Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-01-2011) 04-02-2011, n. 4401 Ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

B.H., cittadino (OMISSIS), ricorre personalmente per cassazione contro la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata confermata la decisione del Tribunale in sede, che lo aveva dichiarato colpevole del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nelle due ipotesi di cui al primo e secondo comma in danno del coniuge e della figlia minore, e condannato alla pena di giustizia oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile, cui liquidava una provvisionale di Euro 5.000,00.

A sostegno della richiesta di annullamento dell’impugnata decisione il ricorrente articola vari motivi.

Con il primo motivo denuncia la violazione dell’art. 165 c.p. e art. 597 c.p.p., in riferimento alla mancata risposta ad uno specifico motivo di gravame, concernente il capo della sentenza, nel quale il beneficio della sospensione della pena era subordinato all’adempimento degli obblighi civili entro venti giorni dalla irrevocabilità della sentenza.

Con il secondo motivo eccepisce la violazione della legge penale e processuale in riferimento all’art. 570 c.p. e art. 521 c.p.p., sostenendo che, mentre il capo di accusa limitava la contestazione della condotta criminosa al solo periodo 10/3/2002 – 5/5/2004, i giudici del merito nel motivare l’apposizione della condizione al beneficio della sospensione della pena sul rilievo che l’imputato intendeva proseguire nella sua condotta omissiva con gravi conseguenze per la figlia minore, avevano ampliato l’accertamento dei fatti, estendendolo ad epoca successiva al 5/5/2004, in tal modo violando il principio di correlazione tra accusa e sentenza.

Con il terzo motivo lamenta la mancata risposta al motivo di gravame concernente gli effetti civili della condanna, censurando i giudici del merito, che nel liquidare la provvisionale alla parte civile, non avevano tenuto conto della richiesta dell’imputato di contenere l’importo del danno, considerando che nel paese di origine l’imputato era già stato condannato al pagamento di somme di danaro a titolo di mantenimento della figlia minore, al fine di evitare una locupletazione delle somme e una duplicazione dei crediti per il medesimo titolo.

Con il quarto motivo deduce l’erronea applicazione della norma incriminatrice in riferimento sia all’elemento oggettivo dell’abbandono del domicilio, che nel caso in esame era giustificato dalla sopravvenuta intollerabilità del regime di convivenza, conseguente alle incompatibili scelta di vita dei due coniugi e ad un possibile adulterio commesso dal coniuge, quanto meno sotto il profilo putativo o di un plausibile errore, sia all’omessa prestazione dei mezzi di sussistenza, allo stato di bisogno degli aventi diritto e alla capacità economica dell’obbligato, che nella fattispecie non risultavano provati e in ogni caso non valutati alla stregua dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in materia.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

I primi due motivi sono manifestamente infondati, avendo i giudici del gravame adeguatamente giustificato la condizione apposta al beneficio della sospensione condizionale, richiamando il comportamento processuale dell’imputato che, nonostante la promessa nel corso del dibattimento di primo grado di volere adempiere ai suoi obblighi, aveva poi proseguito nella sua condotta omissiva con grave pregiudizio nei confronti della figlia minore, senza per questo violare il principio di correlazione tra accusa e sentenza o sconfinare nell’ultrapetizione, come prospettato dalla difesa. Sul terzo motivo ha già risposto la corte territoriale, quando correttamente ha evidenziato la irrilevanza, oltre che l’assoluta mancanza di prova dell’esistenza di una condanna nello Stato di provenienza al pagamento di una somma di danaro a titolo di mantenimento della figlia minore.

Infine il quarto motivo ripropone sostanzialmente le medesime censure, poste a fondamento dei motivi di appello, senza prospettare elementi di giudizio nuovi o apprezzabili, e senza confrontarsi con le valutazioni in proposito espresse dal giudice del gravame, mirando solo a contestare la sussistenza degli elementi costitutivi del reato (stato di bisogno e capacità economica), e la corretta affermazione di principio, secondo cui lo stato di bisogno non viene meno se il beneficiario riesca a superare la sua indigenza con l’aiuto di altri e la capacità contributiva dell’obbligato deve comunque ritenersi sussistente sin quando quest’ultimo non dimostri rigorosamente di essere impossibilitato a svolgere qualsiasi attività lavorativa, prova, questa che nel caso in esame si è ritenuto non essere stata raggiunta.

Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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