Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-01-2011) 04-02-2011, n. 4382 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale di Sassari ha respinto la richiesta di riesame avanzata da S.L. avverso l’ordinanza del Gip dello stesso Tribunale che ha imposto nei suoi confronti la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine al reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. 2. Ricorre per cassazione l’indagato lamentando che erroneamente il Tribunale ha ritenuto che non siano affetti da nullità gli atti di perquisizione e sequestro operati nei suoi confronti senza l’avvertimento in ordine alla facoltà di farsi assistere da un difensore. Altrettanto erroneamente il Tribunale ha poi affermato che l’eventuale nullità della perquisizione non inficia comunque il sequestro obbligatorio di cose costituenti il corpo del reato; mentre invece la nullità dell’atto esclude che esso possa essere utilizzato a fini probatori.

3. Il ricorso è infondato.

L’ordinanza impugnata spiega che, a seguito di diversi servizi di appostamento, l’indagato è stato colto nell’atto di innaffiare, insieme ad altre persone, alcune piante di canapa indiana in precedenza poste a dimora; ed è stato quindi tratto in arresto in flagranza. In quel contesto si provvide al sequestro delle piantine nonchè delle attrezzature per la loro coltivazione.

Nell’esaminare l’eccezione afferente alla nullità della perquisizione, il Tribunale evoca la giurisprudenza di legittimità secondo cui l’avvertimento in ordine alla facoltà di farsi assistere da difensore non è richiesto nel caso di perquisizione eseguita autonomamente dalla polizia giudiziaria nella flagranza del reato. Si considera, inoltre, che l’eventuale nullità della perquisizione non inficerebbe comunque il sequestro e le osservazioni della polizia giudiziaria sulla base dei quali si è addivenuti all’arresto.

Tali enunciazioni sono conformi a consolidati e condivisi arresti della giurisprudenza di questa Corte. Si è infatti affermato che l’avviso al soggetto sottoposto a perquisizione domiciliare della facoltà di farsi assistere o rappresentare è previsto ove la perquisizione sia effettuata dall’autorità giudiziaria, mentre tale formalità non è richiesta per le perquisizioni operate dalla polizia giudiziaria nella flagranza del reato, salva la facoltà del difensore di assistervi senza diritto di essere preventivamente avvisato (Cass. VI, 22/05/1995 Rv. 202590; nello stesso senso 4^, 19/9/2002 Rv. 222733). Ma soprattutto le Sezioni unite (Sez. Un. 27/3/1996, Rv. 204643) hanno condivisibilmente affermato che allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l’autorizzazione del magistrato e non nei "casi" e nei "modi" stabiliti dalla legge, come prescritto dall’art. 13 Cost. si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell’inviolabilità del domicilio. Ne consegue che, non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca della prova, ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all’esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 253 c.p.p., comma 1, nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti. Il principio è stato enunciato in fattispecie relativa a perquisizione domiciliare, eseguita senza l’autorizzazione della competente autorità giudiziaria nel corso della quale erano stati sequestrati circa trentuno grammi di cocaina. Le Sezioni unite, nell’enunciare il principio, hanno escluso che l’ufficiale di P.G., il quale abbia eseguito una perquisizione fuori dei casi e non nei modi consentiti dalla legge, non abbia l’obbligo, a causa dell’abuso compiuto, di sequestrare la cosa pertinente al reato rinvenuta nel corso di essa, quasi che l’arbitrarietà o l’illiceità della condotta possa privare l’autore della qualifica soggettiva da lui rivestita. Dunque, l’eventuale vizio afferente alla perquisizione non vulnera il sequestro del corpo del reato. Tale principio è stato enunciato in numerose occasioni dopo il richiamato intervento delle Sezioni unite.

Da tali enunciazioni si può inferire che correttamente il Tribunale ha ritenuto la rilevanza probatoria del sequestro delle piantine e delle attrezzature in questione il cui significato è illuminato dai ripetuti servizi di osservazione cui si è fatto già cenno.

Il ricorso deve essere conseguente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *