T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 28-01-2011, n. 260 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La ricorrente, proprietaria di una villetta a schiera facente parte di un complesso condominiale in via Monviso n. 6/2, premesso di avere realizzato la ristrutturazione dell’immobile, con ampliamento del piano interrato, in base a denuncia di inizio attività (d.i.a.) in data 22.3.2004, ha impugnato col ricorso in esame, unitamente ad ogni atto preordinato e connesso (compreso l’atto di classificazione delle opere redatto dal Servizio Edilizia Privata il 16.3.2005), l’ordinanza 1 aprile 2005 n. 8, recante l’ingiunzione di demolire opere edilizie realizzate senza titolo.

2. Questi, in sintesi, i motivi di ricorso:

– poiché l’immobile è stato realizzato in base a valido titolo e la ristrutturazione è avvenuta in base a d.i.a., il Comune avrebbe dovuto verificare se le opere fossero o meno conformi ai titoli edilizi rilasciati in precedenza, qualificando semmai le opere abusive in termini di parziale difformità, e applicando di conseguenza l’art. 34 del d.p.r. 380/2001 (testo unico in materia edilizia, TUE), e non l’art. 31 richiamato nell’ordinanza; nessuna delle varianti apportate rispetto al progetto avrebbero carattere essenziale, trattandosi di diversa distribuzione interna degli spazi senza modifiche di sagoma e senza consistente aumento volumetrico (primo motivo);

– l’intervento abusivo non sarebbe classificabile come "nuova costruzione", non comportando ampliamenti all’esterno della sagoma esistente (secondo motivo);

– contrariamente a quanto affermato nell’ordinanza – che richiama dapprima l’art. 31, per effettuare poi, contraddittoriamente, una valutazione (peraltro immotivata) ex art. 34 TUE – la demolizione delle opere abusive reca pregiudizio alla parte legittima dell’edificio, eliminando collegamenti essenziali (scala) ed elementi strutturali (solette), e coinvolgendo tutti gli impianti tecnologici esistenti, il che renderebbe applicabile una sanzione pecuniaria, e non demolitoria (terzo motivo);

– il Comune non avrebbe verificato se alcune delle opere (controsoffittatura della cucina, diversa distribuzione dei tavolati, opere di sistemazione esterna) fossero eseguibili senza titolo abilitativo, quali opere di manutenzione ordinaria riconducibili al novero della c.d. attività edilizia libera (quarto motivo, numerato in ricorso sub 5);

– le trasformazioni d’uso al piano interrato e sottotetto sarebbero conformi al progetto; l’incremento volumetrico del soggiorno (punto 3 dell’ordinanza) sarebbe poi contestabile in quanto derivante dalla chiusura – mediante sostituzione di una parete grigliata con un muro perimetrale – di una veranda chiusa su tre lati e già computata volumetricamente nel progetto iniziale (quinto motivo, numerato in ricorso sub 6).

3. Il Comune non si è costituito in giudizio. Questa Sezione ha accolto la domanda cautelare solo in parte, ritenendo l’ingiunzione meritevole di sospensiva relativamente alle sole opere esterne (ord.za 28.6.2005 n. 1594). Il giudice d’appello l’ha invece accolta in toto sulla considerazione che "emergono aspetti tecnici che sembrano rendere non praticabile la sanzione demolitoria delle opere abusive interne, volta al ripristino dello stato preesistente interno legittimamente realizzato, sulla base delle deduzioni dell’appellante" in ordine alle quali "l’Amministrazione nulla ha controdedotto" (Cons. Stato IV, ord.za 13.12.05 n. 6021).

4. Il Collegio osserva quanto segue. La ricorrente non contesta la realizzazione delle opere elencate nell’ingiunzione impugnata. Come rilevato in sede cautelare (ord.za n. 1594/05 cit.) la maggior parte di dette opere – al piano terra, incremento volumetrico dell’edificio con ampliamento del soggiorno di 5 mq; al piano interrato, trasformazione del vano cantina in locale taverna, realizzazione di un ripostiglio chiuso mediante ampliamento della bocca di lupo fino al confine, ampliamento del locale lavanderia, riduzione del box con realizzazione di un bagno e di un ulteriore locale adibito a studio; al piano primo, diversa distribuzione interna dei tavolati, incremento volumetrico con chiusura di terrazzino; trasformazione del sottotetto in camerastudio con permanenza di persone, realizzazione di un bagno – non trovano alcun riscontro nella d.i.a. del 22 marzo 2004, la quale prevedeva unicamente la realizzazione (a) della pavimentazione esterna (d.i.a. in sanatoria) e (b) di un locale interrato ad uso cantina.

