T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 28-01-2011, n. 264 Costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

In data 4.6.2009 il sig. P.P. presentava al Comune di Carugate denuncia di inizio attività (DIA), n. 73/2009, per la realizzazione di una serie di interventi, fra cui l’ampliamento della zona del vano scala.

A seguito di segnalazione effettuata da una vicina, sig.ra M.R.P., i tecnici del Comune effettuavano un sopralluogo in data 21.5.2010, nel corso del quale erano riscontrate talune difformità fra le opere eseguite ed il titolo abilitativo.

L’Amministrazione avviava di conseguenza il provvedimento per l’annullamento in autotutela del titolo suddetto e con ordinanza n. 30 del 27.9.2010 disponeva l’annullamento della DIA n. 73/2009 ed ingiungeva contestualmente la demolizione delle opere ritenute abusive, vale a dire l’ampliamento in sopraelevazione del vano scala esistente a distanza non regolamentare dalle pareti finestrate dell’edificio prospiciente lato sud, oltre al cambio di destinazione d’uso del vano scala in locale abitabile.

Contro la menzionata ordinanza di demolizione e gli atti pregressi, era proposto il presente ricorso, affidato a due motivi, con domanda di sospensiva e di risarcimento del danno.

Si costituivano in giudizio il Comune intimato e la sig.ra M.R.P., concludendo per la reiezione del gravame.

In data 21.1.2011, depositavano memoria di costituzione anche i signori C., A. ed A.P., peraltro non ritualmente evocati in giudizio, qualificatisi come comproprietari di beni confinanti con quello del ricorrente. Anche costoro insistevano per il rigetto del ricorso.

All’udienza in camera di consiglio del 27.1.2011, il Presidente dava avviso della possibilità di una sentenza in forma semplificata e la causa passava in decisione.

Nel primo mezzo, l’esponente denuncia la presunta violazione degli articoli 3, 19 e 21 nonies della legge 241/1990, oltre che l’eccesso di potere, sostenendo in pratica l’insussistenza dei presupposti di legge per l’esercizio dell’autotutela amministrativa nei confronti del titolo formatosi a seguito della presentazione della propria DIA.

La censura è infondata.

Premesso che l’ordinanza gravata contesta anche difformità delle opere eseguite rispetto a quelle autorizzate – sicché in tale ipotesi non si può neppure correttamente paralare di autotutela, trattandosi semmai di doveroso accertamento di abusi edilizi – nel caso di specie paiono configurasi le condizioni per l’annullamento d’ufficio da parte del Comune.

Risulta infatti, per tabulas (cfr. doc. 3 del ricorrente e doc. 8 dell’Amministrazione), che la tavola di progetto n. 1 del 26.5.2009 allegata alla DIA non segnalava la presenza di pareti finestrate sull’edificio prospiciente sul lato sud a distanza inferiore a 10 metri, e ciò in violazione dell’art. 20 del regolamento edilizio, che detta i requisiti della documentazione tecnica da allegare all’istanza di titoli abilitativi e che al comma 5° lettera "e" impone di segnalare la presenza di "costruzioni limitrofe, con relativi distacchi ed altezze" (cfr. doc. 12 del Comune).

La documentazione tecnica allegata alla DIA era pertanto incompleta, se non addirittura inveritiera, il che impedisce di ritenere che in capo al ricorrente si fosse creato un affidamento sulla legittimità della propria condotta.

A ciò si aggiunga che l’intervento repressivo dell’Amministrazione non è certo avvenuto dopo un lungo lasso temporale: lo stesso ricorrente ha iniziato i lavori di cui alla DIA 73/2009 il 25.3.2010 (cfr. doc. 9 del Comune) ed il sopralluogo dei tecnici comunali è avvenuto il successivo 21.5.2010 (meno di due mesi dopo, cfr. doc. 4 del Comune), mentre il successivo 17.6.2010 è stato dato avviso di avvio del procedimento (cfr. doc. 7 del Comune).

La giurisprudenza, anche di questa Sezione, è concorde nell’affermare che il decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione della DIA non priva il Comune del potere di accertamento e repressione dell’attività edilizia abusiva (cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. II, 17.6.2009, n. 4066; 11.11.2008, n. 5303 e 22.1.2010, n. 135 oltre a TAR Marche, 8.11.2010, n. 3373).

Nel caso di specie, inoltre, l’attività di annullamento d’ufficio, oltre ad essere stata sufficientemente tempestiva, come già indicato, appare anche rispettosa del pubblico interesse, da ritenersi prevalente su quello del privato costruttore, in quanto il rispetto della disciplina sulle distanze fra pareti finestrate – ex art. 9 del DM 1444/1968 – appare necessario non solo per fini prettamente edilizi ma anche per la tutela della salubrità e della salute pubblica, garantite dall’osservanza di una distanza minima fra gli edifici.

Con il secondo motivo sono censurate le determinazioni comunali circa l’abusività degli interventi realizzati, che a detta dell’esponente sarebbero invece conformi alla normativa edilizia.

Dagli atti di causa risulta però chiaramente, in primo luogo, che il vano scala è stato adibito a locale abitabile (camera da letto), senza alcun titolo, visto che il provvedimento di condono edilizio del 26.11.2007 aveva consentito soltanto la chiusura del vano scala con serramenti in alluminio e vetro ma non la sua trasformazione a luogo di abitazione (cfr. doc. 11 del Comune ed in particolare l’allegato planimetrico al condono, che indica soltanto un vano scala chiuso).

Inoltre, ed anche tale circostanza non è smentita in fatto, la sopraelevazione del vano scala finirebbe per realizzare una nuova costruzione a meno di 10 metri dalla parete finestrata dell’edificio prospiciente sul lato sud, in aperta violazione dell’art. 9 del DM 1444/1968, secondo l’interpretazione datane dalla totalità della giurisprudenza amministrativa, che ritiene assolutamente inderogabile il rispetto della citata distanza di 10 metri anche nel caso di ampliamenti e sopraelevazioni di edifici o addirittura nel caso di recupero di sottotetti esistenti (sul punto, si veda TAR Lombardia, Milano, sez. II, 10.12.2010, n. 7511, con la giurisprudenza ivi richiamata).

Ciò premesso, tenuto conto che l’ordinanza, nella parte dispositiva, ingiunge la demolizione dell’ampliamento in sopraelevazione del vano scala, ampliamento da ritenersi illegittimo per le ragioni suesposte, deve rigettarsi anche il secondo mezzo di gravame.

La reiezione del ricorso implica anche il rigetto della domanda di risarcimento dei danni.

Quanto alla posizione dei signori A., C. e A.P., i quali hanno depositato una memoria di costituzione non notificata, senza essere stati peraltro destinatari del ricorso introduttivo, preme al Collegio segnalare che gli stessi avrebbe dovuto proporre un rituale atto di intervento, notificato alle parti in giudizio ai sensi dell’art. 50 del codice del processo amministrativo.

Sussistono, nondimeno, giusti motivi per compensare interamente fra le parti le spese di causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Rigetta la domanda di risarcimento del danno.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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