria R. P., sia nell’immobile in via (OMISSIS), di proprietà esclusiva di quest’ultima, ritenendo, alla stregua dei documenti rinvenuti nello studio, che anche tale immobile fosse nella disponibilità dell’indagato.

A seguito di richieste di riesame ai sensi dell’art. 324 c.p.p., dell’indagato e delle altre persone, destinatarie dei provvedimenti cautelari, con le quali, quanto al sequestro preventivo, si contestava la mancata indicazione temporale dell’oggetto del sequestro delle somme confluite sui conti correnti del C. e dei suoi familiari, e, quanto al sequestro probatorio, si censurava la illegittimità e nullità della perquisizione, operata in Via (OMISSIS), nonchè la legittimità e la nullità del sequestro operati in Via (OMISSIS), in entrambi i casi perchè i documenti e gli atti sequestrati non erano pertinenti ai reati, nè necessari al loro accertamento, il Tribunale di Firenze con l’ordinanza indicata in epigrafe limitava il sequestro preventivo alle somme confluite nei conti correnti al periodo dal dicembre 2008 al dicembre 2009 e in ragione dei pagamenti effettuati dai debitori cambiari delle cambiali menzionate ai capi A), B), C), D), per l’effetto disponendo il dissequestro e la restituzione agli aventi diritto dei depositi, di cui G.E. e C.E. avevano dimostrato la estraneità ai fatti, confermando nel resto il ricorso; rigettava la richiesta di declaratoria di nullità delle perquisizioni eseguite nello studio Caramia e nell’abitazione della R., confermando i relativi sequestri probatori.

Contro tale decisione ricorrono i destinatari di entrambi i sequestri, chiedendone l’annullamento.

In difesa di C.F., G.E., E. e Ca.Fr. il difensore denuncia con il primo motivo la violazione dell’art. 253 c.p.p. in riferimento alla omessa indicazione delle ragioni che inducevano a ritenere legittimo il sequestro indiscriminato dei conti correnti, depositi bancari e postali e ad affermarne la provenienza delittuosa, sostenendo che il mantenimento del sequestro obbediva alla logica perversa di attribuire l’onere della prova a chi subiva la misura cautelare e dispensare l’accusa dall’onere di dedurre e provare la pertinenza al reato della "res" oggetto di cautela; con il secondo motivo lamenta la nullità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 125 c.p.p., la cui motivazione appariva mancante e apparente in punto di pertinenza al reato di quanto sequestrato, censurando i giudici del riesame, i quali non si erano posti il problema di individuare la pertinenza al reato, e di esporre il percorso tecnico-giuridico seguito a tal fine.

Analogamente in difesa di R.P. il difensore eccepisce con il primo motivo la violazione dell’art. 253 c.p.p., censurando la decisione dei giudici del riesame, che avevano ritenuto legittimo il sequestro operato, affermando che gli atti e i documenti di proprietà della R. fossero cose pertinenti al reato e necessarie al suo accertamento, omettendo del tutto di motivare in ordine al vincolo di pertinenzialità dei beni sequestrati in Via (OMISSIS) rispetto alle ipotesi di reato contestate al C. F.. La motivazione offerta dal Tribunale doveva ritenersi solo apparente, siccome fondata solo su presunti rapporti fiduciari tra l’indagato e la R. e non sulla reale consistenza degli atti sequestrati.

Denunzia con il secondo motivo la violazione della legge processuale e di norme di rango costituzionale, sostenendo che il Tribunale aveva ritenuto che l’immobile, destinato a residenza della ricorrente fosse nella disponibilità dell’indagato, e che gli atti e i documenti a lei sequestrati fossero pertinenti ai reati contestati al predetto e necessari al suo accertamento, senza indicare quali ragioni inducevano ad affermarne la pertinenza. Sul punto la difesa esponeva le numerose ragioni, del tutto ignorate dai giudici del riesame, che a suo avviso deponevano per l’assoluta estraneità ai reati dell’immobile, oggetto di perquisizione e degli atti e dei documenti in esso rinvenuti. Con il terzo motivo lamenta la violazione della legge processuale e di norme di rango costituzionale, osservando che il Tribunale, sottraendosi all’obbligo della motivazione aveva affermato che la perquisizione eseguita nella proprietà della R. in ora notturna e senza previa autorizzazione scritta, era legittima in forza della disponibilità in capo all’indagato dell’immobile medesimo e della pertinenzialità ai reati dei documenti in essa rinvenuti, senza indicarne le ragioni, dimenticando che la perquisizione è disposta dal P.M. con decreto motivato, e non con autorizzazione telefonica, che non può essere sostituito da una informale ratifica del P.M., e deve contenere l’indicazione dei motivi, per cui tramite la perquisizione potevano essere reperiti la prova e il corpo del reato.

