Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-03-2011, n. 5543 Responsabilità civile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.G. e G.D., rispettivamente proprietario e conducente di un autoveicolo Fiat Uno convenivano dinanzi al Giudice di Pace di Bari, N.D., C.G. e la Axa Assicurazioni, rispettivamente proprietaria, conducente e garante per la responsabilità civile di altra autovettura, per sentirli condannare, previa declaratoria di esclusiva responsabilità del secondo, al risarcimento dei danni che asserivano di aver subito a seguito di un incidente stradale verificatosi in quella città.

Nelle more del giudizio la suddetta Compagnia di Assicurazioni provvedeva al versamento di somme a titolo di risarcimento dei danni materiali subiti da G.G. e delle lesioni fisiche subite da G.D..

Il Giudice di Pace di Bari dichiarava, ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2, la concorrente responsabilità di N.D. e C.G. nella produzione del sinistro. Dichiarava altresì congrue le somme già corrisposta dall’Axa Assicurazioni a G. e G.D..

Questi ultimi proponevano appello.

N.D. e C.G. chiedevano il rigetto del gravame.

L’Axa Assicurazioni, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’appello per la valutazione equitativa operata dal Giudice di Pace, chiedeva, in via subordinata, il rigetto del medesimo gravame perchè infondato.

Il Tribunale di Bari rigettava l’appello e confermava la sentenza impugnata.

Proponevano ricorso per cassazione G.G. e G. D. con tre motivi.

Resisteva con controricorso la Axa Assicurazioni s.p.a..

Le parti presentavano memorie.
Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso G.G. e D. denunciano "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 112, 115 e 116 c.p.c., nonchè artt. 2054, 2697 e 2735 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3;

nonchè erroneità, mancanza, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 350 c.p.c., comma 1, n. 5".

Lamentano in particolare i ricorrenti che il Giudice d’appello ha ritenuto inattendibili entrambi i testi escussi, mentre a suo avviso è inattendibile soltanto il teste C.N..

Non sussistono invece contraddizioni, secondo i ricorrenti, nelle dichiarazioni della teste M.G. ed è incongruente ed illogica la motivazione del Tribunale sulla valutazione di tale deposizione.

I rilievi del ricorrente non possono essere condivisi. L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonchè la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono infatti apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass., 24.5.2006, n. 12362).

Il Tribunale di Bari ha rilevato che i testi, così come le parti, hanno riferito tesi contrastanti e che neppure dal rapporto degli agenti di polizia municipale è possibile riscontrare dati obiettivi da cui evincere la reale dinamica del sinistro, mentre neppure le tracce di frenata costituiscono un dato univoco che aiuti a dare maggiore attendibilità all’uno od all’altro teste.

Sostiene altresì l’impugnata sentenza che in ordine alle prove testimoniali i verbalizzanti hanno evidenziato che nessuna persona informata sui fatti si presentava loro. Pur ammettendo che eventuali testi siano stati presenti al sinistro e si siano allontanati dopo l’arrivo degli agenti, le opposte dichiarazioni rilasciate dagli stessi e le intrinseche contraddizioni contenute nelle dichiarazioni in atti non consentono di ritenere superato il principio di presunzione di pari responsabilità.

Contraddittoria appare altresì la testimonianza della teste M. che ha dichiarato di aver sentito un forte impatto mentre guardava in avanti e di essersi girata per avvicinarsi alle due macchine. E’ evidente perciò che la stessa non ha visto la dinamica del sinistro nè se il semaforo proiettava la luce verde.

Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonchè erroneità, mancanza, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5".

Lamentano in particolare i ricorrenti che il Tribunale non ha riconosciuto loro nè il fermo tecnico, nè il danno biologico.

Entrambe le censure sono infondate. Quanto alla prima si deve osservare che in tema di risarcimento danni da incidente stradale, il c.d. "danno da fermo tecnico" del veicolo incidentato non può considerarsi sussistente "in re ipsa", quale conseguenza automatica dell’incidente, ma necessita di esplicita prova che attiene tanto al profilo della inutilizzabilità del mezzo meccanico in relazione ai giorni in cui esso è stato sottratto alla disponibilità del proprietario, quanto a quello della necessità del proprietario stesso di servirsene, così che, dalla impossibilità della sua utilizzazione, ne sia derivato un danno (quale, ad esempio, quello derivante da impossibilità allo svolgimento di un’attività lavorativa, ovvero da esigenza di far ricorso a mezzi sostitutivi) (Cass., 19.11.1999, n. 12820). Tale prova in questo processo non risulta essere stata fornita da parte attrice.

Nè quest’ultima ha comunque dedotto la durata del fermo tecnico.

Quanto al danno biologico lamenta parte ricorrente che il Tribunale non ha ritenuto provati i postumi invalidanti per non essere stati allegati e dimostrati elementi di fatto che possano offrire una base di valutazione. Ed aggiunge che sono insostenibili gli addebiti mossi dal Tribunale alla difesa del ricorrente, la quale aveva invece assolto gli oneri di allegazione e prova a proprio carico.

Anche tale censura è infondata.

Infatti con il certificato medico del 27.1.2003 G.D. veniva dichiarato guarito e il medico di fiducia attestava la sussistenza di "postumi della distorsione cervicale post traumatica" senza tuttavia specificarne l’entità.

Nè poteva essere ammessa la Ctu, sia perchè antieconomica, in relazione alla lieve entità delle lesioni; sia perchè la tessa non poteva supplire alle carenze probatorie dell’attore al quale incombe l’onere di offrire gli adeguati elementi di valutazione che nella specie sono mancati.

Con il terzo motivo si denuncia "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto e segnatamente degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n 3; nonchè erroneità, mancanza, insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5".

I ricorrenti lamentano la erroneità della sentenza sostenendo che, essendo state rigettate le eccezioni di inammissibilità dell’appello, le spese andavano congruamente compensate e non poste a loro carico.

Il motivo è infondato non essendo stato proposto appello incidentale, ma solo delle eccezioni sull’ammissibilità dell’appello che, se fondate, potevano essere rilevate d’ufficio.

Si deve peraltro osservare che in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole.

Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi (Cass., 11.1.2008, n. 406) .

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 1.000,00 per onorario, oltre rimborso delle pese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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