Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 09-03-2011, n. 5551 Appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso in data 21 dicembre 2004, C.R.M. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Paola, giudice del lavoro, pronunciata in data 14 luglio 2004, con la quale, in accoglimento dell’opposizione della Casa di Cura Spinelli S.r.l., era stato revocato il decreto ingiuntivo di pagamento della somma di L. 130.680.000, emesso dallo stesso Tribunale a titolo di retribuzione non corrisposta dal 17 maggio 2000 al 2 giugno 2000 nonchè di assegno alimentare previsto dall’art. 11 del CCNL per il personale medico dipendente da strutture sanitarie private a decorrere dal 3 giugno 2000.

Con l’atto di gravame, l’appellante deduceva che: a) erroneamente il Tribunale aveva revocato il decreto ingiuntivo per ritenuta insussistenza delle condizioni giuridiche per la sua emissione, in quanto, invece, avrebbe dovuto, in via principale e fondamentale, valutare il merito della controversia ovvero la fondatezza del decreto attraverso le prove offerte nel procedimento di cognizione;

b) che la dichiarata carenza istruttoria avrebbe dovuto indurre il Tribunale a provvedere d’ufficio agli atti istruttori necessari, giacchè, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, nel processo del lavoro non può farsi meccanica applicazione della regola formale di giudizio fondata sull’onere della prova, stante la caratteristica dello speciale rito del necessario contemperamento del principio dispositivo con le esigenze di ricerca della verità materiale; c) che erroneamente il Tribunale non aveva proceduto alla valutazione delle prove documentali offerte, significative per l’inquadramento della natura giuridica del rapporto e l’accertamento della volontà delle parti; e) che dalla prova testimomale assunta, unitamente alla documentazione offerta, era emersa la riconducibilità della prestazione lavorativa del Dr. C. nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato, del quale erano rinvenibili gli elementi tipici.

Chiedeva, quindi, in riforma della sentenza appellata, il rigetto dell’opposizione proposta dalla Casa di Cura Spinelli s.r.l. e la conferma del decreto ingiuntivo.

Costituitasi, la Casa di Cura Spinelli S.r.l. invocava il rigetto dell’appello, siccome infondato.

Con sentenza del 16 febbraio-5 aprile 2006, l’adita Corte di Appello di Catanzaro confermava la impugnata decisione, osservando che, a fronte di una scrittura privata che qualificava il rapporto del medico come rapporto libero professionale, doveva ritenersi che il medico non avesse provato la natura subordinata del rapporto posto alla base del decreto ingiuntivo e delle sue richieste.

D’altra parte – sempre secondo la Corte territoriale, non potevano essere esercitati i poteri istruttori d’ufficio, poichè il lavoratore si era costituito tardivamente e, dopo che era decaduto e si era sentito un unico teste, nulla aveva eccepito nè aveva addotto elementi rilevanti sulla base dei quali si sarebbe potuto ammettere una prova per testi.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il C. con un duplice motivo.

Resiste con controricorso la società.
Motivi della decisione

Va anzitutto disattesa l’eccezione, sollevata dalla Casa di Cura, di improcedibilità del ricorso per mancata istanza di trasmissione del fascicolo d’ufficio, risultando dagli atti che non vi è stata tale omissione.

Con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 421 c.p.c., comma 2, lamenta che il Giudice di merito, in considerazione della lacunosa istruttoria testimoniale per intervenuta decadenza, non abbia esercitato i suoi poteri istruttori volti ad accertare la reale natura – subordinata od autonoma – del dedotto rapporto lavorativo.

Il motivo, che riproduce quanto già dedotto in sede di appello, è infondato.

Sul punto, infatti, la pronunzia impugnata ha correttamente affermato che, nel caso di specie, l’esercizio dei poteri d’ufficio previsti dalla norma processuale in esame "trova ostacolo nei rilievi di seguito indicati: a) la decadenza in cui è incorso C. nel giudizio di primo grado per tardiva costituzione non è superabile con l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, giacchè lo stesso Tribunale ha ritenuto l’istruttoria completa e "la causa matura per la decisione", senza che tale valutazione abbia formato oggetto di contestazione da parte del C., il quale, anzi, sulla scorta del materiale probatorio raccolto ha chiesto la pronuncia sulla domanda; b) l’integrazione probatoria trova preclusione nella constatazione che il materiale raccolto era univocamente valutabile nel senso della esclusione della natura subordinata della prestazione, per cui nessuna incertezza era rinvenibile sotto tale aspetto; c) la prova articolata nel ricorso in appello si rivela ininfluente, o, comunque, non decisiva, giacchè le circostanze addotte non si prestano alla verifica della sussistenza degli elementi necessari per la riconducubilità della prestazione ad un rapporto di lavoro subordinato".

Così motivando la propria determinazione, l’impugnata sentenza si pone in linea con il consolidato orientamento di questa Corte, laddove ha precisato che nel rito del lavoro, ai sensi di quanto disposto dagli artt. 421 e 437 cod. proc. civ., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un potere – dovere, sicchè il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova, avendo l’obbligo – in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 cod. proc. civ., ed al disposto di cui all’art. 111 Cost., comma 1, sul "giusto processo regolato dalla legge" – di esplicitare le ragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritenga, invece, di non farvi ricorso (ex plurimis, Cass. n. 11353/2004).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta poi la violazione dell’art. 1362 c.c., per avere la Corte territoriale attribuito decisiva rilevanza, ai fini della qualificazione del rapporto intercorso tra le parti in causa, alla comunicazione del 17 maggio 2000 diretta all’Azienda Sanitaria n. (OMISSIS) di Paola, relativa all’organigramma del personale medico della società, nella quale il Dott. C. – indicato quale Direttore Sanitario e Responsabile di Raggruppamento di medicina – era riportato come titolare di un rapporto libero professionale", a differenza di altri, qualificati come dipendenti a tempo pieno o a tempo determinato".

Tale censura, per come formulata, è inammissibile sotto un duplice profilo: innanzitutto perchè non viene esplicitata la ragione per cui sarebbe stato violato il criterio ermeneutico sancito dalla norma codicistica; in secondo luogo, perchè, non essendo stato riportato il contenuto del documento datato 17 maggio 2000, risulta violato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione (ex plurimis, Cass. 13 gennaio 1997 n. 265; v. anche Cass. 12 settembre 2000 n. 12025; Cass. 11 gennaio 2002 n. 317).

Per quanto precede il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 28,00 oltre Euro 2.500,00 per onorari ed oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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