Entrambi i ricorsi sono inammissibili.

Ed invero i ricorsi, concernenti la legittimità del sequestro preventivo, difettano di specificità.

La giurisprudenza di legittimità ha più volte chiarito che in tema di sequestro preventivo per "cose pertinenti al reato" devono intendersi non solo quelle caratterizzate da un’intrinseca, specifica e strutturale strumentalità rispetto al reato commesso e a quelli futuri, di cui si paventa la commissione, ma anche quelle che, anche senza essere in rapporto qualificato con il fatto illecito, risultino indirettamente legate al reato per cui si procede, sempre che la libera disponibilità di esse possa dar luogo al pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze di detto reato ovvero all’agevolazione nella commissione di altri (ex multis Cass. Sez. 5 16/3 – 15/4/05 n. 14068 Rv. 231686).

Nella fattispecie concreta il giudice del riesame ha fatto corretta applicazione del suindicato principio, laddove non ha dubitato dell’attinenza ai reati dei conti correnti intestati all’indagato e ai suoi familiari, nei quali era presumibile fossero confluite le somme indebitamente trattenute dall’indagato, e pienamente condivisibile e insindacabile in questa sede appare la decisione di limitare il provvedimento impositivo, non solo al periodo dal Dicembre 2008 al Dicembre 2009, epoche, rispettivamente di inizio e cessazione della condotta criminosa, ma anche a quelle somme versate in ragione dei pagamenti effettuati dai debitori cambiari, espressamente menzionati nei vari capi di imputazione, escludendo quelle somme, riferibili alle buste paghe percepite dal coniuge dell’indagato e ai buoni postali infruttiferi della figlia, di cui la difesa aveva documentato l’imputazione.

Dal canto loro i ricorrenti si limitano a contestare la motivazione dell’ordinanza impugnata, ricorribile per cassazione solo per violazione di legge ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1, ma non dicono, nè dimostrano quali altre somme o quali altri depositi, non provento di reato o estranei alla condotta criminosa contestata, andavano esclusi nello stesso ambito temporale dal provvedimento coercitivo.

Non impugnabili sono invece il decreto di perquisizione emesso dal P.M. e il conseguente sequestro probatorio, eseguito dalla polizia giudiziaria.

Ed invero è stato più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte, qui ampiamente condivisa, che secondo l’espressa previsione dell’art. 257 c.p.p., impugnabile al Tribunale del riesame non è l’esecuzione del sequestro probatorio, ma il decreto di sequestro, che lo dispone. Pertanto qualora – come nel caso in esame – il P.M., delegando la polizia giudiziaria all’esecuzione di una perquisizione, disponga il sequestro delle cose pertinenti al reato rinvenute, senza individuare con certezza l’oggetto specifico del sequestro medesimo, limitandosi ad una generica indicazione di pertinenza di quanto (eventualmente) rinvenuto rispetto al reato ipotizzato, e non provveda poi alla convalida, contro tale sequestro è inammissibile la richiesta di riesame, che l’ordinamento riserva al sequestro disposto dall’autorità giudiziaria, potendosi solo esperire il rimedio del ricorso al G.I.P. contro l’eventuale diniego di restituzione da parte del P.M. ai sensi dell’art. 263 c.p.p., commi 4 e 5 (Cass. Sez. 3, 2/10 – 4/11/97 n. 3130 Rv. 208868; 4/7 – 1/10/96 n. 2934 Rv. 206407).

Allo stesso modo in forza del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, stabilito dall’art. 568 c.p.p., l’istituto del riesame non è applicabile al decreto di perquisizione, poichè manca l’espressa previsione di tale rimedio con riferimento al provvedimento de quo, salvo il caso – qui non ricorrente, secondo quanto in precedenza si è affermato – che i decreti di perquisizione e sequestro siano inseriti in un unico contesto e il riesame coinvolga anche la perquisizione nei limiti tuttavia di un’indagine strumentale all’accertamento della legittimità del sequestro medesimo (Sez. Un. 20/11/96 – 29/1/97 n. 23 Rv. 206656).

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 500,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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