5. Né la ricorrente produce altri titoli edilizi – diversi dalla d.i.a. 22.3.04 – idonei ad accreditare, ad un confronto tra assentito e realizzato, la tesi secondo cui gli abusi in questione configurerebbero mere "difformità parziali" ricadenti nella disciplina di cui all’art. 34 TUE.

6. Peraltro, ad una valutazione più approfondita rispetto alla sede cautelare, il Collegio ritiene che le opere descritte, considerate nel loro complesso, configurino non già un intervento di "nuova costruzione", ma di ristrutturazione edilizia, sicché, trattandosi di intervento abusivo, per il quale il ricorrente non ha chiesto l’accertamento di conformità ex art. 36 TUE, la disciplina sanzionatoria applicabile va rintracciata nell’art. 33 (e non nell’art. 31) del testo unico.

7. Il fatto che taluni abusi siano stati realizzati con ampliamento della costruzione originaria non esclude la ricorrenza di una "ristrutturazione". Il concetto di ristrutturazione edilizia postula infatti la conservazione di sagoma e volumi dell’edificio originario solo nella fattispecie della demolizione e ricostruzione prevista dall’art. 3, comma 1, lett. d), TUE; mentre la ristrutturazione con ampliamento (senza previa demolizione) è espressamente prevista dall’art. 10, primo comma, lett. c), che subordina a permesso di costruire "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso".

8. A questa fattispecie sembra riferirsi la stessa ordinanza impugnata, la quale, sebbene richiami ("visto") l’art. 31 TUE, riguardante gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali (interventi soggetti unicamente a sanzione demolitoria, e, in caso di inottemperanza, ad acquisizione gratuita al patrimonio comunale), afferma più oltre che sarebbe "tecnicamente possibile la demolizione e rimozione delle opere abusivamente realizzate senza pregiudizio alcuno alla staticità ed agli elementi strutturali e tipologici dell’edificio": enunciazione che si giustifica nel quadro dell’alternativa tra sanzione demolitoria e sanzione pecuniaria prevista dall’art. 33, mentre non avrebbe ragion d’essere nella prospettiva dell’art. 31, che assoggetta gli interventi senza titolo o in totale difformità dal titolo o con variazioni essenziali alla sola sanzione demolitoria.

9. A questo punto va rilevato che la possibilità tecnica di una demolizione delle opere abusive senza pregiudizio per le parti legittime del fabbricato costituisce effettivamente – come dedotto dalla ricorrente – un’affermazione apodittica priva di motivazione adeguata, tanto più alla luce della perizia tecnica prodotta nel giudizio cautelare d’appello; dalla quale emergono non solo la natura, la consistenza, le modalità di realizzazione degli ampliamenti realizzati, ma anche – come osservato dal giudice di secondo grado (ord.za n. 6021/05 cit.) – le ragioni tecnicocostruttive che renderebbero la demolizione non solo problematica, ma rischiosa per l’integrità strutturale sia del fabbricato in questione sia, trattandosi di villetta a schiera inserita tra costruzioni attigue, di quelli confinanti.

10. Per quanto riguarda infine le opere esterne, il Collegio ritiene di confermare l’ordinanza cautelare, non avendo il Comune effettuato alcun confronto con la d.i.a. presentata in sanatoria per la pavimentazione esterna, né valutato se il regime giuridico delle recinzioni consenta la sanzione demolitoria.

11. Per le considerazioni che precedono l’ordinanza impugnata è meritevole di annullamento, salvi gli ulteriori provvedimenti del Comune. La non agevole classificazione degli abusi, ontologicamente inconfutabili, costituisce ragione sufficiente per denegare il rimborso delle spese di causa.
P.Q.M.

accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla l’atto impugnato, nei sensi di cui in motivazione. Spese denegate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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