Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 14-01-2011) 04-02-2011, n. 4374 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Tribunale ha affermato la responsabilità di P.L. A. in ordine a plurime violazioni del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. La pronunzia è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Milano che ha ridotto la pena.

2. Ricorre per cassazione l’imputato proponendo diversi motivi.

2.1 Con il primo motivo si lamenta che erroneamente è stata ritenuta la competenza territoriale del Tribunale di Pavia, luogo di residenza degli indagati, sebbene alcuni di essi risiedessero altrove.

L’imputato, d’altra parte, è stato visto, nel corso delle indagini, in diversi luoghi.

2.2 Con il secondo motivo si deduce che le intercettazioni sono inutilizzabili a causa della mancanza di motivazione dei relativi decreti autorizzatori, atteso che l’onere motivazionale non può essere adempiuto con il rinvio per relationem ad atti del procedimento, a meno che si faccia riferimento ad atti la cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del "provvedimento di destinazione" ed il decidente fornisca la dimostrazione di aver preso cognizione del contenuto del provvedimento di riferimento. La Corte d’appello ha eluso le censure assumendo che l’appellante non abbia indicato quali siano i decreti viziati, trascurando che la censura riguardava tutti gli atti autorizzatori in questione.

2.3 Con il terzo motivo si censura la motivazione in ordine alla responsabilità. La Corte d’appello si è limitata ad alcune generiche enunciazioni argomentando solo dal linguaggio criptico utilizzato ed assumendo erroneamente che nel processo vi sia stato il sequestro di sostanze stupefacenti. Si trascura pure che le supposte intese illecite non sono mai state oggettivamente riscontrate.

La motivazione è pure illogica quando esclude l’applicabilità dell’attenuante di cui al quinto comma del richiamato art. 73 e subito dopo aggiunge che le cessioni illecite riguardano non rilevanti quantitativi di sostanza stupefacente. Dunque, i giudici di merito avrebbero dovuto concedere quantomeno l’attenuante in questione.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1 Quanto alla competenza territoriale la pronunzia, contrariamente a quanto dedotto, reca ampia ed appropriata motivazione, nella quale si evidenzia correttamente che la competenza deve essere individuata alla stregua di dati di fatto oggettivi e, ove manchino informazioni affidabili sul luogo di commissione dei fatti, subentrano le regole suppletive di cui all’art. 9 cod. pen. Nel caso di specie, argomenta ancora la Corte, non vi è prova che la riscontrata presenza in diversi luoghi possa condurre a ritenere che quivi siano consumati i reati. Si tratta di apprezzamento con tutta evidenza conforme ai principi. Nè si comprende in cosa concretamente si risolva la doglianza del ricorrente, posto che egli non nega di risiedere in (OMISSIS).

3.2 Quanto ai vizi dei decreti afferenti alle intercettazioni, la Corte d’appello rileva che si tratta di censure del tutto generiche che non individuano specifici atti, ma si limitano ad evocare enunciazioni di carattere generale della giurisprudenza in materia.

Pure tale enunciazione correttamente pone in luce l’esigenza di specificità delle impugnazioni. La censura di aspecificità coinvolge anche il motivo di ricorso proposto a questa Suprema Corte:

vengono in effetti riassunte del tutto acriticamente enunciazioni tratte da qualche arresto giurisprudenziale senza chiarire in quale guisa esse impattino concretamente su specifici atti del procedimento. La genericità è tanto più rimarcata se si considera che la Corte territoriale ha ritenuto che tutti i decreti sono adeguatamente se pur succintamente motivati, talvolta per relationem.

3.3 Infine, quanto alla responsabilità, la Corte richiama il contenuto della condivisa sentenza del Tribunale ed evidenzia le plurime fonti di prova. In primo luogo, le numerose intercettazioni di conversazioni che usano un linguaggio criptico ed allusivo, disvelato dai sequestri di droga compiuti dalla polizia. Tale apprezzamento è censurato dal ricorrente in modo assai vago: in effetti la Corte d’appello non dice che la droga è stata sequestrata al P., ma solo che il sequestro ha chiarito il senso delle comunicazioni tra i personaggi coinvolti negli illeciti.

La Corte, inoltre, contrariamente a quanto dedotto, rammenta che il significativo quadro probatorio è stato corroborato da diverse, precise e convergenti dichiarazioni accusatorie che hanno evidenziato il pieno coinvolgimento dell’appellante nei reati.

Quanto all’attenuante, del tutto correttamente la Corte argomenta dall’intensità del traffico illecito, dai collegamenti con numerosi fornitori, dalla cospiqua entità e dall’ottima qualità della droga.

Nè vi è incoerenza alcuna nel diminuire l’entità della pena (pur senza concedere l’invocata attenuante) in considerazione del fatto che le pur reiterate cessioni hanno avuto ad oggetto quantitativi non rilevanti: già sul piano lessicale, infatti, si evidenzia la differenza tra ciò che è specialmente lieve e ciò che, invece, non è specialmente rilevante quantitativamente.

Il ricorso è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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